Caro alle muse: Luigi Marti da Ruffano a Pallanza
di Paolo Vincenti
Il poeta salentino Luigi Marti nasce nel 1855 a Ruffano da Pietro ed Elena Manno. La sua era una famiglia della media borghesia delle professioni ma tuttavia indigente a causa dell’alto numero dei suoi componenti. Dovevano infatti pesare non poco sul magro bilancio famigliare quindici figli, come apprendiamo da alcune memorie inedite di Pietro Marti (1863-1933)[1], l’ultimo e il più noto dei suoi fratelli. Pietro infatti fu storico e giornalista, fondò e diresse molte riviste letterarie, ad alcune delle quali collaborò lo stesso Luigi. Esperto di arte e di archeologia, fu Direttore della Biblioteca Provinciale “Bernardini” di Lecce e nonno del famoso poeta Vittorio Bodini[2].
Altri fratelli furono: Donato, il primogenito, Giuseppe, Francesco Antonio, nato nel 1856, Maria Domenica Addolorata, nel 1858, Caterina, Raffaele, nato nel 1859, Pietro Efrem (che morì dopo 3 mesi) nel 1861. La loro fu una famiglia di letterati, a partire da Giuseppe, per il quale Pietro Marti, nelle sue memorie, ha parole di grande lusinga ed ammirazione, sebbene le condizioni di estrema povertà impedirono anche a lui di spiccare il volo verso la gloria artistica[3].
Luigi trascorre gli anni della fanciullezza a Ruffano proprio sotto la guida del fratello maggiore Giuseppe, che però scompare prematuramente. A lui il poeta era molto legato, tanto da dedicargli la sua opera Un eco dal Villaggio.
Dopo lo smembramento della famiglia (Pietro e Raffaele, per esempio, vennero condotti a Lecce in un orfanotrofio), Luigi, insieme ad Antonio ed altri fratelli, si trasferisce a Maglie per gli studi ginnasiali, presso il Liceo Capece, e poi a Lecce, presso il Liceo Palmieri, nel cui Convitto entra con la qualifica di “Prefetto di Camerata”[4], dove consegue il titolo di Dottore in Lettere. Oltre all’amore per la storia e lo scavo erudito, ha una notevole inclinazione per le arti visive, in particolare per il disegno, che però non estrinseca se non in bozzetti che restano manoscritti e nelle illustrazioni di alcune sue opere, arabescate da ornati e volute e piccoli quadrettini.
L’amore per il disegno però si riflette nelle sue composizioni poetiche e nei romanzi, in cui si avverte una potenza espressiva che ha la stessa forza del colore sulle tavole pittoriche, specie nelle descrizioni paesaggistiche e degli spettacoli della natura, come dalla critica del tempo gli viene unanimemente riconosciuto. I suoi principali referenti letterari sono il Foscolo e il Carducci.
Maestro elementare a Lecce, con i fratelli Pietro e Raffaele fonda nel capoluogo nel 1884 una scuola privata, che era uno dei due ginnasi privati leccesi insieme a quello del Collegio Argento[5].
Nel 1880 pubblica una delle sue opere più apprezzate e conosciute: Un eco dal villaggio[6]. Quest’opera viene positivamente recensita dallo Stampacchia, da Nicola Bortone, ecc. “In quei versi freme l’animo e l’ingegno di un giovane, che sente profondamente gli affanni del proletariato, e li rende in una forma, alcune volte, rude, ma sempre efficace e solenne”, scrive “La Direzione” (probabilmente il fratello Pietro Marti) nelle note biografiche del libro Il Salento[7].
L’opera è dedicata “alla memoria di mio fratello Giuseppe morto giovanissimo vissuto abbastanza per conoscere e patire”. Raccoglie poesie di alto impegno civile, in cui l’autore affronta temi come le raccomandazioni, i debiti contratti con gli usurai (“L’obbligazione”), la prostituzione minorile, le sperequazioni della giustizia che si dimostra debole con i forti e forte con i deboli (“Ladro di campagna”), il riposo del contadino (“Il villano”). Nell’Introduzione, “A chi legge”, scritta dallo stesso autore, Marti fornisce dei cenni esegetici della propria poesia, alla quale è dedicata la liminare lirica della raccolta (“Alla Poesia”).
È anche un apprezzato giornalista ed assidua è la sua collaborazione ai giornali diretti dal fratello Pietro Marti; in particolare la sua firma compare spesso su “La Voce del Salento”, insieme a quella dell’altro fratello, Raffaele, storico e scienziato, col quale condivide gli interessi eruditi[8]. La musa della poesia invece lo accomuna al fratello Antonio, autore di pregevoli opere liriche[9]. Nel1889, pubblica La Verde Apulia[10]. Nella raccolta, che si compagina di dodici sonetti, insieme ai versi, sono presenti molte note archeologiche, geografiche e storiche, sui luoghi che via via i componimenti toccano, e inoltre disegni illustrativi di mano dello stesso autore, sicché questo libro può essere considerato una summa del talento e delle conoscenze del Nostro.
Canta di Leuca e del suo Faro, di Otranto, “Niobe delle città marittime”, di Maglie, dove erano sepolti un fratello ed il padre, di Lecce, “l’Atene delle Puglie”, di Brindisi, con le sue vestigia romane e il suo porto a testa di cervo, di Taranto, di Gallipoli, “molle Sirena’ del mar Jonio”, dei grandi personaggi che hanno illustrato il Salento, come il Galateo, Liborio Romano, Giuseppe Pisanelli. Sono versi che dai critici vengono accostati al Byron e al Foscolo per la loro vigoria ed icasticità.
Nel 1889 pubblica un’altra raccolta poetica, intitolata Liriche[11]. Nella prima pagina è riportato il titolo della Prima sezione, ovvero Odi (Strofe libere), con alcuni versi in epigrafe tratti dalle “Egloghe”(IV) di Virgilio: paulo maiora canamus. Si tratta di componimenti di carattere civile, dall’intonazione sostenuta, che si rivolgono ai principali protagonisti della scena pubblica italiana dell’epoca, a cominciare da Umberto I di Savoia, cui è dedicata l’esordiale lirica, occasionata dall’epidemia di colera che si verificò nel 1884, passando per Victor Hugò (“Nel giorno della sua morte”), Garibaldi (in “Monumento a Caprera. Visione”), e Giosuè Carducci, cui è dedicata “Per i caduti in Africa”.
Seguono liriche di argomento salentino, dedicate a Castro, ai Martiri di Otranto, et alia. Si apre poi la seconda sezione, Sonetti, fra i cui versi compaiono ancora personaggi di spicco dell’Italia postrisorgimentale, come Garibaldi, Giuseppe Libertini, Giovanni Prati, ma anche personaggi ai quali l’autore si sente evidentemente consentaneo, come Giulio Cesare Vanini, che omaggia con due poesie, Antonio De Ferrariis Galateo, Liborio Romano e Giuseppe Pisanelli.
Accanto alle opere poetiche, produce opere di erudizione varia su disparati argomenti, come Ricordi delle conferenze del R. Provveditore agli Studi Francesco Bruni sulla Ginnastica Educativa, stampata a Lanciano, presso Rocco Carraba, nel 1881, in cui riprende le conferenze tenute dal Provveditore agli Studi della Provincia di Lecce Bruni, che in apertura di libro gli scrive una lettera gratulatoria.
Fra le altre opere: Umberto I di Savoia, che è una lunga lirica al Sovrano (nella copia conservata presso la Biblioteca Provinciale di Lecce, sulla prima pagina è scritta una dedica, di mano dell’autore: “Al chiarissimo Dottore Gaetano Tanzarella per stima ed affetto”)[12]; e poi ancora A Vittor Hugò[13], L’Africa a Giosuè Carducci[14], Manfredi nella Storia e nella Commedia dell’Alighieri,[15]Umberto I e la Verde Apulia[16], Manfredi nella Divina Commedia: Conferenza[17], Bonaparte e la Francia: nella mente e nelle opere di Ugo Foscolo[18]. Per motivi di insegnamento da Lecce si trasferisce a Pallanza, in provincia di Novara, dove si sposa e comunque non interrompe la sua attività letteraria.
Nel 1891 esce Un secolo di patriottismo[19]. Nel 1896 è la volta di Il Salento. Poemetto lirico[20]. Questa sua fatica letteraria è pubblicata nella collana “Il Salotto Biblioteca tascabile”, edita da Salvatore Mazzolino e diretta da Pietro Marti, il quale in Appendice scrive delle Annotazioni in cui commenta i vari sonetti con approfondimenti storici e cenni di critica letteraria. Si tratta di un excursus storico sull’antico Salento, scritto in versi: l’autore tocca le città di Lecce, Brindisi, Taranto, Otranto, evocando le antiche vestigia e la gloriosa storia di queste città, e non mancano riferimenti a personaggi illustri del passato quali Vanini, Liborio Romano e Galateo.
Nel 1902 pubblica il poema Dalle valli alle vette Cantiche[21]. La copia conservata presso la Biblioteca Provinciale di Lecce, reca sull’antiporta una dedica autografa dell’autore a Cosimo De Giorgi, mentre la dedica a stampa recita: “A te che mi aleggi d’ intorno”. In epigrafe, subito dopo la dedica, è scritto: “Ho cercato alla profonda quiete delle valli, alla pura sublimità de le vette, il vigore necessario a spogliarmi delle vecchie consuetudini ed aprir l’anima a la nuova fede. Nelle Cantiche che pubblico, si riflette, con le impressioni della natura e della vita, il divenire della mia coscienza”.
E la raccolta infatti si apre con “La mia arte”, quasi manifesto programmatico della poetica dell’autore. Il poema è diviso in sezioni: Valle Ossola, Valle Anzasca, Pestarena, Macugnaga, Ascensione, Tra i ghiacci, Valle del Mastellone, Riti e costumi, Valle Canobina, Emigrazioni, Valle Diveria, Ancora in alto, Inno alla natura, per un totale di 68 liriche.
Altre opere creative sono: Conflitto d’anime (Romanzo) e Verso Roma (Nuove cantiche), sulle quali non abbiamo ottenuto ancora riscontri. Inoltre scrive Orazioni, Discorsi, articoli, pubblicati in riviste e volumi miscellanei.
Da Pallanza, per motivi di lavoro, si trasferisce a Salerno, dove muore prematuramente all’età di 56 anni[22]. Questo, appena tracciato, è solo un primo profilo bio-bibliografico del poeta di origine ruffanese, in attesa di ulteriori doverosi approfondimenti.
PAOLO VINCENTI
[1] Alfredo Calabrese, Le memorie di Pietro Marti, in “Lu lampiune” n.1 Lecce, Grifo, 1992, pp. 27-34.
[2] Sulla figura dell’erudito Pietro Marti (1863-1933) esiste una cospicua bibliografia. Tra gli altri: Carlo Villani, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Trani, Vallecchi, 1904, p. 578 (nuova edizione Napoli, Morano, 1920, pp. 137-138); Domenico Giusto, Dizionario bio-bibliografico degli scrittori pugliesi (dalla Rivoluzione Francese alla rivoluzione fascista), Bari, Società Editrice Tipografica, 1929, pp. 187-188; Aldo de Bernart, Nel I centenario della nascita di Pietro Marti, in “La Zagaglia”, Lecce, n. 21, 1964, pp. 63-64; Pasquale Sorrenti, Repertorio bibliografico degli scrittori pugliesi contemporanei, Bari, Savarese, 1976, pp. 375-376; Ermanno Inguscio, La civica amministrazione di Ruffano (1861-1999). Profilo storico, Galatina, Congedo, 1999, pp. 174-175; Paolo Vincenti, Pietro Marti da Ruffano, in “NuovAlba”, dicembre 2005, Parabita, 2005, pp. 17-18; Aldo de Bernart, In margine alla figura di Pietro Marti, in “NuovAlba”, aprile 2006, Parabita, 2006, p.15; Ermanno Inguscio, Vanini nel pensiero di Pietro Marti, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie, n. XX, Lecce, Argo, 2009, pp.137-148; Idem, Pietro Marti direttore di giornali, in “Terra di Leuca. Rivista bimensile d’informazione, storia, cultura e politica”, Tricase, Iride Edizioni, a. VII, n. 39, 2010, p. 6; Idem, L’attività giornalistica di Pietro Marti, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie, n. XXI, Lecce, Argo, 2010-2011, pp. 227-234;Idem, Il giornalista Pietro Marti, in “Terra di Leuca. Rivista bimensile d’informazione, storia, cultura e politica”, Tricase, Iride Edizioni, a.VIII, n.40, 2011, p.7; Idem, Liborio Romano e le ragioni del Sud nel periodo postunitario. Il contributo di Pietro Marti sul patriota salentino, in “Risorgimento e Mezzogiorno. Rassegna di studi storici”, n.43-44, dicembre 2011, Bari, Levante, pp.147-161; Idem, Pietro Marti e la cultura salentina. Apologia di Liborio Romano, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie, n. XXII, Lecce, Grifo,2012, pp.164-185; Aldo de Bernart, Cenni sulla figura di Pietro Marti da Ruffano, Memorabilia 35, Ruffano, Tip. Inguscio e De Vitis,2012; Ermanno Inguscio, Pietro Marti, il giornalista, il conferenziere, il polemista, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie, n. XXIII, Lecce, Argo, 2013, pp. 40-58; Idem, Pietro Marti (1863-1933) Cultura e giornalismo in Terra d’Otranto, a cura di Marcello Gaballo, Fondazione Terra D’Otranto, Nardò, Tip. Biesse, 2013.
[3] Alfredo Calabrese, Le memorie di Pietro Marti, cit., p. 33.
[4] Aldo de Bernart, Il Salento nella poesia di Luigi Marti, in “Nuovi Orientamenti”, Gallipoli, marzo-aprile 1984, n.85, p. 25.
[5]Ermanno Inguscio, Pietro Marti (1863-1933) Cultura e giornalismo in Terra d’Otranto, cit., p. 34.
[6] Luigi Marti, Un eco dal villaggio, Lecce, Tip. Scipione Ammirato, 1880.
[7] Luigi Marti, Il Salento. Poemetto lirico, Taranto, Mazzolino, 1896, p. 4.
[8] Raffaele Marti (1859-1945) fu autore di moltissime opere, quali: Foglie sparse, Taranto, Tip. Spagnolo, 1907; Gli acari o piaghe sociali. Dramma in quattro atti e cinque quadri, Lecce, Tip. Conte, 1913; Le coste del Salento Viaggio illustrativo, Lecce, Tip. Vincenzo Conte, 1924; Lecce e suoi dintorni. Borgo Piave, S. Cataldo, Acaia, Merine, S. Donato, S. Cesario ecc., Lecce Tip. Gius. Guido, 1925. L’estremo Salento, Lecce, Stabil. Tipografico F.Scorrano e co., 1931. Su Raffaele si rinvia a Paolo Vincenti, Un letterato salentino da riscoprire: Raffaele Marti in “Il Nostro Giornale”, Supersano, giugno 2019, pp. 41-43.
[9] Fra le opere di Antonio Marti (1856-1935): Povere foglie, Lecce Tip. Editrice Sociale- Carlino, Marti e Cibaria, 1891; Scritti vari –Novelle e Viaggi, Intra, Tipografia Bertolotti Paolo e Francesco,1893.
[10] Luigi Marti, La Verde Apulia, Lecce, Stab. Scipione Ammirato, 1885.
[11] Idem, Liriche, Lecce Tip. Garibaldi, 1889.
[12] Idem, Umberto I di Savoia, Lecce, Editrice Salentina, 1884.
[13] Idem, A Vittor Hugò, Lecce, Editrice Salentina, 1885.
[14]Idem, L’Africa a Giosuè Carducci Lecce, Stab Tipografico Italiano, 1887.
[15] Idem, Manfredi nella Storia e nella Commedia dell’Alighieri Lecce, Tipografia Salentina, 1887.
[16] Idem, Umberto I e la Verde Apulia, Lecce, Editrice Salentina, 1889.
[17] Idem, Manfredi nella Divina Commedia: Conferenza, Lazzaretti, 1889.
[18] Idem,Bonaparte e la Francia: nella mente e nelle opere di Ugo Foscolo, Pallanza, Tipografia Verzellini,1892
[19] Idem, Un secolo di patriottismo, Pallanza, Tipografia Verzellini, 1891.
[20] Idem, Il Salento. Poemetto lirico, Taranto, Mazzolino, 1896.
[21] Idem, Dalle valli alle vette Cantiche, Milano, La Poligrafica, 1902.
[22] Aldo de Bernart, Il Salento nella poesia di Luigi Marti, cit. p. 26.