E’ in libreria il nuovo libro di Vincenzo Fiaschitello “Sul valico del millennio”
L’editore Francesco Urso di Avola ha il piacere di annunciare la seguente novità in libreria:
Vincenzo Fiaschitello, Sul valico del Millennio
Poesie inedite (1998-2010)
Libreria Editrice Urso, nella collana “Araba Fenice” n.465,
Avola 2022, 8°, pp.400, € 20,00 –ISBN 978 88 6954 353-1
Nella nota ai lettori l’autore ha così scritto:
“Le liriche qui presentate sono state scritte tra gli ultimi anni del millennio trascorso e i primi del nuovo; possono sembrare monocordi e ripetitive, quasi sempre intrise di una vena sottile di malinconia, ma credo che l’attento lettore saprà cogliere le segrete, diverse, minime vibrazioni che ciascuna custodisce”.
Vincenzo Fiaschitello, già docente di ruolo di Filosofia e Storia nei licei statali, preside e esperto nella formazione dei docenti, è autore di vari saggi sulla scuola, di parecchi testi di narrativa e di poesia. Con Decreto del 2 giugno 1997, il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, lo ha insignito della onorificenza di Commendatore Ordine al merito della Repubblica Italiana.
Poesie scelte dal libro: Vincenzo Fiaschitello, Sul valico del Millennio,
Libreria Editrice Urso, 2022
Le tue bianche parole
E tu da tempo ormai
m’hai dimenticato.
Più non so quante bacche
sono cadute sulle siepi,
quanti fiori di limone
sono sbocciati ad ogni plenilunio,
quante mandorle ad asciugare
al sole nei crocicchi del nostro paese.
Volavano alto le tue bianche parole
come colombe che toccavano
l’azzurro del cielo e sparivano
presto all’orizzonte.
Le nostre vie barocche e parallele,
deliri senza valido ponte.
E tu dimenticami ora che sei
ombra lontana e fioca
come voce di un’eco
che lentamente muore
nella profonda languida valle.
A sera nessuna profumata
essenza di questa primavera
può farti rammentare di me.
Pure, tra i banchi di scuola,
tu sola m’incenerivi il cuore
quando i tuoi brucianti
occhi su di me si posavano.
Mare
Bianco ribolle
il mare sulla scogliera
nella luce del mattino.
Cala il vento
dopo aver spazzolato
i nostri pensieri.
Tutto azzurro è il cielo
che toccano con l’ali
all’orizzonte aerei gabbiani.
Amministrare la città
Città imbrattata imbruttita infangata
spaurita in un delirio di maltempo.
Fanno trasalire gli annunci di allerta!
Dicono che non hanno retto gli argini
alla furia del torrente impazzito.
Ma gli argini rotti erano malfatti,
corrotti orizzonti di poteri entro sfere
di gigantesco egoismo, immane irriducibile.
Vite spezzate, lavoro fiaccato, disastro.
Fatalità ,dicono. Ping pong di responsabilità.
Vi preghiamo sacre istituzioni non mandateci
più inondazioni; vi preghiamo uomini
che avete accettato nel nome dello stato
incarichi di prestigio, di difesa della città,
non lasciateci trascinare dal fango!
Se qualcuno di voi ha percepito un premio,
anche modesto, lo dia indietro perché
non ha ben operato. E se qualcuno
per corruzione è stato spinto a male operare,
ritrovi dignità e si impegni a rimediare.
Amico, quando il sole splende sulle
nostre fragili colline non fermarti
a bere l’aperitivo al bar della piazzetta
a goderti la mazzetta per quel che hai omesso
o d’illegale concesso dopo interminabili
inutili assemblee e promesse.
I bisbigli e le accattivanti parole dei furbi
hanno vellicato e corroso la tua anima:
raggiri immorali, dispersione di energie,
baratri di morte, divergenze fatali,
affondi e stoccate a progetti onesti ed efficaci.
Ora che i tuoi occhi sono gonfi di denari da turpi
affari non puoi certo cavartela col dire la fatidica
formula scaramantica:-Ho fiducia nella magistratura!-
Si dà il caso che anche noi abbiamo fiducia
nella giustizia…divina!
Apocalisse robotica?
Oh, strepitoso robot!
Come potevo immaginare?
Appartengo a un’altra generazione,
a quella delle gialle mimose,
dei tramonti e della luna calante.
Io non sapevo che tu avessi
anche un cuore, sentimenti;
che tu potessi scrivere una poesia
anche sul dolore degli uomini
e sulle loro infinite pene.
Conosco uomini che robot non sono,
che non hanno un cuore meccanico,
che hanno occhi scuri come la notte
o azzurri come il cielo e sangue
che nelle vene scorre. Pure un odio
li ha resi in frantumi e a pezzi
hanno ridotto i loro simili.
Uomini? Chi può affermarlo?
Ti prego, strepitoso robot, mostraci
che perfino lacrime puoi versare
sul nostro dolore, che puoi forse
indicarci la via per rimarginare
così terribili ferite.
Anche una barca ti daremo perché
tu vada per l’ignoto mare come
Ulisse a dirci che vale ancora la pena
di conoscere e amare!
Omaggio a Einstein
Onda gravitazionale, vibrazione,
increspatura, tuono immenso
dell’universo che lo spazio traversi
da non so quanti miliardi di anni luce,
t’abbiamo infine catturato.
Che ci facciamo ora di te? Fra un po’
vedrai come le nostre idee si raddrizzeranno,
vedrai come saranno le nuove idee di spazio
e di tempo! Corriamo in circolo o in linea retta?
E il passato il futuro il presente potranno
ancora esistere?
Gente, svegliamoci! Se il nostro sapere
cresce in maniera esponenziale, a che punto
è la nostra morale, il nostro amore per la vita
del tutto? Facciamo in modo che la primavera
continui ad accendersi, che la lucertola guizzi
tra i cespugli, che il cielo sia ancora gremito
di stelle tremolanti al soffio delle onde di Einstein.
L’universo, forse, è sazio di noi, della terra
che rotola come impazzita, delle dure guerre,
delle brutture che seminiamo ogni giorno.
Gente, guardiamoci attorno, offriamo un fiore
al nostro vicino, rispondiamo con un sorriso
al saluto cortese di un disperato e mostriamo umanità.
Chi può dire che il nostro presente, inghiottito
da un buco nero da cui non si torna indietro,
non viaggerà entro un cunicolo misterioso
per riapparire da un’altra parte?
Divino Einstein a cent’anni dalla tua geniale
intuizione, oggi ti offriamo umilmente
un fiorito rametto di mandorlo. Dopo di noi
qualcuno verrà a falsificare la tua teoria,
ma anche allora sarà giorno di festa e tu sarai
felice ugualmente.
L’istante
Non ci sono profeti del futuro,
semmai, se esistono, sono tutti
profeti del passato. Ride il futuro
e complotta, stride come ruota
di carro di tradotta carico di umanità
ignara di tutto verso vie che un profondo
gorgo inghiotte.
Ostaggi di un avvenire sconosciuto,
fremito dell’anima simile al turbamento
che resta nella memoria di un sogno
ricorrente di abbracciare invano
l’ombra di chi un tempo ha avuto
il nostro cuore.
Anima, tu che provieni da un tempo
fuori di ogni tempo, solo tu puoi
aiutarci a vincere uno smarrimento
penoso e a scacciare pensieri inquieti
dai volti giovani e freschi come
da quelli grinzosi dei vecchi.
Insegnaci che forse l’unica dimensione
del tempo, in realtà inconsistente, è l’istante,
unico sicuro porto dell’esistenza,
l’istante che ci fa toccare l’eternità,
che è esso stesso eternità, perché
non ha inizio né fine, trascende
e annulla passato-presente-futuro.