IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

“Falso movimento” un romanzo a puntate di Gianvito Pipitone (diciannovesima puntata)

falso-movimento

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Si svegliò di soprassalto, madido di sudore, con la vaga sensazione di aver avuto un incubo. Alzo’ lo sguardo per controllare la sveglia. Il display digitale gli svelò l’orario: 19,53. Si era fatto tardissimo. Alain non era il tipo che amava molto le attese. Per fortuna Cedric non apparteva alla categoria delle tartarughe, ma a quella delle gazzelle. Si fiondò all’istante in bagno, si lavo’ rapidamente faccia e ascelle, sostituì la maglia della salute completamente zuppa, ne approfitto’ per cambiarsi biancheria intima e calzoni. Il tempo di indossare un maglione caldo a collo alto. Un veloce sguardo di sguincio allo specchio. Alla fine abbrancò al volo il palto’ color crema dall’ appendiabiti e, prima di chiudere dietro di sé la porta, noto’ che il display mostrava appena le 19,58. Da 0 a 100, nel tempo record di 5 minuti, sorrise soddisfatto.

Scivolò velocemente su rue de Turenne dove intercettò al volo un taxi. Traffico permettendo, in meno di 10 minuti sarebbe giunto all’appuntamento al Cafè de la Paix. In piena “zona Alain Leclair”, a due passi dall’Opera Garnier. Come spesso gli capitava in taxi, torno’ ad immergersi in verticale sulla complicata matassa di quel caso. Aveva bisogno di uno schema adesso. Semplice. Come quei diagrammi a freccette che si disegnano sulla lavagna. Il più basilare e scarno possibile, si disse fra sé. Per questo si sforzo’ di focalizzarsi attorno alle figure su cui pareva ruotare la complicata vicenda.

DUTROUX. Artista, manager, padre e criminale. L’architetto inscena la caccia al finto figlio, Eric, coinvolgendo nella finzione Jean, Bruno e indirettamente Yvonne. Il suo vero scopo è però quello di mettersi sulle tracce di Pascal, il vero figlio che non vede da sei anni. Per l’occasione, da l’incarico a Cedric, convincendolo a cercare il figlio che non c’è. Innesca quindi il più classico dei trompe l’oeil. Purtroppo ha solo il tempo di mostrare al detective la prospettiva ingannevole. Il suo piano fallisce prima di poter passare alla seconda parte. Muore suicida, dopo l’irruzione delle forze dell’ordine, che lo braccano a casa sua al termine di una lunga e complicata inchiesta della Procura per false fatture e peculato. La Nerval non esclude che da tempo il marito potesse essere pedinato a vista. Ma esclude che ci siano connessioni fra il tempismo dell’arresto e la ricerca di Pascal che Dutroux aveva intrapreso in quella settimana. L’arresto, secondo lei, era ormai da tempo nell’aria.

NERVAL. La madame mostra due facce diametralmente opposte, con due ruoli antitetici. Da moglie a rimorchio del suo ex-marito, si mostra vana, vacua, superficiale, a tratti oca e dissoluta. In questa versione non esita ad appoggiare i piani contorti del marito verso cui nutre ormai un profondo disprezzo. Non si tira indietro nel mettere il proprio corpo a disposizione di fronte alla possibilità di poter scoprire una pista valida per il ritrovamento del figlio, come nel caso del Baby Luna, rivelatosi “un fiasco”.

NERVAL BIS. La versione 2.0 della Nerval mostra una donna dritta e decisa, dal piglio quasi manageriale. Con le idee ben chiare sulle dinamiche sociali e culturali in cui è inserita. Cosciente delle proprie manchevolezze nei confronti del figlio, cresciuto senza l’amore e gli accorgimenti necessari. Perfettamente consapevole della propria condizione di anaffettivita’ e di distacco da tutto e tutti. Una donna cui, il gioco dei ruoli, ha talmente confuso e inaridito la propria personalità, da svuotarla di ogni benché minimo sentimento di affetto nei confronti del prossimo.

PASCAL. Si cela dietro un’apparente faccia da bravo ragazzo, sorridente e accogliente. Ma passa per essere uno dei più feroci narcotrafficanti in Francia, con stretti rapporti di collaborazione con l’ America Latina. Nella descrizione che ne fa Yvonne, sembra avere il piglio del boss, con un potente ascendente sui suoi scagnozzi. È grazie ad Yvonne che, rosa dal tarlo dei rimorsi, il detective riceve un paio di indizi decisivi per poterlo intercettare.Cosi, credendo di dare la caccia a Eric, Cedric si trasferisce a Marsiglia sulle tracce di Pascal. In Provenza per poco non cade vittima di un feroce attentato ai danni di un vecchio imam in rovina. Il giorno dopo, in compagnia di un vecchio amico di Alain, il giornalista e scrittore pulp Hippolite Bazan, Cedric si mette sulle sue tracce. Nel quartiere di Malpasse’, sulla piazza di spaccio, in quell’ambiente degradato, apprende che il ragazzo viene considerato il capo della zona. Fra i suoi, lo chiamano El Chapo, come il famoso signore della droga messicano. Il ragazzo sembra furbo, scaltro e viscido. Non si fida di nessuno e pare molto ben protetto da una capillare rete che non lascia filtrare niente e nessuno. Cedric riesce a rintracciarlo al telefono. Li’ capisce che è un dritto e che non si lascerà abbindolare dai facili affari.

JEAN, BRUNO, YVONNE. Non è ancora chiaro al detective se dietro all’attentato del vecchio Bousur ci sia lo zampino di El Chapo. Eppure tutto sembra andare in quella direzione. E’ Yvonne a intercettare dalle parole di Pascal il nome di Bousur e del casino’ La Goulette. Per quale motivo Pascal dovrebbe tirare in ballo Bousur e La Goulette, nel corso dell’incontro con la piccola comitiva a Dijon? se non per via del fatto che i tre stanno pianificando i dettagli di quello che si rivela essere poi un vile attentato di stampo terroristico? Quanta consapevolezza hanno i due ragazzini di quello che è poi andato in scena? In che modo risultano coinvolti Jean e Bruno, questi due goffi pivelli, insicuri, pieni di tic e di acne giovanile, in questa brutta storia?

HIPPO. Il giornalista Hippolite Bazan sostiene che Pascal si sia fatto strada nel mondo della malavita grazie all’appoggio decisivo da parte delle frange più violente del fondamentalismo islamico. Lui ha sospetto di credere che anche Pascal da qualche tempo si sia radicalizzato, creando a sua immagine e somiglianza, una delle più potenti cellule di terrorismo del sud della Francia.

AGENTI SEGRETI. Senonché, si arriva alla mattina dell’incontro di Cedric con due sedicenti agenti dei servizi segreti. I loro discorsi, i toni le parole di violenza, i loro ricatti e i metodi da consumati criminali. I loro strumenti: l’auto, il cellulare, la carta di credito. Cedric rimane perplesso a questo punto della storia. Inizialmente credeva che i due fossero sulle tracce di Dutroux, pedinandolo per evitare che potesse fuggire all’estero nel bel mezzo della delicata inchiesta della Procura. Adesso invece, il suo sesto senso gli dice che la spavalderia e la cattiveria di quegli uomini debba in qualche modo provenire da un contesto parimente violento. Per questo non esclude che i due agenti sotto copertura possano lavorare per El Chapo. E che, sotto la sua regia, i due criminali avrebbero ostacolato in tutti i modi le indagini che Dutroux aveva commissionato al detective. Se davvero fosse così, la morte di Dutroux non avrebbe distolto i criminali dal loro intento. Dal momento che Cedric non avrebbe certo gettato la spugna sul più bello.

VOCE TELEFONICA. Altro punto aperto: i ricattatori telefonici sono da collegare ai due agenti criminali? Su questo, Cedric continua a tentennare. Dal momento che gli pare di aver riconosciuto il galante corteggiatore della Nerval al Baby Luna, in uno dei due agenti; quello che si faceva chiamare Laurent. Ma c’è qualcosa che non gli torna a quel punto. Questa versione non spiega un particolare abbastanza rilevante. Ad un certo punto durante la telefonata intimidatoria, quella perfida voce femminile si disinteressa completamente alle dinamiche dei Dutroux, concentrandosi invece sul rapporto del detective con Annette. Per quale motivo, quella voce debba avere interesse a mettere fine alla relazione di Cedric con la moglie del ministro? In pratica: quale dannato motivo Pascal avrebbe per avere così a cuore la fedeltà della moglie del ministro? Solo per vile ricatto nei suoi confronti ? Troppo poco…

MONSIEUR BOISSY. Davvero deve credere, a conti fatti, che tutto questo pandemonio abbia a che fare con la pazza e incontrollabile gelosia di monsieur le Ministre, marito della sua Annette e cornuto senza appello?

ALAIN LECLAIR. Il giorno dopo la morte del marito, mme Nerval non esita nemmeno un istante a riprendere le ricerche sul vero figlio. Raddoppia così i suoi sforzi, affiancando al detective Cedric, un altro pezzo da novanta; niente di meno che la superstar del giornalismo d’inchiesta, Alain Leclair. Questo dovrebbe essere un motivo di sollievo e di conforto per le indagini di Cedric Bovin, dal momento che da ora il detective potrà contare ufficialmente sulla rete di conoscenze e di legami dell’amico. Ma allora perché Cedric non riesce a togliersi dalla testa quella sensazione di fastidio, di noia puntuta che lo attanaglia ogni qualvolta non si sente soddisfatto del proprio lavoro …? Per quale motivo i suoi pensieri, come mosche sulla merda, finiscono per concentrarsi sempre sulla stessa cosa…? che Alain sia cioè subentrato dove lui ha praticamente fallito.

E con la figura di Alain, si conclude il diagramma di flusso alla lavagna.

Il taxi lo scaricò a due passi dall’Opera Garnier. Posati i piedi sul marciapiede, fu investito da un violento refolo di vento gelido che gli parve intrufolarsi da sotto le braghe e risalire fin sotto al collo. Un paio di passanti davanti a lui, intirizziti, sembrarono ingaggiare una lotta impari contro le tese raffiche che sferzavano la piazza da ogni parte. Li seguì a ruota fin quando, finalmente, riuscì ad imbucarsi al caldo del Cafè de la Paix. Da lontano scorse Alain che aveva già pensato a disporre tutto al meglio, con la sua solita pignoleria. Riservando un angolino in penombra, una sorta di esclusiva loggetta, schermata da due possenti colonne e da un vaso traboccante di verzura da cui era facile osservare il resto della sala e dal quale risultava quasi impossibile essere visti. Stava raccontando qualcosa o forse stava dando altre disposizioni al maitre, che lo ascoltava con lo sguardo basso e un atteggiamento di estrema deferenza, quando Cedric apparve in fondo alla sua visuale. Di colpo si alzò, portando con sè due calici di Champagne in punta di dita, e dopo aver fatto un breve cenno di intesa al maitre, si dispose a regalare all’amico il sorriso più naturale del mondo.

Ma chi era veramente Alain Leclair? Fine giornalista, capace pubblicitario, popolare e colto intrattenitore, dandy, bonvivant, empatico conversatore e magnifico sodale. La vita di Alain era come un continuo reality show e lui l’irresistibile mattatore, abituato a smazzare informazioni con la semplicità di un prestigiatore, convinto che le notizie avessero un prospetto quasi fisico: con una loro vita, uno spazio in cui si muovevano, crescevano, si trasformavano, fino a quando morivano. O venivano uccise. Alain era così potente da riuscire a volte da un sibilo o un sussurro a imbastire una polemica senza fine, con conseguenze spesso severe per i poveri malcapitati. TV, radio, giornali o piattaforme online, nessun canale gli era precluso. Abbarbicato fra le vette del potere più ostinato e incrollabile, si vantava di essere un uomo che politici e amministratori avevano imparato a fuggire come la peste o a tenersi caro come si fa con il migliore amico.

Certo una vita difficile la sua, con i turbamenti dell’infanzia che sembravano aver fatalmente plasmato la sua complicata personalità. Nasceva povero, madre casalinga e padre spesso disoccupato, oltre che alcolizzato. Ma a dispetto del destino, era venuto su dritto, volenteroso e atletico. Aveva imparato quattro lingue straniere e si era laureato alla Sorbonne in Giornalismo, Comunicazione e Media in quattro anni filati. Un vero enfant prodige. Dopo lunghi anni di gavetta, trascorsi a fare la spola nella vasta galassia parigina di fanzine, riviste, fogli, giornali, giornalini e giornaletti, si era infine messo in proprio, fondando la sua agenzia d’informazione. Era così diventato un occhio e un orecchio ovunque, con agganci nel governo come nelle principali segreterie di partito, fra i sindacati che contano e i poteri forti delle lobby, fra i banchieri e le associazioni di categoria, così come fra gli industriali. Dopo essere passato per diverse sedi, da un più modesto bugigattolo nei pressi di Gare du Nord, a un ufficio sovradimensionato e troppo dispersivo nei pressi di Place de la Bastille, da qualche tempo aveva spostato il suo quartier generale in un elegantissimo attico degli Champs Elysée, al quinto piano di un edificio signorile con una straordinaria vista sulla Senna e sulla torre Eiffel.

Un manipolatore patentato che alla lunga aveva fatto della pazienza e dell’addestramento la sua arma migliore. Alain era anche questo. Perché lui aveva studiato tutto. Forte di una preparazione mostruosa, conosceva per filo e per segno il funzionamento della macchina dello Stato. Conosceva ogni minimo aspetto del motore, ogni minima rotella, scuffia o dadino. Nè l’aereodinamica o l’idraulica gli facevano difetto. In questo modo, non faceva alcuna fatica a trovarsi sempre in vantaggio non solo nei confronti di colleghi e giornalisti ma spesso anche degli amministratori o degli uomini di legge. Il più delle volte anche dei funzionari, di coloro cioè che quella macchina, indirizzati o meno, in pratica si trovavano a guidarla.

Ovviamente le sue conoscenze e i suoi legami non si esaurivano con un’ impressionante lista di persone rispettabili, ma andavano oltre, includendo anche quelle che proprio rispettabili non erano. Non era un mistero che fra i suoi contatti vantasse molte conoscenze in quel mondo di mezzo che era la strada maestra verso le sue più sinistre biforcazioni. Certo, aveva poi molti nemici. Ma nessuno fra i suoi amici più in vista avrebbe mai potuto permettersi il lusso di abbandonarlo al suo destino. Alain sapeva troppo e aveva visto troppe volte il potere tingersi dei colori più cupi per poter affondare senza tirarsi dietro dei pezzi importanti. Come una zavorra. Legato a doppio filo al destino di molte persone, avrebbe trascinato in fondo pure il più potente dei potenti. Per tutte queste ragioni si poteva dire che nessuno più di lui a Parigi vivesse al di sopra della legge.

Per tutte queste cose insieme, non era facile essere amico di Alain. Questo Cedric lo sapeva. Così come era difficile non essergli amico, dopo tutto quello che Alain aveva fatto per lui. Non vi era amico migliore di quello disposto ad offrire la propria spalla senza chiedere nulla in cambio. E Alain non gli aveva mai chiesto nulla. Cedric si rendeva conto che la loro era un’amicizia asimmetrica. Eppure negli ultimi tempi, paradossalmente, ad avere più bisogno l’uno dell’altro sembrava essere Alain. Di questo Alain sembrava cosciente. Sapeva di non poter fare a meno dell’amico, perchè avrebbe potuto contare sempre sulla schiettezza e sull’assoluta sincerità di lui, per porre un freno ai suoi stravaganti eccessi. Ed era durante quei bagni di umiltà che Alain sembrava ritornare ogni volta rinato alla vita: un po’ più centrato, puntellato di sani dubbi e disposto di nuovo a rimettersi in discussione. “Sei il mio regolatore di velocita’ tu” amava scherzare spesso Alain con l’amico. E niente sembrava più vero.

E non vi potevano essere interessi di natura sentimentale fra i due, tanto la passione di entrambi per le donne era così indirizzata su questo aspetto. La loro amicizia era invece cresciuta attorno ai problemi di Cedric. Quando aveva deciso di rassegnare le dimissioni alla Polizia e il mondo era finite per crollargli addosso. Ancora adesso, dopo quasi dieci  anni riusciva a sentire in bocca l’amaro gusto di quelle serate alcooliche e il tonico rinfrescante con cui Alain sapeva invece lenire ciascuna delle sue ferite sanguinanti.

Vero, non erano sempre tutte rose e fiori. Ma ogni volta che si ritrovavano, sembravano stringere una sorta di tacito patto che imponeva loro di spogliarsi dei rispettivi difetti e di riporli temporaneamente in una sorta di nuvola, ben visibile ed equidistante da entrambi. La furbizia di Alain nei confronti degli altri, ad esempio, spesso indisponeva Cedric. Ma era il prezzo che bisognava pagare per stargli accanto. Il quadro si completava con una sicurezza di sè al limite della tracotanza. Un complesso di superiorità che lo condannava, suo malgrado, a saperne sempre di più del suo interlocutore e che lo portava spesso a monopolizzare i temi e i tempi della discussione. Una vera e proprio malattia, l’egocentrismo, che lo spingeva a mettere bocca su ogni argomento dello scibile umano e ad essere medico fra i medici, ingegnere fra gli ingegneri e allenatore fra gli allenatori di calcio. E così via. Con il tempo Cedric aveva preso le contromisure e, se non alla pari, il loro scambio era diventato comunque integrato.

Cedric aveva dovuto lavorare molto all’indomani della disfatta con la sua ex moglie Marion, per risollevarsi da un senso di emotività e di insicurezza in cui era sprofondato. Eppure, fu grazie alle dritte e ai consigli di Alain, che l’ex poliziotto sembrò a poco a poco ricostruire il baluardo della sua fiducia, imparando di nuovo ad accettarsi, ad accettare le sue sconfitte, il suo modo di essere o gli aspetti più umbratili e complessi della sua personalità.

Nell’accoglierlo con due coppe di Champagne in mano, Alain sembrava già catapultato dentro al rebus. Ma prima di tutto Alain avrebbe dovuto spiegare il suo incontro con la Nerval quella mattina. Cedric era così, prendere o lasciare. Non ci avrebbe girato intorno per farlo cadere in contraddizione. Non gli avrebbe teso nessuna trappola, non avrebbe utilizzato questo episodio per testare la serietà e il grado di fiducia della sua amicizia. Glielo chiese con il consueto garbo ma guardandolo dritto negli occhi.

– E a proposito di segreti, ovviamente, so che hai una valida motivazione per incontrare madame Nerval, la mia cliente, e di tenermi completamente all’oscuro di tutto ciò.

Alain scoppiò in una grassa risata, di quelle sincere ed emotive, che gli metteva in risalto le rughe attorno agli occhi, tradendo un’ età che inesorabilmente si avvicinava ormai alla cinquantina.

– Ecco perché mi piaci! perché è assolutamente ancora vero che sei il detective numero uno di Parigi.

Ma Cedric non aveva voglia di scherzare. E dopo che Alain ebbe modo di smaltire la sua risata, ritorno’ serio.

– Non ti sfuggirà che il caso Dutroux riguardi anche un po’ me e la mia incolumità … se è vero che tu hai ricevuto pesanti minacce. Se è vero che tu sei pedinato e se addirittura sanno che ti vedi nel mio appartamento di Montparnasse con una delle donne più importanti di Francia … non credi che anche io mi debba sentire in certo qual modo coinvolto un po’ in questa complicate faccenda?

– Aspetta aspetta…hai detto il caso Dutroux… ma cosa dovrebbe entrarci qui l’affaire Dutroux con le minacce che abbiamo ricevuto sia io che Annette? per quale motivo pensi che le due cose siano collegate?

– Se ci sia un collegamento non so …questo lo vedremo. Ma credo di avere una buona pista per poter acchiappare per le palle chi, in queste ultime tre settimane, sembra si sia divertito a fare stalking con te e con la tua bella Mme la Ministre.

Cedric riconobbe nel sorrisino da primo della classe dell’amico quella sorta di autocompiacimento che tanto gli si addiceva. Era sempre il solito cavallo di razza, compulsivo competitivo: non appena aveva fiutato la notizia, ci si era ficcato dentro con tutte le ruote. E c’era da giurare che, anche stavolta, non avrebbe fatto cilecca.

La ventesima puntata sarà online il 28 di marzo.


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