Cent’anni oltre il sogno. Ed il volo continua
di Piergiorgio Farina
C’è un fiore che più di altri ci parla di estati calde e mediterranee: E’ l’oleandro.
I profumi, lo sappiamo, sanno richiamare istantaneamente alla memoria vita vissuta meglio e più di una fotografia.
L’insieme di queste cose, per me, sa di infanzia.
Ma non “perduta” perché essa sapeva di ciò che fu dopo.
Da bambino l’estate significava libertà di correre, di stare nella natura e sentirne la bellezza. Ma voleva anche dire vedere cose che mi affascinavano particolarmente.
Quando, in inverno, sentivo il rombo avvicinarsi, mi era più difficile andare a scorgerli. Dal banchetto di scuola – che allora era rigorosamente biposto- il massimo che potevo fare era dire al mio compagno : “senti? … sta arrivando!”. Riuscivo a sentire il rombo dei “gialli” addestratori ad elica anche prima che fosse mediamente udibile. Grottaglie era la base che ospitava sia la Scuola Istruttori (SCIV) che il Soccorso Aereo (SAR).
In estate, insomma, potevo starmene più col naso all’insù, e al minimo rombo correvo fuori dalla casetta di vacanza in campagna poco fuori il paese. Come una saetta mi fiondavo nel giardino o sul tetto; spesso salivo su un albero di fico da cui riuscivo a scorgere anche il passare tra le fronde del trenino per Martina Franca, più in là oltre la strada, sul filo dell’orizzonte, circondato dal profumo di oleandri.
E che dire poi di quel battito d’ali possente, quanto cupo ed amico. Dell’elicottero fatto di tralicci argentati e cabina di vetro, immaginavo anche la quota a cui arrivava, con il suo motore ancora a pistoni. Quante volte ho salutato e chissà, qualche volta qualcuno avrà visto quelle braccine agitarsi.
Cosa avrei potuto fare da grande se non il pilota?
E invece no. Mia madre ne sarebbe morta, di paura; ma non lo sapevo ancora, e così sognavo e mi illudevo, un giorno, di poter cavalcare anch’io due ali lucenti. Anche perché il rapimento massimo, quello che mi faceva battere più forte il cuore, era quando il capitano veniva a salutare la sua bella che abitava alla periferia del paese, Crispiano, a due passi da me. E quello era un jet! Caspita che passaggi radenti! Ogni volta speravo che scendesse più giù. Che picchiate!
Allora era concesso volare così bassi ma più avanti, molti anni dopo, non lo fu più e, ironia della sorte, toccò proprio a me, controllare che ciò non accadesse mai, “deconflittando” la sicurezza dei voli addestrativi dal cuore di una montagna: la sala operativa del 3’ ROC di Martina Franca.
Nella vita dunque, non ho potuto pilotare per mestiere, ma ho servito chi l’ho ha fatto, perché nella prima parte del mio cammino sono stato controllore del traffico aereo. Poi ho svolto molti altri incarichi e ho servito l’ideale di pace tra le genti anche in Kosovo e in Afghanistan. Lì il “jet noise” doveva essere solo, e finalmente: “the sound of freedom”.
A Herat c’era una sola nuvola di notte: la Via Lattea; era facile immaginare ciò che va più in alto e che vola più veloce, i nostri astronauti, più degli altri, lo stavano facendo, per tutti. È possibile vederla passare, e attraversare il buio: è un puntino bianco la ISS, una terra comune dove le ideologie non valgono più.
Tirando le somme, e più vicino ormai ad un atterraggio che al decollo, posso solo essere grato a chi mi ha dato la possibilità di farmi andare anche oltre i miei sogni. Ho conosciuto sfide, incontrato persone, e divenendone responsabile, ho costruito relazioni, rispetto, e realtà tangibili, oltre gli ostacoli.
Oggi, quando giunge una nuova estate, mi
basta sentire il profumo di oleandro per rivivere quei momenti in cui correvo per cercare le ali dietro il rombo dei motori.
E il naso all’insù? Quello c’è sempre. Ma ho imparato a scrutare ben oltre le nuvole e pensare a ciò che può esserci tra le stelle, che tutti inconsapevolmente cerchiamo, o che per distrazione ignoriamo, o non vediamo ancora.
Che strano, ma proprio in tempi così bui, ripiegati su noi stessi, tutti avremmo bisogno di tirare su il naso e provare… sforzarci di “sentire” la grandezza incommensurabile, inimmaginabile, di tutto ciò che va oltre la punta dei nostri capelli. Pensare che sopra di essi non c’è confine. Le barriere sono davanti, nell’orizzonte che accorciamo.
William Shakespeare
Fece dire al suo Amleto : “ci sono più cose tra cielo e terra di quante tu possa immaginarne… “. Dobbiamo esserne certi perché può davvero supportarci nelle nebbie di questa nostra “irreale” e spesso oscura realtà.
L’oleandro… profuma, anche di notte. E anzi…di più. E il sogno continua.
I “miei” 100 anni di Arma Azzurra
Col (r) Pier Giorgio Farina