Eugenio Maccagnani scultore leccese
Di Giorgio Mantovano
Correva l’anno 1889 quando il monumento in bronzo di Vittorio Emanuele II fu inaugurato da Umberto I, nel centro della Lecce antica, tra festeggiamenti in pompa magna. Lo realizzò Eugenio Maccagnani, un giovane scultore leccese, ignoto, purtroppo, alla maggior parte dei tanti giovani che osservano distratti quella statua.
Eugenio era nato nel 1852 ed all’età di dodici anni, non avendo gran voglia di studiare, era stato mandato dal padre a lavorare nella bottega dello zio, Antonio Maccagnani, celebre statuario di santi in cartapesta. Il giovane, divorato da una grande passione, possedeva la vocazione ed il talento per la scultura ed il disegno. Divenne presto abilissimo nel modellare statuette in creta o cartapesta. Un giorno si accorse di lui il Duca Sigismondo Castromediano, quando vide una sua scultura, ” il ratto di Polissena”, copia di quella del Fedi che si trova a Firenze, da Eugenio eseguita nel 1869 copiandola da una cartolina. Il Duca, come ci ha raccontato Antonio Edoardo Foscarini nel prezioso saggio “Biografia e lettere di Eugenio Maccagnani (1852 -1860)”, in Bollettino Storico di Terra d’Otranto, n. 5, 1995, pp. 231-277, lo convinse a presentarla al Consiglio Provinciale al fine di ottenere un sussidio che gli consentisse di proseguire i suoi studi di scultura. Fu così che a Eugenio, che versava in ristrettissime condizioni economiche avendo anche perso il padre, fu concessa una borsa di studio di cinquecento lire annue per sei anni. Con quell’importo, poi lievemente aumentato, ebbe la possibilità di recarsi a Roma, ove si iscrisse all’Accademia di San Luca.
Terminò i suoi studi sotto la guida di noti docenti di scultura e pittura, meritando il primo premio con lode per lo studio dal vero, del nudo e delle pieghe, ed un altro premio per la composizione a bassorilievo. Il suo genio artistico emerse subito consentendogli di realizzare opere apprezzate nel mondo. Fu amico di Re e di Papi. Leone XIII volle che gli eseguisse il suo monumento funebre in San Giovanni in Laterano e Pio XI posò personalmente per un suo busto, l’ultima opera del Maccagnani, inaugurato pochi giorni dopo la sua morte avvenuta il 19 marzo 1930.Partecipò a numerose esposizioni nazionali ed internazionali dove conseguì premi e consensi.
Ne citiamo alcune:- 1878 – Parigi – Esposizione Universale Internazionale, premiato con menzione onorevole;- 1880 – Melbourne – Esposizione Universale- 1880 – Torino – Esposizione Nazionale di Belle arti, premiato con lire cinque mila ( Reziario e Mirmillone)1881 – Milano – Esposizione Nazionale1887 – Parigi – Esposizione di Belle Arti 1889 – Parigi – Esposizione Universale – Premiato con medaglia d’oro1900 – Parigi – Esposizione Universale – Premiato con medaglia d’oro1901 – Venezia – Quarta Esposizione Internazionale d’arte1907 – Roma – LXXVIII Esposizione Internazionale di Belle Arti della Società Amatori e Cultori di Belle Arti L’elenco delle sue opere e dei riconoscimenti è talmente ricco da non poter essere compiutamente riportato in questa sede.
Eugenio Maccagnani fu Professore onorario al Regio Istituto di Belle Arti di Napoli; socio corrispondente della Regia Accademia di Belle Arti di Brera; socio onorario della Regia Accademia di Belle Arti di Bologna, dell’Istituto di Belle Arti di Torino, di Urbino e di Perugia.Fu Cavaliere della Corona d’Italia, Accademico di San Luca in Roma e Consigliere dei Virtuosi al Pantheon in Roma. A Lecce realizzò numerose opere tra cui, a titolo meramente esemplificativo, l’altare maggiore della chiesa di S. Giuseppe, i monumenti a Vittorio Emanuele II, inaugurato da Umberto I nel 1889 (anche se completato, dopo alterne vicende, successivamente), a Giuseppe Pellegrino (1899), a Gaetano Brunetti (1922, distrutto durante la seconda guerra mondiale), ed altri ancora. Ad Eugenio, all’epoca poco più che trentenne, nel 1886, lo scienziato Prof. Cosimo De Giorgi dedicò questi famosi versi:” Anch’io bevo al tuo nome, Eugenio Maccagnani(…) Ti vidi fanciulletto, plasmar l’inerte argilla e in te mirai risplendere la Prometea favilla.Ma la febbre del genio ti ardeva nelle vene e lasciasti le mura di quest’Appula Atene dove sonnecchia nell’ignavia proterva d’un aura senza estetica che lo spirito snerva: dove lo sguardo incontra barocchi monumenti e mira sugli altari angeli sorridenti che fan della ginnastica su colonne spirali e saltellano sui fiori tra santi ed animali.(…) Ti fu piena di spine della gloria la via eri forte e vincesti; ed or la Patria mia nel rivederti plaude e affida al tuo scalpello la protome di Archita, di Palmieri e Paisiello, di Raimondello Orsini, del Ribera di Rato ,di Arditi del Milizia, di Leo dell’Ammirato d’Ennio e di Galateo, d’un Papa e del Vanini di Stella e Pisanelli, di Costa e Libertini! Ma nel lasciarti, Eugenio, permetti al verso mio che ti volga nel brindisi un affettuoso addio: tu qui siedi sovrano come in fraterno soglio tu sei nei nostri cuori, tu formi il nostro orgoglio. E qual pegno d’affetto, vedi il bicchiere sollevo e a te, gloria d’Italia, ed al tuo nome io bevo! “.
Chapeau Maestro !