IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

“Falso movimento” un romanzo a puntate di Gianvito Pipitone (diciassettesima puntata)

falso-movimento

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Come prima cosa, quella domenica mattina Cedric volle andare a sincerarsi personalmente sulle condizioni del pied-a-terre di Alain. Il nido d’amore suo e di Annette. Percorse velocemente a piedi il tratto di strada che lo separava dalla fermata del bus e riuscì a prendere al volo il 91 Gare du Nord – Montparnasse. Godendo dello scarso traffico domenicale, in pochi minuti si trovo’ alla fermata di Val de Grace. Un leggero vento aveva cominciato a spirare da nord e, per evitare che gli si ghiacciassero, dovette subito cacciarsi le mani nelle calde tasche del paltò. Un dicembre così gelido non lo ricordava da tempo. Camminò velocemente lungo il breve tratto di strada che dalla fermata lo conduceva a rue Michelet. E come spesso gli accadeva a quella altezza, diede un’occhiata furtiva tutto intorno. La stradina era molto discreta e il fatto che non vi fossero negozi la rendeva quasi sempre piacevolmente deserta. Nonostante si trovasse a due passi dal frequentatissimo giardino di Louxembourg.

Giunto al civico, estrasse la chiave dallo zaino che torno’ ad imbracciare, subito dopo, dietro alle spalle. Aprì il portone e, gradino dopo gradino, con attenzione maniacale provo’ a bonificare con lo sguardo ogni buco, fessura o angolare proiettato sulla tromba delle scale. Salì a piedi al quarto piano, senza ravvisare alcuna irregolarità. Trovo’ l’appartamento come lo aveva lasciato una decina di giorni prima. Con le veneziane leggermente socchiuse. Un rapido giro del salone e della camera da letto lo sprofondò in una cupa malinconia. Il suo nido d’amore era in perfetto ordine, non vi erano effrazioni a porte e finestre e ogni cosa sembrava perfettamente al suo posto. In definitiva, penso’ tirando un lungo sospiro di sollievo, i video hard che quella malefica voce telefonica millantava di avere in possesso, altro non erano che una maledetta balla. Una specie di rafforzativo emotivo per un ricatto con i fiocchi.

Di inquietante rimaneva come i suoi ricattatori avessero potuto, in poche ore, avere accesso alle sue informazioni, alle sue abitudini e ai suoi dati. Dall’incontro con Dutroux in villa a Bonneuil sur Marne fino alla sera della telefonata minatoria in hotel a Dijon erano passate in tutto appena una trentina di ore. Questo confermava due cose. Intanto era ormai palese che Dutroux fosse pedinato a vista. E che quasi certamente, dal loro incontro in villa, lo fosse anche lui. Costantemente. E l’altra cosa, forse ancora più sinistra, era che questi ricattatori si avvalevano di una rete di informatori così capillare, tecnologicamente avanzata e centralizzata da riuscire a coinvolgere svariate figure: a Parigi, così come a Dijon e a Marsiglia. “Ti teniamo per le palle … Siamo noi lo Stato…”. Difficile scrostarsi di dosso quel tono così prepotente e arrogante.

Cedric non dimenticava nemmeno la telefonata in hotel ricevuta da Mme Nerval, di tenore pressoché uguale alla sua. Non poteva essere un caso. E forse quel falso adescamento al Baby Luna in cui volevano trascinare la Nerval altro non era che un modo per attirare Cedric in una sorta di fiera al buio. I ricattatori, nascosti dall’anonimato e dalla penombra del night club, avrebbero avuto tutto il tempo per studiarli e per fissare bene con chi avessero avuto a che fare. E dopotutto, trascinare la madame e lui in quel posto, oltre che esporli ad una sorta di umiliazione, non avrebbe fatto altro che aumentare la loro pressione psicologica. Cosa che era puntualmente accaduta. Senza contare che, c’era da crederlo, da perfetti debosciati quali erano, i ricattatori avrebbero trovato anche il tempo e il modo di inventarsi un divertissement gratuito, facendo leva sugli appetiti sessuali di Mme Nerval. Qualcosa di diabolico e di profondamente malato si nascondeva dietro a tutto questo, sospirò Cedric.

Da fini psicologi, infine, ai ricattatori non restava che un’ultima mossa: tirare in ballo la sua storia con Annette avrebbe se non altro frenato qualsiasi impeto o volontà di resistenza da parte di Cedric. Permettendo loro di tenerlo in pugno e ben piegato ai loro desiderata.

Ma era davvero questo il movente di questa storia? Era davvero incappato in un’operazione dei servizi segreti volta a braccare Dutroux e i suoi loschi affari ? Nelle ultime ore, complice il lungo viaggio in treno, aveva avuto modo di squinternare tutte le varie opzioni. E all’ennesima revisione, tutto gli sembrava volgere in quella direzione. Solo che non riusciva ad annodare tutti i fili. Ad esempio, la scomparsa di Eric… Perché mai il caso Dutroux in procura era scoppiato proprio nel momento della scomparsa del figlio ? C’era una correlazione fra le due cose? L’urgenza dell’arresto quel sabato mattina disposto dalla Procura, aveva in certo qual modo una connessione con la fuga del ragazzo?

Forse no. Torno’ a sospirare Cedric, sorprendendosi a borbottare fra sè come una vecchia caffettiera sul fuoco. Forse bisognava una volta per tutte piegarsi all’evidenza. La scomparsa di Eric non era altro che una fuga deliberata e pianificata dal ragazzo per mettere distanza fra sé e i membri della sua famiglia. Altro non era, cioè, che il punto di rottura con una realtà che da tempo non gli calzava più bene e che non sentiva più sua. E probabilmente, quelle sue cattive frequentazioni avrebbero affrettato le operazioni di fuga, aiutandolo a non lasciare tracce dietro di sé e proteggendolo nell’anonimato. Le stesse cattive compagnie che avrebbero potuto spingerlo a consacrarsi alla “sola” giusta causa che sembrava rimanergli: l’arruolamento nelle milizie dei Foreign Fighters. Cedric parve soddisfatto dell’ennesima sinapsi. Per lo meno, il suo viaggio a Marsiglia non sembrava poi essere stato così inutile, si consolava.

Come interpretare invece il suicidio di Dutroux? Un uomo ormai triste e amareggiato, dalla figura diafana e dal colorito sinistro. Un uomo senza più amici, abbandonato anche dal figlio, ignorato e disprezzato dalla moglie e sormontato da una miriade di debiti oltre che di accuse penali. Ecco cos’era diventato Dutroux ultimamente. Il fantasma di se stesso, incapace di prendere posizione, corroso dagli errori del passato, dai fallimenti che aveva attirato lungo la sua pur scintillante carriera. Un uomo cui nemmeno la passata fama delle proprie opere riusciva più a creargli un valido alibi per rimanere attaccato alla vita. Così dovette andare quel sabato mattina, quando alla sua porta si erano presentati gli agenti della Police Financière. In quel breve lasso di tempo in cui aveva avuto la certezza che stessero per cadere tutte insieme le sue maschere, quello dovette sembrargli il momento giusto per farla finita.

Provava pena adesso Cedric per quel povero diavolo. Un uomo complesso, dalle molteplici sfaccettature, che credendosi al di sopra delle leggi, una specie di Dio, pretendeva che tutto gli fosse dovuto. Un uomo che in sé aveva sperimentato la fusione di tre diversi talenti: l’artista, il manager e il criminale. Difficile per questo tipo di uomini così strutturati, non credersi al di sopra di tutto e di tutti. E tuttavia un uomo che da qualche tempo, poco a poco, stava sperimentando il peso immane e inarrestabile della propria caduta. Precipitando da quel piedistallo che si era prepotentemente costruito, in caduta libera, verso una sorta di pozzo nero dell’anima. Senza nessun appiglio cui aggrapparsi. Senza nessuna possibilità di salvarsi. Non dovette essere facile per l’architetto reggere la parte negli ultimi mesi, annui’ Cedric, alla fine di questo lungo treno di pensieri.

Erano appena le 10,30 del mattino, quando uscì dall’appartamento. Le grasse nuvole che la mattina si erano date appuntamento da qualche parte a nord della città, sembravano adesso tornare ad incontrarsi verso il centro. Il tetto del cielo si era notevolmente abbassato e dopo che il vento aveva cessato di soffiare, Parigi sembro’ sprofondare nuovamente in una fitta coltre di nebbia. Assorto nei pensieri, non si era nemmeno accorto di aver percorso due isolati a piedi in direzione Boulevard Montparnasse. La prossima direzione era adesso Champs Elysée. Aveva voglia di fare una capatina negli uffici di Alain Leclair. Alla successiva fermata saltò dunque sul primo bus per il 1er Arrondissement. Scese all’altezza della fermata Bèotie, a metà strada fra l’Arco di Trionfo e le Tuleries. E dove avrebbe potuto avere il suo ufficio Alain Leclair se non nel posto più costoso e centrale di Parigi? Sorrise ironicamente Cedric, che non si abituava mai alle stravaganti smancerie dell’amico. Sorriso che però gli si tranciò sulle labbra quando, appena sceso dall’autobus scorse con la coda dell’occhio proprio lui, Alain, in procinto di attraversare la strada sulle strisce pedonali. E, cosa per niente ordinaria, in quella gelida domenica di dicembre, lo stava facendo in compagnia di Mme Nerval. Dovette quasi appoggiarsi ad un palo della segnaletica, per non perdere l’equilibrio. Istintivamente, una volta che l’autobus se ne partì, si fece schermo con il braccio. E fatto repentinamente dietrofront, volse loro le spalle. I due stavano giusto per raggiungerlo dalla sua parte di marciapiede. Schermato dalla pensilina della fermata, li seguì per un breve tratto con lo sguardo, quando li vide entrare al caffè Elysee, dove era solito condurre i suoi ospiti per un caffè. Cedric rimase interdetto.

Alain Leclair non aveva certo bisogno di presentazioni a Parigi, essendo uno dei giornalisti più alla page della città. Ciononostante, questo evento, vederli insieme, ad appena un giorno dalla morte di Dutroux, lo aveva colto alla sprovvista. Che la Nerval non fidandosi più dei suoi servigi, o fidandosi fino ad un certo punto, avesse deciso di sguinzagliare dietro a Eric un altro cane segugio di razza come Alain? Ipotesi che poteva sembrare abbastanza plausibile. Peraltro, l’architetto era perfettamente al corrente dell’intima amicizia fra Cedric e Alain. C’era da credere pertanto che la stessa Nerval ne fosse a conoscenza. La cosa lo infastidì. Non sapeva ben dire per quali motivi. Avrebbe forse preferito essere consultato dalla Nerval prima che lei andasse a cercare aiuto altrove. Non si trattava solamente di un colpo alla sua autostima, cercava di convincersi Cedric. Questo significava che Mme Nerval, dal giorno in cui era stata costretta dal marito, complice Cedric, a rientrare a Parigi da Dijon, non aveva per nulla gradito quel trattamento, di stampo cxprettamente maschilista. Ammise in un momento di lucidità. E c’era da credere che non gliela avrebbe fatta passare liscia.

Rientro’ a casa prima di mezzogiorno con una speranza nel cuore. Aperto l’uscio, diresse immediatamente il suo sguardo verso la cornetta del telefono. Il flash della segreteria telefonica lampeggiava ad intermittenza. Il suo pensiero corse subito ad Annette, mentre il cuore prendeva a scartare al galoppo.

Bip- Domenica 10 dicembre 2017. Ore 10.02 Cedric, tesoro mio, non so se sei rientrato dalla tua missione … Io non saprei come spiegartelo ma … sta succedendo qualcosa di strano intorno a me … Mio marito .. cazzo, sembra impazzito… Dopo giorni di tensione fra noi, l’altra sera al culmine di una delle sue scenate di gelosia davanti a tutti, c’era anche il presidente … ha poi minacciato di licenziarmi … Anzi, sembra l’abbia già fatto. Da due giorni mi ritrovo da sola, rinchiusa in un’ala di questo maledetto castello … con la scusa che mi sono beccata un brutto raffreddore. Da allora lui non è più passato a vedermi. Per quanto ne so, oggi saremmo dovuti tornare a Parigi. Ma nessuno qua mi dice niente. Mi sento debole…sempre più debole. Sospetto che mi abbiano drogata …L’altro ieri, non riuscendo a contattarti, nella disperazione ho provato a parlare con Alain … Non volevo lasciarti messaggi in segreteria, perché non so più di chi mi posso fidare… Sto usando la scheda di un prepagato, nella speranza che non venga tracciata … Ma davvero non so più cosa pensare… Bip…

Per tutto il tempo del messaggio, Cedric si ritrovo’ a tormentarsi la barba, assecondando il movimento delle dita alle smorfie di frustrazione che quelle parole sembravano causargli. Finì per ritrovarsi a cerchiare con pollice e indice la fronte, in una specie di ponte fra una tempia e l’altra. Seguì un attimo di silenzio in cui provò a tenere a bada l’inarrestabile trotto del cuore. Poi torno’ ad ascoltare il messaggio per una seconda volta, provando a depurarlo dall’ emotività che quelle parole gli provocavano.

In quell’istante sentì il trillo del citofono. Due colpi, ben assestati, senza poesia. Dallo stile del tocco aveva imparato a conoscere ormai la persona cui appartenevano. Se erano amici, quei pochi che gli erano rimasti, il tocco era lieve e intermittente, come a segnalare: “è qui la festa”.

Trattandosi di Alain, il trillo diventava un po’ più nervoso ma pur sempre di breve durata. Suo padre, invece, aveva il tocco della perentorietà: lungo e assertivo, come era lui del resto. Corrieri e postini se la cavavano in genere con un unico trillo profondo e impersonale. Quando invece si trattava di clienti, ecco che veniva fuori il trillo cacofonico della rogna. L’ inconfondibile doppietta. Esattamente la stessa tipologia che gli sembrava di aver appena sentito.

– Siii, chi è ? … Torno’ a ripetere un paio di volte, dal momento che non ricevette risposta, né riusciva a scorgere nessuno dal videocitofono.

Poi d’un tratto una rasoiata lo attraversò di parte a parte.

– Madame Nerval … non le dispiace se entro un po’, vero?

Ribatté la voce al citofono, caricando il peso più sulla proposizione assertiva che su quella interrogativa.

La diciottesima puntata sarà online il 14 marzo.

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