Camminando sulle foglie, il romanzo di una vita scritto da Vittorio Buccarello
di Paolo Rausa
Incontro Vittorio Buccarello una sera di marzo 2023, il 4 precisamente, a Salve. La propaggine del Salento verso il mare, ad ovest, tra Gallipoli e il Capo di Santa Maria di Leuca. Più prossima a questa marina e a Castrignano del Capo, da cui proviene Vittorio. Pescoluse, le Maldive del Salento vengono dette, per la sabbia fine che si perde a colpo d’occhio da una parte all’altra.
Con lui due amici, un contadino vero e un contadino scrittore e giornalista, Francesco Greco. Sono chiamato a presentare un libro dal titolo “Salento a due voci”, una guida emozionale perché sovrappone due punti di vista coincidenti ma diametralmente opposti, di due giornaliste, una del Sud, Carmen Mancarella, e una del Nord, Rosanna Precchia, sulle bellezze salentine: le coste, il mare infinito, le arti, le bellezze naturali e quelle muliebri, i monumenti, le chiese, le opere d’arte, il cibo, le feste padronali, ecc. Vittorio mi consegnò il suo libro con la preghiera di leggerlo e di riferire.
Tutti argomenti che innervano la sua vita, fatta di stenti, di ansie, di fatiche inenarrabili, di tensioni, di inquietudini, ma anche di caparbietà, di voglia di riscatto, di conquista della dignità personale e nello stesso tempo testimone di una schiatta, una genìa, un popolo, cresciuto fra due mari e da questi influenzato, nel carattere bizzoso, altero, altalenante, colmo di amore per ogni luogo e per ogni persona dove volge lo sguardo. Vincenzo è tutto questo e anche più. Mi verrebbe di definirlo “polymetis” alla maniera di Omero, dal multiforme ingegno, non perché astuto ma per aver praticato tutte le arti e mestieri per bisogno e per ansia di conoscenza. Dapprima inconsapevole, tanto che la madre lo ritira dalla IV elementare per scarso rendimento si direbbe oggi, e poi man mano che si adatta a frequentare i vari artigiani locali ad esercitarsi come sarto, stagnino, imbianchino, in campagna a seguito del padre.
L’economia povera non consente di vivere a carico della famiglia, allora Vittorio è chiamato a lavorare esercitandosi in qualsiasi mestiere, pur di guadagnare il minimo per poter sopravvivere. E quando si aprono le possibilità, non esita sedicenne a raggiungere il padre il Svizzera, adattandosi a prestare la sua opera in un ospedale e poi nei cantieri edili dove il suo accanimento laborioso gli consentono di mettere da parte qualche soldo per costruirsi una casetta e trovare una fanciulla con cui condividere il peso e la gioia di una nuova famiglia. Ci sono due foto che rappresentano il prima e il dopo in un arco di una cinquantina d’anni, fra i primi anni ’50 del ‘900 e i primi anni del 2000, quando il primo figlio Francesco si sposa.
A scorrere la lunga teoria di avvenimenti narrati da Vittorio non si può fare a meno di vivere con trepidazione gli alti e bassi, i colpi della fortuna e delle disgrazie che si accaniscono contro di lui, a partire dalla morte del padre giovanissimo a 59 anni per un incidente stradale e le traversie dopo la nascita dei figli, Francesco nato con problemi congeniti e Luca, tre anni dopo, con una grave distrofia muscolare che lo costringono a frequentare per anni gli ospedali per raddrizzare i suoi piedini. L’incidente con la moto nel 1997 quando una macchina lo investe. Tuttavia Vittorio non demorde. E’ sempre determinato a giocare il ruolo di cittadino che si batte per la giustizia, come quando decide di contrapporsi all’azienda calzaturiera che voleva trasferirsi a Casarano, organizzando una lotta sindacale.
Né si illude di poter cambiare il mondo attraverso i social, di cui rivela tutta l’inconsistenza e la provvisorietà illusionistica. Allora ricorre alla scrittura e alla parola sotto forma di versi e di racconti, come questo. “Scrivere era il modo più facile per esprimere il mio pensiero e le mie riflessioni”, confessa e aggiunge “Scrivo solo perché mi piace farlo, dire la mia e aver un passatempo… mi piace emozionarmi e sognare!” Nel finale riassume il tempo dei gitani, per così dire, dei nomadi che attraversano il deserto della vita “ho incominciato a scrivere questo libro partendo dal tempo quando si camminava a piedi scalzi”, incontrando di tanto in tanto una gemma, un rubino come la sua Cosimina e la sua famiglia, i suoi libri che sanno di sale come le lacrime che lambiscono la nostra vita con la consapevolezza che il futuro “ha il cuore antico”, segno di fatiche inenarrabili ma denso di gioie e di soddisfazioni racchiuse nei suoi scritti. Il Convivio Editore, Castiglione di Sicilia, luglio 2021, pp. 278, € 21,00.