CU TUPPU ‘UN TAPPI …
di Sandra V. Guddu
Un curioso proverbio-scioglilingua siciliano sul quale vale la pena spendere qualche parola, specialmente dopo che è stato inserito nel film “La stranezza” per la magistrale regia del palermitano Roberto Andò.
Non intendiamo raccontarne la trama: altri lo hanno fatto per mestiere; noi vogliamo semplicemente approfondire alcuni aspetti che fanno de “La Stranezza” un film originale soprattutto per la scelta linguistica operata da Andò. Infatti, durante i dialoghi, spesso esilaranti, viene usata prevalentemente la lingua siciliana coadiuvata dalle didascalie in italiano per favorire la comprensione a chi non ha familiarità con il nostro lessico!
CU TUPPU ‘UN T’APPI,
SENZA TUPPU T’APPI,
MA BASTA ‘NCA T’APPI
E COMU T’APPI T’APPI.
Nel film, lo scioglilingua viene recitato da un ragazzino in apertura alla commedia tragicomica che si trasformerà in dramma durante la rappresentazione, dopo che il pubblico stesso interverrà trasformando gli spettatori in attori.
A questo punto, il teatro si anima di una linfa nuova e ciò che all’inizio della rappresentazione era pura finzione si trasformerà in verità, o meglio, in tante piccole verità celate per ipocrisia in nome di un falso perbenismo, basate sull’apparire e non sull’essere.
La scalcinata compagnia è diretta da Onofrio Principato e Sebastiano Vella, interpretati rispettivamente da Valentino Picone e Salvo Ficarra. I due compari nella vita fanno ben altro, potremmo dire l’esatto contrario! Infatti, i due sono becchini, titolari di un’impresa funebre che alle lacrime dei funerali oppongono le risate della commedia d’arte!
Tutti elementi pirandelliani in cui i ruoli dei personaggi non sono mai cristallizzati in un’unica maschera ma sono fluidi e mutevoli come il fluire della vita per cui, a seconda delle circostanze, essi appaiono diversi da come erano stati rappresentati all’inizio, dentro il labirinto di un relativismo assoluto che rende difficile, se non impossibile, perfino la comunicazione tra i vari soggetti!
Ma torniamo al TUPPO e al suo significato recondito che affonda le radici in un’usanza femminile tipica del secolo scorso e anteriore alla grande guerra.
Il tuppo è un’acconciatura femminile che le donne siciliane usavano attorcigliando i capelli e raccogliendoli sopra la nuca per indicare che erano maritate e quindi non più disponibili. Le ragazze da marito, invece, per indicare il loro stato sociale di nubilato, tenevano i capelli, più o meno lunghi, sciolti sulle spalle. Per tuppo potrebbe intendersi anche la parte superiore della brioche siciliana servita con la granita o il gelato di vari gusti ma ciò non rientra nell’argomento che ci interessa trattare!
In sintesi, lo scioglilingua sta a significare che:
Con il tuppo non ti ho avuta,
senza tuppo ti ho avuta,
ma basta che ti abbia avuta
e come ti ho avuta ti ho avuta!
Per dovere di cronaca, va evidenziato che esiste un’altra versione del medesimo scioglilingua che riporto di seguito:
DI ZITA ‘UN T’APPI;
DI MARITATA ‘UN T’APPI.
T’APPI DI VEDUVA,
MA BASTA CA T’APPI
E COMU T’APPI T’APPI.
Va precisato che la prima versione, utilizzata nel film “LA STRANEZZA” è maggiormente diffusa nel siracusano, nel ragusano e parzialmente nel catanese.
In ogni caso, è del tutto evidente che il motto, in entrambe le versioni, ha il suo fascino e funziona da scioglilingua soltanto se recitato in siciliano.
Nonostante la difficoltà legata a questa scelta linguistica (usare il vernacolo anziché l’italiano) il film ha avuto un grande successo di pubblico e di critica e ha fatto registrare, al suo debutto, nelle sale cinematografiche ben 165 mila spettatori che lo hanno preferito a film stranieri in proiezione nello stesso giorno come “Halloween ends”, un thriller americano che fa parte della saga di Halloween.
Il pubblico italiano, compreso quello giovanile, ha dunque espresso la sua preferenza per un film di casa nostra che tratta della stranezza di Luigi Pirandello nel complesso e sofferto momento creativo in cui viene elaborata un’idea nuova e si cerca il modo migliore e più originale per esprimerla e rappresentarla secondo la personale visione della realtà.
In questo caso una realtà che si muove, in modo beffardo, tra vita e finzione come una sorta di commedia nella commedia dove le persone diventano personaggi in cerca d’autore!
SANDRA VITA GUDDO
Laureata in Filosofia ha conseguito la specializzazione in Scienze Umane e l’abilitazione in Italiano e Storia e Materie Letterarie e Latino negli Istituti Superiori dove ha insegnato fino al recente pensionamento. Inserita dal MIUR di Palermo nel progetto contro la Dispersione Scolastica ha lavorato come psicopedagogista nei quartieri più a rischio della città. Da questa forte esperienza nasce il primo libro “Tacco !2”
SCRITTRICE, POETESSA, SAGGISTA E CRITICO LETTERARIO
È Autrice di RACCOLTE DI RACCONTI:
TACCO 12 STORIE DI RAGAZZE DI PERIFERIA (2014), (Premio A.S.C.U.)
CICIRI RACCONTI DI TERRA DI SICILIA (2018), (Premio Kaos)
GRAMIGNA STORIE DI GENTE DI SICILIA (2021) (Premio Internazionale Navarro)
ROMANZI:
LE GEÔLIER (2016) (Premio Levi )
NELLA TANA DEL RICCIO (inedito)
SAGGI:
L’INCONTENIBILE VERSATILITA’ ( 2017) ( Premio Internazionale Accademia Vesuviana)
“LA CIRCOLAZIONE DELLE ÉLITE “ (1973) ( Nuovi Quaderni del Meridione)
SILLOGE POETICA:
AMO IL CHIAROSCURO. (2020) (Premio Salvatore Quasimodo)
Ha curato la pubblicazione di diverse antologie per edizioni DEL RICCIO:
Scrive per importanti Cataloghi artistici a cura del gallerista FRANCESCO SCORSONE
Ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra i quali: Premio alla carriera “Maria Costa”, Premio Universo Donna da Accademia di Sicilia, Premio alla cultura-
Presidente emerita di UNIPOP e councilor di ARENA CULTURALE.
Ha condotto la rubrica radiofonica dal 2019 al 2020 “La cucina popolare siciliana tra storia e leggenda”.
Scrive per Balarm, Galileo, Il salotto degli autori, L’indipendente, Culturélite , eccetera
Conduce corsi di Scrittura Creativa ed organizza eventi.