Costanze e incostanze della Storia : l’Italia meridionale dai Greci ai Romani d’Oriente
di Gennaro Tedesco
La mia terra d’origine, la Magna Graecia, è stata spesso e volentieri sottoposta a poderose sollecitazioni e stimolazioni storiche provenienti dall’esterno. Tali onde d’urto sismiche e sistemiche hanno spesso modificato e trasformato le caratteristiche del paesaggio inteso non solo in senso geografico. Le spinte e le controspinte provenienti dall’intrusione di civiltà ‘estranee’ a contatto tra di loro nelle forme dell’incontro e dello scontro hanno agito non solo all’interno delle società italo-meridionali, ma anche nelle riconfigurazioni e riallocazioni geo-strategiche e, se si vuole, anche sulle sottilissime faglie culturali e antropologiche.
La penisola italiana, ad esempio, prima della colonizzazione greca, era fortemente ancorata, a parte la presenza etrusca e cartaginese, a un suo baricentro territoriale e continentale. Fu soprattutto, anche se non esclusivamente, l’arrivo dei Greci da Oriente a scardinare un sistema geo-politico non ancora maturato verso precise, durature e stabili collocazioni strategiche.
I Greci non solo incardinarono lentamente la penisola all’interno del quadro di riferimento della polis, sconvolgendone gli stessi assetti sociali e antropologici , ma ne orientarono anche il riposizionamento geo-politico in direzione di una centralità mediterranea in interazione sempre più costante e dinamica con l’Oriente .
Il processo di ellenizzazione dell’Italia peninsulare e insulare fu accresciuto dalle necessità dei Greci di risorse alimentari, di mercati di interscambio commerciale e di riallocazioni strategiche al fine di riconfigurare e consolidare un loro sempre più necessario radicamento al centro del Mediterraneo.
Uno dei primi tentativi di perseguire e rafforzare tale approccio geo-politico fu progettato e organizzato dai Greci di Sicilia, che barcamenandosi tra utopie e realtà pitagoriche e platoniche, cercarono di portare avanti politiche espansionistiche volte al ridimensionamento della presenza etrusca e cartaginese nel Mediterraneo centrale .L’obbiettivo di un Regno ellenico del Sud non fu raggiunto, anche per le oggettive e quasi insormontabili difficoltà e ostilità, ma almeno furono evidenziate e consolidate alcune tendenze evolutive e strategiche utili nel futuro per eventuali e possibili ritorni offensivi.
Anche se i Romani successivamente bloccarono definitivamente tali progetti ellenici , il pendolo geo-strategico e storico ormai era ineluttabilmente rivolto al ribaltamento delle logiche strategiche continentali e territoriali degli stessi Romani.
Prima , durante e dopo il definitivo insediamento romano nella penisola italica calamitazioni e pulsioni mediterranee divennero la bussola della politica romana che da Pirro alle guerre cartaginesi non fece altro che riprodurre e replicare lo schema geo-strategico imposto dai Greci al corso degli avvenimenti italici. Senza dimenticare che, nel frattempo, si era andato sempre più approfondendo all’interno del nostro contesto peninsulare e insulare il solco della penetrazione greca con un processo di intensa e radicale ellenizzazione della popolazione.
Guerre puniche ed espansionismo micro-asiatico e medio-orientale dei Romani confermarono , ampliarono e approfondirono la politica mediterranea dei Romani, imposta ed ereditata dai Greci della Magna Graecia.
Malgrado la dissoluzione e la disgregazione dell’Impero romano e le successive invasioni barbariche, il profilo, le caratteristiche della Magna Graecia continuarono a mostrare e a consolidare i tratti ellenici. Durante il Medioevo e per lo meno fino all’XI secolo, malgrado intrusioni longobarde, franche, arabe e normanne, la grecità del Sud non solo conservò la sua lingua, il greco, il suo rito religioso, quello greco-ortodosso, le sue tradizioni e istituzioni romano-orientali, ma sperimentò e aggiornò le sue strutture economiche e amministrative all’ombra possente del Basileus costantinopolitano.
Le prerogative della piccola e media proprietà contadina di origine greco-romana ebbero un ritorno di fiamma e furono adeguatamente preservate da un potere attento e consapevole dell’intima interconnessione tra salvaguardia della cellula sociale ed economica di base costituita dalla libera proprietà contadina, coesione sociale, consenso politico e stabilità, conservazione ed espansione territoriale marittima di confini e sfere d’influenza “ magno-greche ” e mediterranee.
Più volte gli strateghi bizantini, lasciati spesso a gestire in modo autonomo, in assenza di risorse adeguate, politiche volte a contrastare piani, alleanze e coalizioni dei nemici nei temi peninsulari e insulari dell’Italia bizantina, trascinati da inevitabili ed ineluttabili eredità storiche e da congenite e oggettive tendenze geo-strategiche dallo scrivente configurate, illustrate ed evidenziate, si lasciarono coinvolgere e invischiare nel tentativo di costruzione e costituzione di un Regno neo-greco del Sud.
Certo non sempre tali tentativi furono del tutto scevri da consistenti aiuti dei nemici dell’Impero romano-orientale, ma, comunque, pur nei loro sistematici e non prevedibili fallimenti, essi riprendevano e riconfermavano caratteristiche linee evolutive di una politica tendenzialmente “nazionale” e mediterranea dove l’elemento ellenico e neo-ellenico continuava a giocare un ruolo fondamentale e strategico.