Cinque liriche tratte dal Poemetto: “Memorie di Sicilia”
di Vincenzo Fiaschitello
Memorie di Sicilia
Se un giorno non lontano ormai
saprò dimenticarti, mia terra,
che porti il divino segno
di perfetta geometria euclidea,
sarà perché i miei occhi
ostinatamente languiranno
nel magma nebuloso di una notte
senza risveglio. Pure quando
ancor recente avrò dismesso
il tuo ricordo, con me saranno
nell’onirico sogno i mille volti
amati che a uno a uno
hai esiliato dal tuo orizzonte.
Siderea infanzia che fulmini nel cuore
Siderea infanzia che fulmini nel cuore
disfatto dal tempo più non ti ravviso,
immagine serenamente inquieta
di un perduto mondo.
Quando tra siepi di rovo tutto di me
giacerà, inaridita e assopita carne,
allora tu, mia anima, senza nido resterai.
Andrai forse ancora in cerca di un altrove
senza me? Come farai se occhi non hai più,
se braccia esangui non potranno stringere
che ombre, se non hai gambe che si stacchino
dall’oscurità e t’inoltrino nei luoghi dove
brilla il sole e il male è privo d’ali?
Vento che rapido batti alle porte
Vento che rapido batti alle porte
del convento del Carmelo,
se qualcuno t’apre visita
quell’angolo dove preghiere
di noi ragazzi si elevavano al cielo
fuggiti appena all’avvento furioso
del plumbeo nembo. Tracce
di te lasciavano le tue trecce
profumate saltellanti sulle rosee spalle,
di luce si irraggiavano i miei occhi
avidamente cercandoti.
Ora che lenti e incerti sono i giorni
tra le ombre dei cipressi si nasconde
il tuo volto, non più gemmato
da sorrisi che fiorirono nella lontana
primavera, crudelmente avvizzito
e velato d’ingannevole eternità.
Si consumava di nostalgia
Si consumava di nostalgia
e bellezza occulta dietro la finestra
quel sorriso strappato al cuore
della tua bocca. Lungo catene
di ore inarrestabili e brevi,
la mia vita si è sciolta in fumo
da fuochi di egoismi e di silenzi.
Te ne stai, luna, quietamente appesa
con la tua pallida luce notturna
sui davanzali e sulle porte delle case
di un paese che pareva di sogno.
Un’anziana donna sgranava il rosario,
trascinandosi dietro un coro di voci
femminili che mulinavano croci
nell’aria tiepida di maggio.
Nelle brevi pause una ragazza
apriva pensieri d’amore.
Vendicari
Lanciavano gridi gli ultimi
uccelli che lasciavano Vendicari
per il salto verso l’Africa.
In cuore il giorno mi batteva
aderente all’intrico di pensieri
che mi portavano nel dove lontano
e ignoto, trasvolando cieli
di là da suoni e indulgenti voci
familiari. Lenti scorrevano
i colori del sole accesi nella luce,
sfuggenti nella cenere della sera;
attorno, i monti si vestivano di viola
e al pastore tremava in gola il suono
triste del marranzano.