Criptovalute: i Bitcoin e la rete Blockchain di Pompeo Maritati
La nuova frontiera della democrazia globalizzata
In questo mi lavoro desidero trattare del domani, di quello che oggi rappresenta qualcosa di molto importante, un sistema innovativo, un nuovo modo di scambiarsi la moneta, che potrebbe rappresentare, in un prossimo futuro, il sistema che io definisco la “Democrazia Globalizzata” ovvero qualcosa che nel tempo possa avere un vero impatto innovativo, universalmente accettato, nel comportamento politico, sociale ed economico della nostra società.
Un sistema non più determinato e manipolato da coloro che hanno il comando delle cosiddette stanze dei bottoni, ma stabilito dalla generalità degli individui. Paradossalmente se sapremo sfruttare al meglio questi aspetti innovativi, sarà proprio la rete (il web) che contribuirà a rendere un po’ più democratica la nostra società. Detto così sembra un sogno, una utopia, ma come cercherò di chiarire meglio e dettagliatamente in seguito, spero possa rappresentare quel futuro migliore che ogni individuo auspica per se e per le future generazioni.
Sicuramente vi risulterà strano l’abbinamento o meglio l’accostamento dei Bitcoin, la nuova prima criptovaluta, con quella che parrebbe rappresentare la nuova frontiera della finanza democratica globalizzata. Nulla come la moneta virtuale in questo momento storico stimola curiosità, diffidenza, paura, desiderio e appetiti giganteschi. Non è un paradosso, né una provocazione. E’ una realtà che per motivi di diffidenza e soprattutto d’ignoranza, viene al momento sottovalutata e spesso ritenuta preoccupante se non addirittura pericolosa. La criptovaluta è stata ideata per stabilire una circolazione monetaria che consenta la movimentazione rapida e pressoché gratuita, di somme di denaro anche consistenti, senza più dover obbligatoriamente far ricorso al sistema bancario e/o finanziario. I Bitcoin hanno iniziato a far tremare il mondo della finanza e delle banche, perché si vedrebbero depauperate di quello che per esse rappresenta, oltre che un’enorme fonte di guadagno, anche un ridimensionamento del loro potere e della loro capacità di ingerirsi nella stragrande maggioranza delle decisioni di politica interna ed estera. Questa la logica dei fatti, solo che anche la grande finanza si sta attrezzando ad affrontare questo cambiamento, ricercando il modo di poterne controllare il meccanismo.
La struttura della Blockchain su cui poggia tutto il sistema operativo (solo ed esclusivamente sul web) dovrebbe oggi non consentire interferenze o ingerenze di qualsiasi tipo.
L’evoluzione repentina del web, la velocità con cui si sono interconnesse in rete le molteplici attività umane, fanno da contraltare alla lentezze della stragrande maggioranza della popolazione ad adeguarsi alle nuove tecnologie, ritenendole spesso dannose in quanto non conosciute. Se a tutto ciò ci aggiungiamo una mirata comunicazione, atta a far apparire agli occhi della gente, pericolosa quanto incerta, questa nuova modalità operativa di scambiarsi la moneta senza limiti di spazio, ci si renderà conto che il processo di integrazione delle criptovalute sarà sempre più lento, caricandolo di diffidenza.
Che la rete (il web) oggi presenta delle criticità, prestandosi, come spesso avviene ad essere violata dagli hakers, è sotto gli occhi di tutti, ma non per questo ci autorizza ad alzare i muri della diffidenza e ritenere il tutto “preoccupante e pericoloso”.
Dal 2009 la nostra “serenità” monetaria è stata turbata, messa in discussione, dall’avvio in rete dell’utilizzo delle criptovalute, ovvero monete digitali, quindi, virtuali, perché criptate dietro ad un codice. Una vera e propria moneta (quindi valuta) per acquistare beni e servizi, oltre che per convertire le valute tradizionali esistenti.
E’ nel 2009 che venne lanciata la prima criptovaluta: il Bitcoin. L’idea fu di Satoshi Nakamoto, che aveva sviluppato una sua idea già resa nota l’anno precedente. Satoshi Nakamoto è in realtà uno pseudonimo. Di costui al momento pare non se ne conosca la vera identità e le motivazioni per cui ha preferito restare nell’ombra. A onor del vero, il primo lavoro su una catena di blocchi crittografata (il sistema su cui si poggia l’utilizzo delle criptovalute) è stato descritto nel 1991 da Stuart Haber e W. Scott Stornetta.
Le criptovalute sono nate per rendere il sistema monetario decentralizzato, quindi non assoggettato a poteri centrali come i governi, le banche e gli istituti di emissione. Un linguaggio di programmazione che consente agli utenti di scrivere contratti intelligenti più sofisticati, creando fatture che si pagano quando arriva una spedizione o si condividono certificati. Il Financial Time scrisse in merito che “le tecnologie Blockchain 2.0 vanno oltre le transazioni e consentono lo scambio di valore senza potenti intermediari che agiscono come arbitri di denaro e informazioni “.
A decidere sul loro destino, sul loro andamento e sul loro valore, sono pertanto gli stessi utenti che fanno parte del sistema, in maniera democratica, pesando tutti nello stesso modo. A differenza dalle normali valute tradizionali, non esiste una banca centrale che si occupa di “stampare” il denaro e controllarne il flusso, oltre che porre in essere politiche monetarie più o meno condivise per modificarne il suo valore. Il valore della criptovaluta è determinato automaticamente dall’andamento delle transazioni di compravendita effettuata sulla stessa rete ed è univoco per tutto il pianeta.
Nessuna politica monetaria posta in essere dalle banche centrali o dai vari governi possono interferire sul suo valore, la cui determinazione, come detto prima, è stabilita a livello universale, quale conseguenza di tutte le transazioni di acquisto e di vendita effettuate in tutto il mondo. E’ questa la grande innovazione, la nuova frontiera, che se pur al momento osteggiata e da molti vilipesa, in quanto la sua idea viene accostata alla speculazione e all’insicurezza informatica, questa certamente costituirà la base per una rete informatica democratica e credibile, proprio perché aperta a tutti e che tutti ne possono controllare l’utilizzo. Le transazioni che avvengono con le criptovalute sono sicure al cento per cento.
Le criptovalute pertanto sono annoverabili quali monete digitali, non hanno una loro natura fisica, quindi non sono rappresentative di banconote di carta o monete in metallo. Tutte le transazioni avvengono online, ma stanno diventando anche mezzo di pagamento nei negozi fisici, idonee per cambiare e prelevare denaro contante, esistono già Bancomat che ne consentono la movimentazione. Le criptovalute in possesso di soggetti privati, pubblici o aziende, sono contenute in portafogli elettronici, definiti wallet. Che corrispondono ai nostri portafogli o conto correnti tradizionali.
Questa una sommaria descrizione delle criptovalute che oggi sono diventate alquanto numerose, di cui il Bitcoin ne è stata la prima, non vuol essere una esaltazione di qualcosa di innovativo, in quanto hanno anch’esse il risvolto della medaglia non positivo, in quanto presentano delle criticità, non tanto determinate dal sistema su cui poggiano, ma sul fatto che trattandosi, al momento di moneta che come si suol dire corre sul filo del web, si presta a interferenze di carattere speculativo e di truffe poste in essere da numerose piattaforme traders che ne turbano il mercato in quanto ancora scarsamente regolamentato. Le criptovalute al momento risentono dei mali atavici di un sistema incancrenito e manipolato ad uso e consumo di pochi, ma la loro forza sta proprio nell’impossibilità di essere le lobbie a poter decidere il loro futuro.
Come già detto per altri ambiti, la problematica della sicurezza operativa in materia di finanza in genere è insita nella scarsa volontà istituzionale a voler porre in essere i necessari correttivi, ovvero una normativa legale efficace a contrastare la speculazione e i reati ad essa riconducibili modificando e intervenendo soprattutto sulla regolamentazione di alcune attività, che se pur legalizzate, contribuiscono e ben si prestano a favorire turbolenze generate esclusivamente da intemperanza finanziaria e non per l’effettivo andamento economico produttivo di una determinata area territoriale o settore sia esso industriale sia commerciale.
Per comprendere meglio il sistema su cui poggiano le nuove criptovalute, è necessario approcciare alla nuova tecnologia denominata “BlockChain”.
Oggi la maggior parte delle informazioni digitali è conservata sui server[1]. A tutti questi server sono collegate diverse reti. Se il server al quale siamo connessi, e dove sono depositati tutti i nostri dati va in tilt, non possiamo operare, ovvero interagire con la rete web, quindi sino a che non torna il servizio, o meglio sia ripristinata la linea, non avremo accesso ai nostri dati.
Una blockchain è una base di dati distribuita sulla rete, non sui server, che è in grado di mantenere una crescente lista di record (conservando quindi le informazioni “sul passato”) e che è resistente ad eventuali tentativi di manomissione. Nel caso di Bitcoin e delle criptovalute similari, la blockchain memorizza blocchi di transazioni valide corredate da un marcatore temporale (timestamp) cosicché sia sempre possibile verificare la validità e l’effettivo compimento di una transazione. Ogni blocco aggiunto alla blockchain rinforza a sua volta quelli precedenti.
La blockchain, proprio per il fatto di essere un database distribuito, accessibili a tutti gli utenti della rete non influenzabile dai server, può essere scaricata da qualunque client e tutti gli aggiornamenti verranno da esso automaticamente ricevuti.
Grazie all’utilizzo della crittografia e all’impiego di chiavi private generate sul singolo client (e che lì restano), il meccanismo non è scardinabile. Anche perché ogni operazione sulla blockchain deve essere confermata dai singoli nodi. I nodi a loro volta sono computer connessi alla rete che hanno il compito di conservare e distribuire una copia aggiornata di ciascun blocco.
La catena dei blocchi, quindi, è una sorta di grande libro collaborativo e aperto a tutti e come dicevamo, un registro certo e verificabile di tutte le operazioni che si realizzano nel corso del tempo. Nel caso in cui un nodo vada perduto o smetta di funzionare, alla catena non succederà assolutamente nulla. Il resto degli anelli conservano tutte le informazioni e non vengono perse e pertanto tutte le informazioni vengono memorizzate in tutti i nodi e quando qualcosa di nuovo viene inserita nella blockchain, questa si conserva per sempre. Si tratta di un sistema resistente agli attacchi informatici e a qualsiasi problema tecnico. La particolarità che rende la Blockchain sicura è che una eventuale transazione registrata sui nodi non è più modificabile o annullabile da nessuna delle parti interessate.
Possiamo in definitiva ritenere che la BlockChain utilizzata ora per la gestione delle criptovalute è un innovativo quanto mai sicuro sistema dove poter apportare qualsiasi tipo di registrazione, avendo garantita la sicurezza sulla conservazione dei dati e soprattutto della certezza dei dati stessi, intendendo per certezza la qualità e la quantità e tipicità delle registrazione effettuata, immodificabili nel tempo.
Premessa importante per il lettore è che io non sono un informatico. Ho cercato di dedicare uno spazio temporale alquanto ampio per analizzare, capire il meccanismo su cui oggi poggiano le criptovalute. Ho interessato non pochi soggetti con documentata e riscontrata conoscenza e professionalità nel settore. Ho posto in essere tutta la mia criticità valutativa, pretendendo tutti gli approfondimenti necessari per la comprensione del caso. In linea generale mi sono convinto che al momento l’operatività posta in essere in rete, attraverso la BlockChain, sia incorruttibile, proprio perché condivisa e pertanto conosciuta da tutti senza limitazioni operative di sorta.
Come ha ben immaginato il matematico Jean-Paul Delahaye, per capire bene la BlockChain bisogna pensare a “un grande quaderno, che chiunque può liberamente e gratuitamente leggere, sul quale chiunque può scrivere, ma che è impossibile cancellare o distruggere.”
Comunque resta sempre una rete informatica che grazie alla sua totale condivisione consente controlli generalizzati completi e puntuali, ma che se non vengono risolte le problematiche etiche e legali ampiamente illustrate in tutte queste pagine, la speculazione continuerà a produrre, indisturbata, la sua costante e persistente sottomissione dell’intero sistema finanziario.
La Blockchain è un nuovo sistema per la gestione delle informazioni che permette di garantire la reale immutabilità dei dati perché in grado di garantire e certificare la storia completa di tutti i dati e di tutte le operazioni collegate a ciascuna transazione. Da ciò scaturisce la deduzione che la sua applicazione nei vari settori del pubblico e del privato potrebbero modificare il modo di gestire le informazioni riguardanti, oltre che la compravendita di ogni cosa e servizio, anche la gestione di tutto l’apparato pubblico, dando a quest’ultimo quella necessaria trasparenza sulla quale oggi si hanno molti dubbi in merito. Il tutto potrebbe essere a disposizione di tutti e la conoscenza della certezza dei fatti innescherebbe inoppugnabilmente un comportamento più etico, non solo dettato dalla capacità culturale insita negli individui, bensì dal più grande elemento deterrente: la trasparenza. La certezza inequivocabile, immutabile che di ciò che è stato posto in essere è immediatamente a disposizione di tutti senza possibilità alcuna di bloccarne la veicolazione. Pare chiaro che un sistema in cui tutto è a disposizione di tutti potrebbe rappresentare un migliore approccio a quelle forme di vera democrazia consapevolmente partecipata.
Probabilmente siamo ancora molto lontani dal vedere realizzata una vera forma di democrazia globalizzata e soprattutto partecipata, ma il sistema delle Blockchain oggi rappresenta una speranza per un futuro migliore.
[1] I Server sono computer di elevate prestazioni che in una rete forniscono un servizio agli altri elaboratori collegati, detti client.
Fonte: dal libro di Pompeo Maritati “Il potere della finanza e la sua autonomia morale.