Circolo Culturale D’Annunzio: Prima Vera – Raccolta di versi in versi
di Paolo Vincenti
Una antologia poetica inaugura l’attività letteraria del Circolo Culturale “G. D’Annunzio” di Casarano. Onore al merito della Presidente e del consiglio direttivo che in vario modo hanno continuato e continuano ad operare cultura in tempi tristi come quelli che stiamo vivendo. Una silloge, dunque, un florilegio, una somma di poeti e poetesse che, diversi per formazione e professione, stile e sensibilità, sono accomunati dalla medesima propensione. Essi, tutti, hanno deciso di accordare la propria lira a quella del dio Apollo, auspice e protettore della poesia, rendendo omaggio all’arte antica e sempre nuova della poesia; e ciò, al di là di ogni intenzione programmatica, fuori da qualsiasi manifesto estetico, ché qui, lungi da un mero spontaneismo, è l’ispirazione a governare il canto e a muovere la penna, l’afflato, al quale questi autori si consegnano toto corde. “Poesia istintuale”, potremmo definirla, prendendo a prestito una definizione utilizzata dal critico letterario Luca Canali, esprimente cioè “un irrefrenabile desiderio di comunicazione”, forse compresso nella vita di tutti i giorni. Si tratta di diciassette autori, una poesia per ognuno.
La prima prova poetica è di Anna Maria Bianco, giovane studentessa originaria di Melissano, la quale “ama guardare, osservare, creare e scrive prevalentemente poesie che rappresentano per lei piccoli pezzi di storie che devo lasciare andare”. Così dice lei stessa in limine alla sua poesia, “Scriverei una lettera”. La seconda autrice presente nel volume è Anna Pia Merico che, originaria di Taranto, vive a Gallipoli.
Sono probabilmente le due città di mare, quella d’origine e quella d’elezione, ad ispirarle accorati versi che germinano dall’amore per la vita, per l’arte e per la sua terra, come la stessa scrive in una breve scheda di presentazione. Significativa è la sua poesia, nella quale chiede ad un liutaio di accordare i sogni. Un profilo variegato ed una robusta formazione professionale portano Antonella Screti, psicopedagogista, trainer in tecniche per il benessere e comunicazione ecologicamentecorretta, a scrivere versi densi di valenze sociali, umane, antropologiche, come questi in cui celebra idealmente il matrimonio fra Oriente ed Occidente, prima che un destino incombente ponga fine al mondo come noi lo conosciamo. La Screti ha già pubblicato volumi quali Calze a rete e maliziosi sorrisi (Ed. Oistros), Storia di Raidha e la chiesetta (Musicaos Ed.), Dipingendo e narrando Otranto (all’interno della Collana “Lungo la costa di questo nostro mare”).
Erina Pedaci, la quarta autrice ospite del volume, è laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne ed è docente di Lingua inglese. Ha pubblicato altri due libri di filastrocche: Non solo filastrocche (2015) e Tanti grilli per la testa (2018). Per l’Associazione Fidapa BPW-Italy di cui fa parte, ha pubblicato nel 2019 un opuscolo per la Campagna HE FOR SHE sulla parità di genere, dal titolo Io, mamma e papà, insieme per la parità.
Nella sua poesia si rivolge alla luna, un tema che ha ispirato i poeti fin dagli albori della letteratura. Basti pensare, solo per rimanere al Novecento, al Dino Campana dei Canti Orfici (“La notte”),alQuasimodo di Terra (“Notte, serene ombre, culla d’aria) o di Ed è subito sera, al Pascoli del Gelsomino notturno (“E s’aprono i fiori notturni, nell’ora che penso ai miei cari), alla notte del Carducci in A Virgilio (“Come quando su’ campi arsi la pia Luna imminente il gelo estivo infonde”), o anche alla bellissima Rapsodia su una notte di vento di T. S. Eliot, ecc.
Non nuova all’esperienza poetica è Fernanda Quarta Marzano, che scrive da sempre ed ha già ricevuto notevoli apprezzamenti e riconoscimenti per le sue poesie raccolte in sillogi, qualiGabbiani azzurri, Mescia Nina, O riti o fusci, Petali di gerani, Terra Noscia, Raccontini, Sorrisi di bimbi, La storia di Puccio primario, Storielline curiose, ecc. Evocativa la poesia che qui presenta, nella quale il sorriso diventa un porto quiete nella tempesta che squassa la festa della natura, ed il sorriso è quello di mamma passera che mette al sicuro i propri piccoli in un caldo nido mentre la bufera può anche continuare. Forte di una robusta formazione culturale è ancheGiuseppe Giovanni Orsi, di Poggiardo,insegnante di Materie letterarie e socio fondatore del Nuovo centro Studi Utopici dell’Università del Salento, nonché presidente dell’Associazione Culturale AION con sede a Santa Cesarea Terme.
Orsi, che ha già all’attivo svariate pubblicazioni, anche di carattere socio pedagogico, qui propone“Fronde di sguardi”, una poesia dall’atmosfera vagamente sognante che trova la sua espressione più felice in quelle “dita” che “arpeggiano al telaio la coperta del tuo domani”. Laura Rotella, originaria di Collepasso, scrive poesie, o meglio “pensieri, esplorazioni dell’anima su un foglio bianco”, come lei le definisce, da sempre, e molte di queste sono state selezionate e pubblicate sulla rivista online “Osservatorio Poetico Salentino”. Una delle più intense, la sua poesia senza titolo, ha come tema il paesaggio del Sud, con al centro quel portato magico-folklorico-antropologico che è il tarantismo e intorno la bellezza aspra e selvaggia delle nostre contrade. Luigina Parisi, autrice già nota al pubblico salentino, coltiva la scrittura, sia poetica che narrativa, fin dall’adolescenza, ed ha partecipato a diversi concorsi letterali. Nel 2019 ha pubblicato la raccolta di racconti Malurmia (VJ Edizioni) e il romanzo Un abbraccio sospeso (Musicaos Editore). “Ritagli di cielo” sono i protagonisti dei suoi raffinati versi. Marco Giorgio Reho, che, nato a Gagliano del Capo, vive a Matino e di professione fa l’idraulico, ci lascia, lui salentino, l’immagine di una aurora boreale che è uno spettacolo atmosferico certo molto raro alle nostre latitudini, ma si sa che il potere della fantasia può far viaggiare i poeti nel tempo e nello spazio, senza limitazioni di sorta. Maria Consiglia Mercuri, gallipolina,docente di materie giuridiche, confessa un grande mai rinnegato amore per la poesia, con una rilevante attenzione per le parole che ne compongono la trama: “Quando parlerò di te, saprai le parole mai dette. Il silenzio avrà voce, il pensiero sarà vento, i miei occhi cristalli di luce”, scrive. Anche Maria D’Albenzio, campana d’origine e salentina d’adozione, non è nuova sul palcoscenico letterario, essendo avvezza all’esercizio della scrittura, ch’ella esplica in recensioni per artisti e poeti e in pubblicazioni varie. Come per tutti noi, a muoverla sono le “passioni”, che danno anche il titolo alla poesia che qui propone.
La giovanissima Martina Fiorentino, parabitana,ama la scrittura e la lettura ed esprime la propria creatività in pregevoli versi come quelli che compongono questa poesia, nella quale è presente una Mafior, suo alter ego letterario, messaggera del suo bisogno comunicativo, ch’è forse quello della generazione dei post millennials, la sua, denominata “zeta” dai sociologi. Patrizia Carlino presenta la bellissima “I luoghi del cuore”. Coltivatrice diretta di professione, è poetessa e pittrice autodidatta. “Scrivere per me”, afferma, “è una necessità che mi fa sentire maggiormente legata a ricordi e ad affetti che ormai non ci sono più e che col tempo potrebbero svanire del tutto e a tematiche universali che mi sono particolarmente a cuore”. Quello di Pina Petracca è un nome noto agli amanti della poesia. Ella è autrice di sillogi poetiche, quali Inno alla vita (Liber Ars- Lecce), del 1999, L’Antidoto (Carra Editrice) del 2007, Il senso dell’incanto (Libellula Edizioni), del 2013, che contiene sue poesie ispirate dai dipinti della pittrice Laura Petracca, e poi Solitudini a Sud della tua luce (Esperidi Edizioni), del 2017. Le sue poesie sono inserite in diverse antologie e riviste letterarie. Una raffinatissima penna, come conferma il testo qui presente, “Dio aveva i piedi di mio padre”, da leggere d’un fiato e da meditare in un tempo lungo. La poetessa Tonia Romano dice di avere una “forte sensibilità verso tematiche sociali importanti”.
Ha partecipato a moltissimi concorsi letterari riportandone premi e riconoscimenti. “Rivestita di foglie e cespugli”, scrive nella sua poesia, “un senso di pace accoglie l’immenso”. La casaranese Valeria Pacella, laureata in Archeologia presso l’Università degli Studi di Lecce, ha collaborato negli anni con varie associazioni attente alla cura della formazione dei più piccoli. Scrive e compone per diletto, coltivando la passione per l’arte, la letteratura e la musica. Protagonista della sua poesia è l’alba, celebrata in versi dai più grandi poeti (pensiamo all’“aurora ditirosata”, di cui parla già Omero e che diventa un topos della letteratura greca e latina) che qui sorride mentre si allontana, “lasciando un dolce calore che mantiene calda la terra promessa di una nuova speranza”. Anche Maria Campeggio, di Parabita, maturità magistrale, Laurea in Pianoforte presso il Conservatorio “T. Schipa” di Lecce e Laurea in Didattica della Musica, è poetessa di lungo corso. Ha partecipato a vari reading letterari ed ha pubblicato nel 2014 il libro La rosa di Gerico (Il Laboratorio Ed.). Versi aerei, i suoi, eterei, come quella luna, custode dei ricordi bambini, protagonista della sua delicata lirica “Al tramonto”.
La forma lessicale di questi componimenti si presenta molto accessibile. Invero, la semplicità espressiva nasconde la ricchezza interiore, un giacimento di risorse, pensieri, emozioni, aspirazioni, di cui sono portatori questi poeti i quali non cercano il rimbombo, la grancassa, gli esperimenti verbo visivi e gli effetti speciali di altre stagioni poetiche e letterarie, ma si offrono così, con le loro prove versificatorie, senza orpelli né finzioni, sospesi fra antico e moderno, fra il farsi della poesia e il viverla. Non omnes arbusta iuvant humilesque Myricae, cioè “non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici”, scrive il grande Virgilio nel IV Libro delle Bucoliche, scolpendo in questi versi quello che diverrà quasi il manifesto della poesia semplice, dimessa, tanto che vennero ripresi da Giovanni Pascoli in epigrafe a molte sue opere, prima fra tutte quella che da essi traeva il titolo, ovvero Myricae. Anche della raccolta che qui si presenta non sono protagonisti “poeti laureati”, come li definì Eugenio Montale ne I limoni. I nostri autori sono cantori di un tempo fatto di strade e paesaggi, suoni e colori, situazioni e quadri di vita; purtuttavia, per tornare Montale, è bello lasciarsi richiamare da quel cortile semiaperto e dal giallo vivido dei suoi limoni, è uno struggimento necessario, anzi, è proprio “la nostra parte di ricchezza”.