IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

“Falso movimento” un romanzo a puntate di Gianvito Pipitone (ottava puntata)

falso-movimento

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Quella notte Cedric non riuscì a chiudere occhio. Si sentiva in preda ad una forte eccitazione, un turbamento puntuto e sofisticato di cui a malapena riusciva a cogliere la natura. La sbornia aveva poi finito per buttare in vacca tutti i suoi propositi di razionalizzazione. Non appena udì cinque rintocchi dall’orologio della vicina Notre Dame stabilì di mettere fine a quello stillicidio. Aveva bisogno di aria fresca. Si ritrovò così per le solitarie vie del centro, quando decise di imbucarsi nella chiesa di Saint Michel. In una cappella laterale il sacrestano stava sistemando un leggio, proprio sotto un dipinto dell’Annunciazione, lì dove da un momento all’altro sembrava dovesse avere luogo il mattinale. Uno sparuto gruppo di vecchiette sedevano già inginocchiate sui freddi banchi di legno. Fece roteare lo sguardo e ammirò le vetrate istoriate che riportavano fra le altre alcune scene della redenzione. Decise di spingersi oltre, sulla navata laterale e prese infine posto sotto un quadro che raffigurava il martirio di San Sebastiano. Provò a rilassare le membra contratte, sintonizzò il respiro e cominciò a lasciarsi pervadere dai benefici afrori dell’incenso,  

Cedric era un habitué di chiese, basiliche, monasteri ed edifici religiosi. Non tanto perché fosse devoto o avesse una particolare attitudine o predisposizione alla parola del Signore. Non c’era niente di più lontano dalla fede della sua persona. Almeno questo è quello che lui pensava di sé stesso. E non visitava gli edifici religiosi nemmeno con lo spirito certosino del cultore dell’arte o dello studioso di architettura medievale. Quello che probabilmente andava cercando appena si spalancavano le porte di questi maestosi edifici di altri tempi era l’atmosfera unica e inimitabile che offrivano al loro interno. Adorava quegli spazi di silenzio dove l’aria sembrava avere un altro peso, più leggero, quasi etereo e dove l’anima sembrava vacillare sospesa di fronte alla propria nudità. Era in quell’atmosfera di estremo relax che gli capitava di sentirsi vivo ed in linea con le cose. E in quei momenti, nonostante il suo innato pessimismo, pareva convincersi che, in fin dei conti, l’essere umano poteva ancora giocarsi qualche chance residua di salvarsi da una sicura e galoppante estinzione.  

  

Era l’alba di mercoledì e di Eric non si avevano ancora tracce. Da quella mattina Cedric aveva deciso che avrebbe fatto a meno di Dutroux e della Nerval. Uscendo aveva consegnato un messaggio inequivocabile alla reception dell’hotel: Ho deciso di continuare la mia indagine da solo, non mi cercate! ci rivedremo a Parigi. 

Provava adesso rabbia e rancore per la sfacciataggine della Nerval che nemmeno di fronte alla sofferenza per la scomparsa del figlio aveva rinunciato ai suoi famelici appetiti sessuali. Si sentì, inspiegabilmente, tradito dal suo comportamento.   

Uscito dalla chiesa, provò a guardarsi attorno, sospettoso, nel caso qualcuno lo stesse pedinando. Una leggera nebbiolina sembrava ora scesa sulla piazza rendendo più sinistra l’illuminazione giallognola che andava tingendosi di venature sulfuree. S’incamminò verso il Palais de Ducs. Ne stava completando il perimetro, quando si incuneò verso uno stretto budello che conduceva alla famosa Chouette: di buona lena lo percorse per tutta la sua lunghezza, circa duecento metri. Poi d’improvviso, come in preda ad un raptus, fece dietrofront e prese a correre a crepapelle a ritroso verso le strette viscere da cui era appena provenuto. Nella speranza o timore di sorprendere quella maledetta spia che immaginava lo stesse pedinando. E invece, niente. Nessuno lo stava inseguendo. 

Alla fine, furioso con sé stesso, con il fiato grosso si imbucò in un bar dell’angolo, che sembrava aver già aperto i battenti. Il proprietario, un uomo tozzo, di mezza età, dalla folta capigliatura nera e con un neo pronunciato in corrispondenza del mento, sembrava armeggiare con una Cimbali nuova di zecca. Sorpreso dalla presenza di un avventore, a quello che doveva essere un orario insolito anche per lui, buttò un veloce sguardo all’indirizzo di Cedric che, in affanno, stava rifiatando per lo sforzo della corsa. 

  – Mi spiace, ancora non siamo aperti. Sto mettendo in moto le macchine del caffè: ho problemi con i filtri …  

  – Non si preoccupi, me ne sto qui per un po’ senza disturbarla. Posso leggere un po’.  

Fu la sua risposta che quasi supplicava ospitalità. 

  – Sono i giornali di ieri…  

Fece l’uomo con un’espressione interrogativa ma senza giudicarlo. 

  – Tranquillo buonuomo, leggo solo le pagine culturali: quelle non hanno tempo. 

L’uomo si strinse nelle spalle e torno a manovrare con cura gli shot della macchina spurgando il vapore dalle tramogge. 

Non appena ritornò il silenzio, Cedric tornò a chiedere. 

  – Mi saprebbe dire se ci sono delle cabine telefoniche nei paraggi? 

L’uomo sembrò riaffiorare dall’interno gli ingranaggi della sua macchina del caffè, per dirigere lo sguardo interrogativo dritto in mezzo alle orecchie di Cedric.  

   – Sa il mio cellulare è guasto, non si accende più…  

Si sentì in dovere di aggiungere.  

  – Se è per questo le posso prestare il mio se deve fare una telefonata. Replicò il barista cui non parve vero di rendersi utile a così buon prezzo quella mattina. 

Cedric parve meravigliato da tanta gentilezza. 

   – No grazie, lei è molto gentile; in realtà non mi serve adesso… mi servirà più tardi. 

  – Non c’è problema, torni più tardi e le darò il mio. E il barista fece il gesto automatico di consegnarglielo a distanza. 

Oltre le mura della città erano spuntate le prime luci dell’alba. Mancava molto ancora per l’orario convenuto all’appuntamento di villa Pirenne. Così, dopo aver ottenuto dal barista qualche informazione raffazzonata sulla scarsa presenza di cabine telefoniche pubbliche in città, il detective si rimise in marcia. E dovette stringersi nel paltò perché nel frattempo delle violente raffiche di vento parvero aver preso di mira gli angoli della città, spazzando definitivamente la coltre di nebbia. Con la testardaggine che gli era familiare, ispezionò uno ad uno i luoghi papabili dove il barista sembrava ricordare la presenza di telefoni pubblici: rue d’Orange, Place de l’Auberge, Avenue de la Libertè. Niente. Nemmeno in quest’ultima via, all’incrocio fra l’Hotel de Ville e la sede della Banca BNP vi era traccia di cabine telefoniche. E d’altronde, anche a volerne trovare, sarebbero state fuori portata dalla linea tranviaria. Ricordava benissimo: su quel punto non si sarebbe potuto sbagliare, la telefonata minatoria arrivava da una strada parecchio trafficata, dove ad intervalli regolari si sentiva lo sferragliare di un tram. Oltre che il rumore dello sfregamento della catena di un cane in cattività.  

E finalmente giunse a piazza Darcy. Fu lì che, oltre Porte Guillaume, a due passi dall’ingresso dei Jardins Darcy, splendidi in tutta la loro magnificenza, gli apparve in tutto in suo splendore una vecchia cabina telefonica, rivestita da un banner pubblicitario di una bandiera dell’Union Jack. A due passi, manco a farlo apposta, le rotaie di due linee di tram e di fianco alla cabina, ancorati al marciapiede, ritrovò le rastrelliere in ferro per il parcheggio delle bici. Tutto tornava. Ed ecco scovato il posto da dove era partita la telefonata minatoria. Certo non era molto, ma era qualcosa. Ci avrebbe pensato nel corso della sua giornata.  

Nel frattempo s’era fatta l’ora. Appena all’angolo di Boulevard de Sévigné, si decise a fermare un taxi che l’avrebbe condotto dapprima a Place de la Republique. Qui, pretese che il taxi si fermasse in terza fila e, pagata la corsa con 50 euro, senza richiedere il resto, s’imbucò furtivamente in un nuovo taxi, in mezzo ad un via vai di macchine strombazzanti che lo seppellirono sotto ad un muro di claxon. Stava cercando di seminare qualcuno, forse un fantasma, se mai lo stesse pedinando. Si sentì stupido. Ma tant’è: le precauzioni non erano mai troppe. 

La corsa era ricominciata: questa volta in direzione Montchapet. Cedric sorrise facendo l’occhiolino al tassista che incredulo lo guardava dallo specchio retrovisore. 

Pochi minuti dopo fu accolto con cordialità nella monumentale villa stile Art Nouveau della famiglia di Yvonne. Il padre, Gerard  Pirenne, uno stimato avvocato penalista di Dijon, lo aveva ricevuto con il garbo dell’uomo di mondo all’interno del suo studio privato. Subito dopo, giusto il tempo di un amabile scambio di battute, erano stati raggiunti dalla moglie e da Yvonne: una figura giunonica, longilinea, dai capelli bicolore, che dall’alto della sua statura, sembrava dominare tutto e tutti. La ragazza prese posto nella poltrona accanto al detective, senza neppure degnarlo di uno sguardo. Il padre che rimaneva in posa elegante dietro alla scrivania sembrò un po’ dispiaciuto dalla scortesia della figlia, alla quale indirizzò uno sguardo interrogativo. All’acme dell’imbarazzo, arrivò il commiato della madre, sottolineato da un leggero colpetto di tosse, con cui si allontanò dopo un inchino appena accennato.  

  – Facciamo in fretta papà! Ho compito in classe oggi: latino. E non vorrei fare tardi.  

Cedric si sentì in dovere di intervenire, schiarendosi la voce. 

  – Sì, ma sì certo, sarà una questione di poco. Solo qualche domanda e poi la lascerò libera, si figuri. E cercò comprensione negli occhi di Gerard Pirenne, ottenendola. 

Non sarebbe stato semplice vincere la diffidenza di Yvonne, questo era chiaro. E quel suo sguardo freddo e sarcastico era fatto apposta per scoraggiare ogni maledetta interrogazione. Ma Cedric provò ad entrare subito nel vivo della questione, a gamba tesa. 

   – Perché sabato notte hai lasciato da solo Eric dopo una certa ora? 

  – Veramente è stato lui a mollarmi! Rispose lei con una smorfia da adolescente, mantenendo un atteggiamento a metà fra l’infastidito e l’indifferente, senza mai distogliere lo sguardo dal padre.   

   – Perché? Spiegami, come avete passato la serata insieme… 

Cedric la sorprese a roteare platealmente gli occhi, sbuffando pesantemente. E solo dopo un’occhiata severa del padre, sembrò risolversi a parlare. 

  – Ma certo! Eric ed io abbiamo trascorso quasi tutta la serata insieme. Forse chissà ci piacevamo…Probabilmente saremmo pure andati a letto, se solo l’avessi ritrovato … Eh sì, nonostante ci conoscessimo da poco (perché, sa, lo conoscevo solo per chat, in video) mi era sempre piaciuto il suo carattere. Sembrava diverso dagli altri…  

Fu quello il modo di rispondere di Yvonne, nel tentativo di canzonear il detective e facendo finta di recitare un copione che aveva mandato a memoria. Non appena s’interruppe, cercò di fulminare con sguardo sprezzante il detective. 

Ma Cedric non cadde nella trappola e proseguì serafico. 

   – Bene, mi fa piacere. Di cosa avete parlato?  

Yvonne sembrò reprimere un moto di rabbia, come se la banalità di quelle domande le provocasse un dolore lancinante al basso ventre. 

   – Chi cazzo si ricorda di cosa abbiamo parlato?  

Alzò la voce sfidando il detective per la prima volta e guardandolo fisso negli occhi. 

Il padre allora si sentì in dovere di intervenire, redarguendo la figlia con tono paterno. 

   – Yvonne cara, sappiamo che questa situazione ti sta provocando tanto stress, ma il signor Bovin sta solo facendo il suo lavoro. Eric è scomparso e questa è una notizia terribile. Ed è nell’interesse di tutti ritrovarlo al più presto.  

La ragazza sembrò accettare le parole garbate del padre, verso il quale sembrava nutrire una venerazione incondizionata.  

   – Era fatto? Aveva fumato o assunto droghe pesanti?  Incalzò allora Cedric, dopo aver incassato l’endorsement del padre. 

   – Non mi era sembrato … So molto bene come ci si sente in quelle condizioni. Lui era lucido quella sera…

Yvonne era rientrata adesso nei giusti accenti, con la giusta punteggiatura. Per quanto continuasse ad evitare lo sguardo di Cedric. Ad incoraggiarla era stata forse la tenacia del comportamento del detective che, a fronte dell’intemperanza della giovane, non si era lasciato scomporre. 

   –   L’avevi mai visto prima d’ora? 

 –  No non lo conoscevo di persona, voglio dire non lo avevo mai incontrato personalmente. Ma conoscevo i suoi amici Jean e Brun. 

  –  E come facevi a conoscere i due ragazzi parigini? Li avevi già incontrati in altre occasioni? 

   –  Si, loro li avevo già incontrati a Parigi … in un’altra occasione questa estate, ad uno dei nostri incontri.  

Al netto del suo atteggiamento indisponente, l’impressione che Cedric ebbe di Yvonne, fin dal primo scambio di battute, fu quella di una ragazza decisa, dal piglio serioso, non incline alle smancerie e molto più matura della sua giovane età. Nonostante ciò cozzasse con l’aspetto fisico e con il suo look. Non doveva essere troppo difficile capire chi frequentasse solo ad un primo rapido colpo d’occhio. Capelli lisci bicolore, un nostril piercing che le dava l’aria di un torello furioso alla costante ricerca di un panno rosso, una pesante calzamaglia color carne coperta da una stretta gonna di lana e un ampio maglione irregolare, dai colori più disparati. La raccolta dati poteva bastare a catalogarla fra le giovani promesse alternative, con background multi culturalista, inclusivo, spiccatamente anti sistema, antifascista “anti” tutto, tipico degli ambienti sinistroidi giovanili.  

  –  Tu dici che sembrava diverso dagli altri … Puoi provare a ricordare di che avete parlato per tutta la serata? 

  –  Le solite stronzate che si dicono quando si hanno 18 anni e si fa ancora puzza di latte. 

  –  E quali sarebbero queste stronzate…Incalzò Cedric guardando Gerard Pirenne come a voler ricevere approvazione dal tono e dall’andazzo di quella conversazione. 

  – Voleva andare in Sudamerica, tutto qua. Sono i sogni che abbiamo tutti da giovani: girare il mondo, sentirsi liberi, non sottomessi a nessuna costrizione o regola… Sudamerica, Africa o Nuova Zelanda… che importanza ha il posto? 

Cedric sentì che se voleva mettere a frutto il suo poco tempo, doveva affondare più in profondità. 

  – Parlami dei vostri raduni. 

  – Non si chiamano così… si chiamano show meeting. 

  – In qualunque modo si chiamino… sai chi li organizza? 

  – È un circuito alternativo. Ci si contatta su una piattaforma online e di volta in volta ci si dà appuntamento in un posto diverso. E comunque sono sempre diversi: una volta si tratta di incontri musicali, altre volte sono incontri artistici, letterari, poetici… 

   – Interessante … e dove vengono organizzati questi show meeting?  

   – Ovunque! la scelta del posto è a carico del comitato: nel caso di incontri musicali è un impianto industriale nelle periferie industriale dismesso.  

   – Il comitato, dici… ma chi sono questi del comitato? 

La ragazza diede una veloce occhiata al padre che annuì, incoraggiandola a continuare. 

   – Immagino siano quelli di Novalia.   

   – Ossia?  

Lei ritornò a sbuffare impaziente. Mentre Cedric, temendo di perdere la buona vena della ragazza, si schermì, scusandosi per il ritmo incalzante delle domande. Ma Yvonne ormai si mostrava più cedevole. Sapeva che tanto più avesse collaborato, prima sarebbe stata libera di andare. 

  – Novalia è una piattaforma online con diversi contenuti, la trovi online su internet. 

  – Fammi capire. Disse lui cercando la sua complicità.  

  –  Capisci: s i t o i n t e r n e t? W e b a p p?  

Gridò lei, tornando a sfidarlo, certificandogli una volta per tutte che non sarebbe stata mai sua amica. 

 – Capisco grosso modo… Rispose Cedric cui non sfuggivano tutte le spigolosità caratteriali della fanciulla. 

  – E chi frequenta il sito? Nel frattempo, Cedric si era appuntato qualcosa su un taccuino. 

  –  È fra i più esclusivi think tank  in Francia… Ci tenne ad aggiungere lei, con una punta d’orgoglio. 

  – Prova a raccontarmi. 

  – Non ho altro da raccontare, devo solo correre al compito di latino. Aggiunse Yvonne, con il tono canzonatorio di una indomabile monella. E lì Cedric comprese che quella conversazione non poteva produrre ulteriori sbocchi.  

 – Un’ultima cosa … stiamo per ottenere i tabulati del cellulare di Eric, compresi i messaggi… C’è qualche altra cosa che devo sapere? 

Yvonne lo fissò freddamente per un istante più del dovuto. Poi scosse la testa, fece un cenno di saluto al padre e uscì senza guardarlo.  

Il cancello automatico si aprì con un bip intermittente, discreto, come la melodia di un dispositivo digitale. Il taxi era appena arrivato e lo attendeva dall’altra parte della strada. Prima di imbucarsi diede un’occhiata alla città che si estendeva in basso con i comignoli fumanti. Gli avevano detto che da quella posizione, nelle belle giornate estive, si poteva vedere addirittura il Monte Rosa e parte delle Alpi Cozie. Ma i nuvoloni che arrivavano da sud non promettevano nulla di buono. Cedric era frastornato e pensieroso. Non tanto per il racconto di Yvonne ma perché parte della sua giornata sarebbe dovuta trascorrere a capire con Alain cosa diavolo fosse accaduto con le telecamere del suo appartamento di Montparnasse.  

La nona puntata sarà online il prossima 10 gennaio 2023.

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