Dal Poemetto “Memorie di Sicilia”. Liriche di Vincenzo Fiaschitello, parte quinta
Rattoppano di rosso i papaveri
Rattoppano di rosso i papaveri
la verde distesa dei campi.
E’ questa l’ora, l’ora silenziosa
di un tramonto che narra all’anima
quel che è stato del passato tempo.
Ora la vita fugge, scivola tra pizzini
di whatsapp e immagini di tiktok.
Domani toccherà a me, dice
il morto soldato vivente tra continui
scoppi nelle profonde caverne
di palazzi della città distrutta.
La sera si fa più sera e il mio occhio
vibra ancora d’angoscia se rammenta
quel che vide allora sulle spiagge
di Sampieri e di Pozzallo quando,
fanciullo, guerrieri stranieri invasero
la terra di Sicilia.
La nebbia dei ricordi
D’improvviso un’ombra buca
la nebbia dei ricordi,
il vento s’alza e uggiola
come il cane fedele
che resta alla porta del padrone
quando tarda a tornare.
Non frangere la frontiera,
di là altre ombre potrebbero
assalirti e chiedere la tua pietà,
le lacrime che più non hai.
Ritto o chino, secondo come
Natura vuole, non temere,
molto meglio l’attesa di chi
viene ad abbracciarti
tra nebbia e pioggia all’ultimo
crocevia della vita.
Un mattino lungo la via
Un mattino lungo la via
mi sorrideva il mondo,
un pallido tepore ottobrino
scivolava sul mio volto
di fanciullo. L’uscio aperto
di un’umile casa ingombro
da piangenti donne mi aprì
lo sguardo alla sconosciuta
morte di una giovane madre
con le mani intrecciate
sul gonfio ventre. A lungo restò
quel profilo di dolore e di paura
nascosto nel cuore e ora come
ala di un variopinto uccello
pietosamente copre i miei errori
e sgombra la via dove nulla è perduto.
Quando fanciullo nel buio
Quando fanciullo nel buio
scavavo, onde fumose
si levavano improvvise
e tremolanti avvinghiavano
il respiro della notte,
fermando il tempo tra
paura e irragionevole fuga.
Sulle mie spalle il peso
di quella cenere.
Naufragio
L’inquieto mare, unica massa,
si frange sugli scogli nell’ora
triste del tormento.
Ma non è il vento che lo volge
e lo sommuove, sono le voci
e l’alto pianto di chi sa che altri
non potranno o non vorranno udire.
Signore, lucida la nostra memoria,
fa’ che non sia un desolato campo gelato,
fa’ che la scia aperta nell’acqua
dal battello sia come il solco
che lascia l’aratro nella terra
per ricavare frutti vitali.
Fa’ che resti, oh Signore, una traccia
nel cuore, ma non darci più il nostro
naufragio quotidiano.