“Era bella Teresa”, un ennesimo capolavoro bruniano
di Stefania Romito
Il tormento interiore di un’anima alla continua ricerca del senso della vita. Una estenuante indagine esistenziale, dai tratti a volte angoscianti, a volte aulici, si ancora ai ricordi della giovinezza trascorsa nella piena consapevolezza che più non tornerà. Questi i tratti fondanti del nuovo romanzo firmato Pierfranco Bruni, pubblicato da Nemapress Edizioni.
Una stagione della vita che rappresenta per l’autore l’autentica verità dove poter apparire per ciò che realmente si è. Una età che si contrappone in una maniera drammaticamente inquietante all’età attuale che l’autore vive come il tramonto della sua esistenza. L’età del non ritorno. L’età della finzione che mai più si trasformerà in verità.
Una condizione che non si vuole accettare in un ricorrente ritorno a una città la cui spensieratezza è incarnata da una giovane donna che si muove leggiadra tra gli spazi del tempo, assumendo i tratti della Beatrice dantesca, così come quelli della sensuale Fiammetta. Una figura femminile che incarna il sogno ma anche la leggerezza di un’età irrimediabilmente trascorsa.
Connotazioni autobiografiche si fondono a considerazioni proustiane nella ricerca di un amore perduto, mentre l’angoscia esistenziale raggiunge picchi di estremo tormento in un animo che alterna momenti di rassegnazione a momenti di speranza, in un dialogo che coinvolge la donna amata e mai dimenticata e sovente la propria intima coscienza. Un pezzo di alta letteratura che sospinge il lettore in una dimensione “altra” dove si celano i cocci dello specchio rotto e dove si rinviene la sintesi della verità.
Leggendo questo libro si vive un tempo interiore che si slega completamente da ogni riferimento realistico, in cui il sogno e la realtà si intrecciano in un’affascinante dimensione d’infinito. Si rivede Proust nella tua tendenza a intrecciare realtà e sogno. Si respira Dostoevskij nel tormento interiore di angoscia e solitudine alla ricerca della propria giovinezza irrimediabilmente perduta, si percepisce Pavese nei silenzi taciuti che si vestono di parole, oltre alla dolcezza dantesca dell’immagine stilnovista abbinata alla figura di Teresa.
Un ennesimo capolavoro bruniano!