Avrà mai questo nostro Sud meditate prospettive?
di Anna Maria Andriani
La “nuova storia” ha dato voce alle masse indistinte e volto ai protagonisti, dignità al loro lavoro umile, valore ai loro sentimenti. L’unicità delle loro esperienze conferisce unità ai sotto-insiemi, che concorrono a conglobare Sud, Centro, Nord in un insieme più grande: la Nazione proiettata nel Mediterraneo, coagulo delle culture e delle civiltà Occidentale e orientale, focolaio di secolari tensioni. Studi recenti puntano su una rinnovata dialettica Nord-Sud: il SUD Mediterraneo guarda all’Italia e all’Europa come a un Nord carico di speranza e possibilità; viceversa, dall’altra sponda si scorge l’Africa che guarda all’Europa per una invasione mai veramente realizzata.
Tuttavia, La riforma proposta dal LEP, la legge sui livelli essenziali di prestazioni, concernenti i diritti civili e sociali che dovrebbero essere garantiti in egual misura su tutto il territorio nazionale e previsti dall’art. 117 della Costituzione, ha scatenato un’accesa discussione in tutta la penisola in quanto ha rivelato il suo vero volto: il divario tra Nord-Sud è stato costruito e lo si vuole mantenere.
Ri-emerge la tanto evocata, tradita, problematica questione meridionale, o “Questione italiana” per dirla come Francesco Barbagallo (2013), una delle più complesse che abbia agitato la vita italiana dopo l’unificazione del Regno. Cavour ne era ben consapevole “L’Italia del settentrione è fatta, noi siamo tutti italiani; ma vi sono i napoletani [i cittadini del Sud]. Sono stati malgovernati! […] Io li governerò con la libertà e mostrerò ciò che possono fare di quel Paese dieci anni di libertà; in venti anni saranno le province più ricche d’Italia” (5 giugno 1861).
La questione esplose proprio nel primo Parlamento del 1861 quando, il salentino Liborio Romano (1793-1867), ultimo Ministro del re Borbone di Napoli Francesco II e primo nel governo piemontese con Vittorio Emanuele II re d’Italia, ritenne quel momento il trait d’union tra un regime morente e uno nascente. Egli aveva individuato le ‘piaghe’ dell’Italia meridionale (emigrazione, disoccupazione, ferrovie, strade, scuola), ciascuna presentava una duplice valenza: poteva essere un disastro e un’opportunità. Alla Camera Bettino Ricasoli (1809-1880) invitò i deputati a non fare discussioni inutili «promuovere la questione delle piaghe delle province meridionali sarà un perdere tempo prezioso».
Il Sud è una “colonia” o una “risorsa”?
Secondo Adriano Giannola (Meridionalismo, 2012), il tema di una comune identità avrebbe dovuto presupporre un’analisi critica dell’”asimmetria” tra Nord e Sud che metteva a confronto due tipi di società, due sistemi di valori e di interessi; sul marcato squilibrio tra Nord e Sud, di natura sociale, economica, antropologica, si è concentrato l’interesse degli studiosi meridionalisti tra cui P. Villari, L. Franchetti, S. Sonnino, G. Fortunato, G. Salvemini, A. Gramsci, Guido Dorso, don Sturzo, Manlio Rossi-Doria, Tommaso Fiore i quali, guidati dal desiderio di realizzare ovunque pari opportunità di identità nazionale, attribuivano le responsabilità del “ritardo” del Sud alle classi dirigenti locali, alla “borghesia lazzarona”: pensavano che non bisognava chiedere per il Sud, ma trasformare il Sud attraverso una rivoluzione culturale.
Da allora sono passati ben 163 anni e il divario tra Nord e Sud si è fatto sempre più marcato.
La Riforma riguardante l’autonomia differenziata delle regioni mi fa venire in mente il concetto di Benedetto Croce “Solo un interesse della vita presente ci può spingere a indagare un fatto passato […] Ogni vera storia è storia contemporanea” in quanto la contemporaneità emerge dall’esperienza concreta della vita (Teoria della storiografia,1917). Giuseppe Galasso va oltre: “Tutto il mondo come lo possiamo leggere intorno a noi con ogni strumento possibile” è da ritenersi “fonte storica” (Nient’altro che storia, 2000). Anche il poeta inglese T.S Eliot afferma What might have been and what has been, points to an end, which is always present (The four quartets, 1943). Tutti illustrano il “senso storico” che implica non solamente la percezione del passato in quanto tale, ma anche la sua presenza nel presente e la sua proiezione nel futuro.
Negli anni 90 Carlo Azeglio Ciampi lanciò la proposta di una “Nuova programmazione”; un’altra interpretazione circa le relazioni tra Nord e Sud, diffusa e consolidata, è basata sull’ assunto “il teorema meridionale” (Viesti, Più lavoro, più talenti, 2024). Il prof. Vincenzo Tondi della Mura, nell’art. La Riforma («Quotidiano» 22.9.2024) mette in guardia gli italiani dal pericolo che lo “Stato sociale rischia di essere modificato all’insaputa del Parlamento e anche dello stesso Governo”. Proprio come la decisione dell’entrata in guerra nella prima guerra mondiale fu decisa dalla “piazza” e non dal Parlamento.
Il pensiero va ai giovani del Risorgimento caduti in difesa della Libertà e della Patria; ai cittadini del Sud che andarono a combattere tra le nevose e fredde Alpi a difesa di un ideale: la Libertà di tutti gli italiani; all’esempio di consapevolezza storica e di correttezza istituzionale dato dai Costituenti che, sopravvissuti al Ventennio e alla seconda guerra mondiale, ben consapevoli delle diversità che conferiscono unità all’insieme e del rischio che la concentrazione di più poteri nelle mani di un solo uomo avrebbe comportato, hanno redatto un documento unico, democratico, che vedeva l’Italia unita, democratica, indipendente, libera e repubblicana: la Costituzione. Quella memoria è sepolta nell’oblio del tempo scrivano, che lascia le sue tracce, segni che durano come documento ‘immobile’ salvato malgrado la sua ‘mobilità’.
In ogni tempo è possibile trovare spazio per lottare perché quei valori essenziali e fondamentali diventino realtà vissuta. Oggi tocca a noi.
Il Mezzogiorno è una “piaga” o una risorsa?
Ahi serva Italia di dolore ostello, / nave senza nocchiere in gran tempesta, / non donna di province, ma bordello! (Dante, Purgatorio).