Crollo di Firenze: non è ora di regolamentare meglio il “subappalto”?
di Pompeo Maritati
Il subappalto è una pratica che consente ad un’impresa che ha vinto una gara pubblica di affidare parte o tutto il lavoro ad un’altra impresa, di solito di dimensioni minori. Questa pratica è regolata dalla legge 136/2010, che stabilisce le condizioni e i limiti per il subappalto, al fine di garantire la qualità e la sicurezza delle opere pubbliche.
Tuttavia, il subappalto presenta anche dei rischi e delle criticità, che sono state evidenziate da diversi studi e rapporti. In particolare, il subappalto può favorire fenomeni di illegalità, corruzione e infiltrazioni mafiose. Inoltre, il subappalto può comportare una riduzione della qualità delle opere, una perdita di competenze e professionalità, una precarizzazione del lavoro e una diminuzione della sicurezza sul lavoro.
Questi problemi sono dovuti in gran parte ad una politica miope che non ha saputo controllare e regolamentare adeguatamente il fenomeno del subappalto, lasciando spazio a comportamenti opportunistici e fraudolenti. Inoltre, la politica non ha investito abbastanza nella formazione e nella qualificazione delle imprese appaltatrici e subappaltatrici, né ha incentivato la cooperazione e la trasparenza tra gli attori coinvolti.
Ritengo che sia giunto il momento di rivedere tutta la disciplina, valutando che, chi si è aggiudicato un appalto, debba avere tutte le condizioni necessarie per la sua realizzazione e che non debba fare uso del subappalto.
Il subappalto potrà essere consentito solo se, in corso d’opera la ditta vincitrice dell’appalto venga a trovarsi in condizioni, per cause impreviste, a poter proseguire i lavori.
In conclusione, il subappalto è una possibilità che può essere sfruttata in modo positivo o negativo, a seconda delle condizioni e delle regole che lo governano. Per questo, è necessario che la politica intervenga con maggiore responsabilità e visione, al fine di garantire il bene comune e lo sviluppo del Paese.