IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Di Luigi Chiriatti, dei nostri tempi di vita e di quegli altri maledetti di morte

LUIGI CHIRIATTI

LUIGI CHIRIATTI

di Maurizio Nocera

Come ormai facevo da diversi mesi, domenica 14 maggio avevo comprato i “pasticciotti” dalla solita pasticceria di Lecce, in più in borsa avevo la rivista «Anxa News» con il bel saggio di Luigi, al quale egli, a tutti i costi, aveva voluto aggiungere anche la firma del nostro amico fotografo Fernando Bevilacqua, il quale aveva contribuito dando dei preziosi contributi informativi. Luigi aveva voluto che io, nel redarre il “pezzo” per la rivista, aggiungessi anche il nome di Fernando come atto di riconoscenza. Gli dissi che si trattava di un atto di generosità. Ne convenne.

Da qualche anno Luigi soffriva di una fibrosi idiopatica, che praticamente gli aveva mangiato i polmoni. Adesso viveva legato ad una bombola di ossigeno. Dovendo stare protetto in casa, avevo intensificato le mie visite. In ogni incontro progettavamo eventi ed ogni sorta di iniziative, magari ripescando cose pensate in passato e mai realizzate.

Comunque sia, e «come fu come non fu» (espressione tipica di Luigi), quella domenica, 14 maggio, Luigi non c’era in casa. Era stato ricoverato d’urgenza nell’ospedale di Tricase, dove i medici l’avevano portato direttamente in camera di rianimazione. Da quel momento in poi, e fino ad oggi 25 maggio, ore 13.45 (ora del decesso) sono stato praticamente con il telefono acceso in contatto con la moglie Marisa, la quale mi ha dato la triste notizia.

Non appena conosciuta la notizia, in tutto il Salento, c’è stato un continuo scambio di telefonate e dichiarazioni di dolore. Mi piace riprendere qui quella di Enrico Melissano (CNR) il quale scrive:

            «La morte di Luigi Chiriatti è una di quelle notizie che spezzano il cuore e ci lasciano tutti più poveri e più soli./ Molti di noi hanno avuto modo di apprezzare le straordinarie doti umane e culturali, la passione per questo territorio e le sue tradizioni, la grandissima generosità./ Nel tempo capiremo quanti frutti il suo impegno ha fatto germogliare, e quanto ci peserà la sua assenza./ La terra ti sia lieve Luigi».

Avevo conosciuto Luigi alla fine degli anni ’70, ma fu solo nel 1981 che andai da lui, a Calimera, per fargli un’intervista per una rivistina di provincia («Caffè Greco»), diretta dal poeta Antonio L. Verri. La intitolammo Intervista a Luigi Stifani, ed era una prima riflessione sul fenomeno della sofferenza e sullo pseudo sciamano di Nardò, conosciuto come il medico delle tarantate, che io e Luigi conoscevamo molto bene. Da quel momento in poi non ci siamo divisi più. Ovviamente Luigi aveva messo le mani in molte cose. La sua Bibliografia 1977-2012 (Kurumuny, 2013), a cura di Sergio Torsello, altro protagonista fondatore della “Notte della taranta”, scomparso qualche anno fa, ne è una chiara testimonianza.   

Nel 1978, Luigi si era laureato con una tesi su Il tarantismo vent’anni dopo Ernesto de Martino. Io avevo e ancora ho quella sua tesi di laurea e fu la base dalla quale si parti per quella sua prima esperienza intitolata Morso d’amore. Viaggio attraverso il tarantismo pugliese, con le registe Annabella Miscuglio, R. Daopoulos, G. Lombardi (RVM, 60’, Prima rete indipendente Rizzoli), che divenne poi lo splendido libro editato più volte dallo stesso  Capone editore (Cavallino, 1995) introdotto da George Lapassade. Ci volle un bel po’ per convincerlo a pubblicare quella tesi, ma alla fine ce la facemmo. Inizialmente era restio, perché diceva di non sentirsi pronto.

Da quel momento in poi, sia le inchieste sul campo sia le pubblicazioni cominciarono ad avere un ritmo continuo. Mi piacerebbe citarle, ma qui non è possibile. Ci saranno altri momenti per questo. Dico solo che io e Verri (produttori di riviste e giornali salentini) mai dimenticammo il buon Chiriatti, la cui firma appare sempre affiancate alle nostre. 

Un evento però mi piace citare. Quello del volume di Luigi Stifani, Io al santo ci credo. Diario di un musico delle tarantate (libro più CD, Edizioni Aramirè-Istituto Ernesto de Martino, Lecce 2000) [con Maurizio Nocera, Roberto Raheli, Sergio Torsello].

Altro libro in comune fu quello diGisele Schmeer, Il panno Rosso dove si narra di un uomo pizzicato dalla tarantola (Capone, Cavallino, 2001).

E ancora Immagini del tarantismo (Capone editore, Cavallino, 2002).

E poi Con il miele e l’incanto di un sorriso. Il Salento nelle immagini di Annabella Rossi, in Vincenzo Esposito (a cura di), Annabella Rossi e la fotografia. Vent’anni di ricerca visiva nel Salento e in Campania, Liguori, Napoli 2003.

E poi Giuseppe Mighali, Zimba, canti suoni e ritmi di Aradeo, Kurumuny (Calimera 2004, libro con CD (curatore con Maurizio Nocera e Sergio Torsello).

E infine tanto altro ancora. Fino a giungere all’ultimo saggio che gli avevo “commissionato” (si fa per dire, perché fra me e Luigi c’è sempre stata una comprensione totale) appena qualche mese fa, il cui titolo è Dalla cultura della sofferenza alla cultura dell’affermazione del sé (1989 – 1 maggio 1998), di cui ho scritto sopra. L’ho pubblicato con questa premessa:

            «Con questo primo articolo per «Anxa News» inizia la collaborazione del grande demologo salentino Luigi Chiriatti e del grande fotografo salentino Fernando Bevilacqua. Luigi Chiratti ha dedicato l’intera sua vita all’analisi e all’approfondimento dei fenomeni ancestrali del Salento (tradizioni popolari, canti e cunti, tarantismo, musiche e danze popolari); importante la sua Bibliografia 1977-2012 (a cura di Sergio Torsello) dove è possibile rintracciare l’enorme mole di lavoro scientifico da lui svolto negli ultimi 40 anni».

Oggi Luigi Chiriatii non è più ma le impronte che egli ha lasciato in Salento, in Italia e mi piace pure pensare in buona parte dell’Europa, sono lì a segnare il passo di uno studioso convinto e scientificamente preparato. Impronte non cicatrici.

Vale per Luigi Chiriatti

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