Alla scoperta delle tracce del passato di Vaste
E’ sempre un immenso piacere ospitare sul nostro sito studi e ricerche fatte dal nostro caro Amico Gianni Carluccio. Ritengo questo uno dei modi per ricordare la sua simpatica, allegra e formativa amicizia.
Alla scoperta delle tracce del passato di Vaste piccolo paesino del Salento leccese “Porta d’Italia”. Non potevo certo immaginare che quel 16 ottobre del 1980, giorno in cui rinvenni un importante capitello messapico del VI sec. a.C. (una delle prime sculture in pietra leccese!), avrebbe segnato in maniera così profonda l’avvenire di Vaste, minuscola frazione del Comune di Poggiardo in provincia di Lecce, a pochi passi da Otranto. Fresco di una laurea in ingegneria, dopo il servizio militare ero ritornato nella mia Lecce “gentile e bella” (come la definisce il celebre tenore Tito Schipa); ma d’estate era la fresca e antica casa dei nonni paterni nella piazza centrale di Vaste, ad accogliere tutta la mia famiglia. Durante il corso degli studi presso l’Università “Federico II” di Napoli, utilizzavo il tempo libero dedicandomi alla lettura di alcuni testi di interesse storico ed archeologico riguardanti il Salento e non appena rientrato “in patria” mi buttai a capofitto negli studi sulle antiche città messapiche ed in particolare Vaste.
Fu così che ebbi casualmente la fortuna di scoprire il già ricordato capitello, che giaceva abbandonato da almeno vent’anni in una grotticella nei pressi della cripta bizantina dei SS. Stefani, nei dintorni di Vaste. Non era la mia prima scoperta, poichè già a 15 anni (nel 1967) avevo segnalato al Prof. Cosimo Pagliara dell’Università di Lecce una serie di manufatti iscritti di varie epoche tra cui un frammento della prima iscrizione latina proveniente da Vaste. Da allora mi ero messo a lavorare intorno al possibile percorso delle mura messapiche che cingevano la città antica, a partire proprio da un tratto messo in luce dal Prof. Pagliara nel 1967.
Ma chi erano questi Messapi? Stando alle fonti letterarie, confortate dalle ultime scoperte archeologiche, nascono da due componenti la Cretese e l’Illirica, ma leggiamone direttamente i passi più significativi nella traduzione curata dal Prof. Mario Lombardo dell’Università di Lecce (I Messapi e la Messapia nelle fonti letterarie greche e latine, Congedo Editore Galatina, 1992) : “Si racconta che Minosse, giunto alla ricerca di Dedalo in Sicilia vi perì di morte violenta. Dopo qualche tempo i Cretesi sarebbero giunti in Sicilia con una grande spedizione navale e avrebbero assediato per cinque anni Camico; infine, abbandonata l’impresa ripartirono. Allorché, navigando, furono dinanzi alle coste della Iapigia [Salento meridionale], una violenta tempesta li avrebbe sorpresi e gettati a riva e, non potendo più rientrare a Creta si sarebbero stabiliti nella regione e diventati invece che Cretesi, Iapigi Messapi.
Partendo dalla città di Hyrie, essi avrebbero fondato le altre città, cercando di distruggere le quali, molto tempo dopo, i Tarentini subirono un grande disastro, tanto che ne risultò la più grande strage di Greci di cui si ha notizia” (stralcio da un brano de Le Storie di ERODOTO, che scrive intorno al 450 a.C.); ed ancora “Licaone [re degli Arcadi, nel Peloponneso] ebbe per figli Iapige, Daunio e Peucezio.
Radunato un esercito, essi giunsero sulla costa adriatica dell’Italia, ed avendo cacciati gli Ausoni che vi abitavano, vi si stabilirono essi stessi. Il grosso dell’esercito era formato da coloni illiri aggiuntisi ad essi sotto la guida di Messapio. Essi quindi divisero in tre parti sia l’esercito che il territorio e chiamarono i tre gruppi, dal nome di colui che fu posto a capo di ciascuno di essi, Dauni [nell’odierna Provincia di Foggia], Peucezi [Provincia di Bari] e Messapi [Provincia di Lecce, Brindisi e parte di quella di Taranto]. E all’intero popolo diedero il nome di Iapigi [odierna Puglia]” (stralcio da un brano del poeta greco NICANDRO di Colofone, che scrive nel II sec. a.C.).
Dalla lettura delle fonti e dai dati archeologici in nostro possesso si evince una presenza cretese nel Salento intorno al 1450 a.C. che si rafforzerà probabilmente con una componente illirica dopo la distruzione di Troia, all’inizio del XII sec. a.C. ed è a partire da questo secolo che si potrebbe cominciare a parlare di quella civiltà Messapica, che troverà poi un suo pieno sviluppo nel corso del primo millennio a.C. dapprima con villaggi a capanne (età del Ferro) e poi con la costruzione degli abitati e delle fortificazioni in pietra calcarea, a partire dal VI sec. a.C.
Come abbiamo appreso dalle fonti, gli abitati messapici si erano formati e sviluppati ben prima della fondazione di Taranto (704 a.C.) ed è significativo il fatto che in tutta la penisola salentina non furono fondate altre colonie della Magna Grecia, proprio per l’autorevole presenza dei Messapi che già nel VI sec. a.C. avevano una propria lingua (a noi ancora per la maggior parte sconosciuta), utilizzante l’alfabeto greco. E sempre in questo secolo cominciano a fortificare i loro villaggi con grandi mura in pietra talvolta circondate da fossato, come è ben visibile nel villaggio di Cavallino (nei pressi di Lecce).
Ma è solo a partire dal IV sec. a.C. che i villaggi messapici come Lecce, Rudiae (la patria del primo poeta latino Quinto Ennio), Otranto, Muro Leccese, Vaste e Ugento, si evidenziano come centri urbani organizzati, anche se quelle cittadine non avevano probabilmente grandi monumenti come templi o luoghi di riunione pubblica, ma si articolavano in nuclei di case e di necropoli (talvolta in stretto contatto!) e di luoghi di culto che lasciavano ampie zone libere all’interno delle mura per poter ospitare, in caso di guerra, la popolazione sparsa nel territorio.
Notevole interesse riveste il sistema delle fortificazioni messapiche di tutti i centri salentini da me indagati attraverso l’ausilio della fotografia aerea (sono circa 30), la metà dei quali è situata in provincia di Lecce. Delle mura costruite dai Messapi oggi rimangono (in provincia di Lecce) circa 13 km per un altezza non superiore ai due metri, rispetto ai sette originari.
L’antica Vaste, con un circuito murario lungo 3.350 metri ed una superficie di 77 ha, ben rappresenta una tipica città messapica. Proprio di recente ho potuto elaborare una serie di ricostruzioni di settori delle fortificazioni di Vaste e Muro Leccese, comprese le monumentali porte di accesso alle città, in collaborazione con il Prof. Jean-Luc Lamboley; queste elaborazioni saranno fra qualche mese oggetto di pubblicazione sui volumi della Ecole Française di Roma.
Dopo il rinvenimento del capitello messapico nel 1980 entrai in contatto con il Direttore della Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università di Lecce Prof. Francesco D’Andria, che mi invitò a collaborare, incaricandomi della stesura della Carta Archeologica di Vaste. Detto fatto, nel 1981 avevo già completato il lavoro, pronto per la pubblicazione nei quaderni dell’Università di Lecce così come scrive il compianto Prof. Sabatino Moscati (allora Presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei) sulla Stampa di Torino del 18.1.1987 : “Un ingegnere di Vaste, Gianni Carluccio, s’appassiona alla ricerca nella sua terra, la percorre palmo a palmo per identificare gli antichi ruderi, interroga sistematicamente gli abitanti della frazione e i contadini del circondario per raccogliere ogni possibile notizia. Quindi elabora una carta archeologica, dalla quale si desume che il centro antico doveva essere molto ampio, perchè le mura si estendevano per più di tre chilometri, e che dovevano esservi fitti quartieri di abitazioni. Si aggiunga il contributo della fotografia aerea, che disegna la pianta dell’abitato anche se richiede una verifica diretta. Si aggiungano pure le notizie delle antiche fonti, perché Plinio e Tolomeo collocano qui l’antica Basta da cui deriva evidentemente il nome attuale. Tutto quindi orienta allo scavo archeologico …..”.
Scavo archeologico che inizia nel 1981 per opera dell’Università di Lecce, in collaborazione con l’Ecole Française di Roma (Prof. Jean-Luc Lamboley) ed altre Università italiane e straniere, tanto che nasce a Vaste un importante “Cantiere-Scuola” di Archeologia, tuttora in attività. Vaste era particolarmente nota già a partire dal ‘500 perchè il Galateo, medico e umanista salentino, autore del famoso Liber De Situ Japygiae pubblicato a Basilea nel 1558, pubblica la prima e più importante iscrizione nella lingua dei messapi, purtroppo ancora non tradotta; a ciò si aggiunga un fortunato rinvenimento ai primi dell’800 da parte dei soldati francesi di Gioacchino Murat di un importante ipogeo messapico (grande tomba sotterranea) decorato da quattro magnifiche cariatidi conservate purtroppo separatamente presso il Museo Nazionale di Taranto ed il Museo Provinciale di Lecce (si spera in una futura collocazione unitaria presso il Museo della Civiltà Messapica di Vaste, in fase di ampliamento) ed ancora per alcuni splendidi vasi arcaici in bronzo conservati presso il Museum of Fine Arts di Boston.
Ma ai preziosi vecchi ritrovamenti si aggiungono oggi dopo quasi vent’anni di scavi archeologici ininterrotti una serie di materiali e di informazioni che fanno di Vaste la città sicuramente meglio conosciuta ed indagata di tutta l’area messapica. E’ per questo che, grazie anche al mio personale impegno, è stato elaborato un importante progetto (finanziabile con fondi della C.E.E.) per la costituzione di un Parco Archeologico-Ambientale che unisca alle emergenze archeologiche quelle artistiche, rappresentate soprattutto dalle due cripte bizantine presenti sul territorio e cioè : la Cripta dei SS. Stefani, tra le più importanti dell’Italia meridionale (gli affreschi a partire dal X sec. sono in fase di restauro) e la Cripta di S. Maria degli Angeli, i cui affreschi (del 1200), staccati a cura dell’Istituto Centrale del Restauro di Roma, sono oggi conservati in un padiglione-museo (il solo esempio in Italia di Museo degli Affreschi bizantini) progettato dal compianto Prof. Minissi.
Inoltre, sulla Serra di Poggiardo, a cavallo della strada statale che porta ad Otranto, sono presenti oltre ad una grande pineta nelle cui radure fioriscono importanti e rare orchidee selvatiche, una serie di cave di bauxite (qui c’era una delle più importanti miniere d’Italia) per le quali si prevede, così come avviene in Inghilterra, l’allagamento artificiale, in modo che vi possano sostare gli uccelli durante i voli di migrazione. Sempre in zona sono poi presenti importanti cave ricche di fossili tra cui le magnifiche Rudiste di 60 milioni di anni fa (siamo nell’epoca dei dinosauri, le cui tracce sono venute recentemente alla luce ad Altamura) ed ancora delle stupende grotte calcaree purtroppo oggi visitabili solo da parte degli speleologi.
A questo si unisca negli ultimissimi anni l’accorta politica dell’Amministrazione Comunale di Poggiardo, nella persona del Sindaco Aurelio Gianfreda che, oltre alla costituzione del Museo di Vaste, ha già acquistato (e continua a farlo) le principali aree archeologiche del territorio compresa l’area di pertinenza della Cripta dei SS. Stefani, già sistemata, grazie ad un mio originario progetto. In quest’area adibita a spettacoli estivi, grazie alla notevole panoramicità, è stata ricostruita una capanna messapica con il contributo di giovanissimi archeologi partecipanti al Festival Internazionale di Archeologia per ragazzi che si tiene a Vaste ormai da due anni, in collaborazione tra Università, Soprintendenza Archeologica, Provincia ed Amministrazione Comunale.
Interessante ancora il recupero dei centri storici di Vaste e Poggiardo (dove già da qualche anno durante la stagione estiva si svolgono interessanti spettacoli ed un caratteristico mercatino dell’antiquariato) e la notevole vicinanza a importanti centri turistici come Otranto, S. Cesarea Terme e Castro che fanno del comprensorio un posto ideale per un turismo culturale d’avanguardia.