La Patagonia…Dove finisce il mondo
di Mario Giangrande
All’estremo Sud del continente americano, una regione nel quale si sono avventurati esploratori e missionari, alpinisti e cacciatori di balene, e dove si rincorrono i colori del fuoco e dell’infinito.
Non esistono parole, nessun dizionario può aiutare alla fine del Mondo. Il vento, il cielo, le tempeste, le onde, i colori del fuoco e dell’infinito, i ghiacciai che si frantumano, le montagne che precipitano nelle acque scure dell’oceano Pacifico, le nuvole in fuga perenne, la Cordigliera Andina che si sfrangia in migliaia di isole e scogli di ghiaccio: non vi sono parole capaci di ingabbiare il gioco delle emozioni che ti assediano quando arrivi “ la dove finisce la Terra “.
Chi si spinge per primo a queste latitudini aveva già scritto il romanzo più avvincente della Patagonia cilena. Basta scorrere quelle carte geografiche che solo un prete-esploratore, padre Alberto De Agostini, salesiano piemontese, alpinista di ogni picco andino, riuscì a completare oltre mezzo secolo fa, per incontrare toponimi straordinari; Isola del Condor, Maledizione di Drake, Porto della Misericordi, Punta dell’Impiccato, Golfo delle Pene, Isola della Desolazione e della Furia. Chi Davvero può raccontare le vertigini che si provano sapendo che qui a queste latitudini, 50 gradi sud, le onde girano intorno all’intera circonferenza terrestre senza incontrare nessun ostacolo? Capo Horn è la nostra mitologia, è l’incarnazione di ciò che furono le Colonne D’Ercole o Scilla e Cariddi per gli antichi del piccolo Mediterraneo. Gli uomini delle montagne andine non sono stati da meno dei marinai e hanno ricordato le rocce delle loro ambizioni aeree come il Bivacco del Lapidato, L’Ala dei Pipistrelli, il Dente del Brivido, la Fessura dello Stress. E la mano del Diavolo, Sono cinque guglie nere che si alzano come dita gigantesche prima di sbriciolarsi nelle onde del Pacifico.
Chi va in Patagonia deve andare a vedere lo scoglio del Diavolo. E’ al centro del canale di Beagle. Li si scontrano le correnti dell’Atlantico e del Pacifico. Gli indios credevano che ancorato sul fondo vi fosse il demonio. Un diavolo incatenato che trascina dietro di se i suoi ceppi e geme nelle orride notti di tempesta. Normalmente il vento soffia a oltre cento chilometri l’ora con ossessione da Ovest verso Est, dal Pacifico all’Atlantico. Le onde volano con i colori del gelo. Forse questo vento perenne fu capace di placarsi solo un giorno di ottobre del 1520 e solo per consentire alle navi di Magellano di varcare il canale introvabile fra Atlantico e Pacifico. Oggi i mainai cileni e argentini, figli di quella lontana avventura, sono abituati alle tempeste, alle mutazione improvvise del cielo. A Punta Arenas, città dai tetti di lamiera e dalle case di larice, la città mas austral viveva Pasqualino Rispoli, una celebrità, l’ultimo pirata dei fiordi della Terra del Fuoco. Contrabbandiere, cacciatore di foche. Corsaro dei mari di ghiaccio, era nato a Torre del Greco alla fine dell’800. Emigrante disperato, dal caldo sud d’Italia trovò la sua nuova patria nel gelo dei mari artici
Nel 1918 riuscì a far evadere dal carcere di Ushuaia l’anarchico Radowtizky, l’assassino del feroce capo della polizia di Buenos Aires. Pasqualino protesse la libertà dell’anarchico. Ma fu catturato e liberato poche settimane dopo. Da allora si narrano leggende attorno a questo marinaio napoletano: divenne perfino amico di Evita Peròn e la polizia di frontiera fra Cile e Argentina chiudeva un occhio sui suoi contrabbandi. Si dice che per anni Pasqualino abbia inviato carichi di pelli di foca alla Casa Rosada di Bueno Zires. Senza il suo aiuto, padre Alberto De Agostini non sarebbe mai riuscito a disegnare le prime mappe dei fiordi della Patagonia. Nel 1957 la caccia alle balene nei mari del sud cileno fù dichiarata illegale e Pasqualino morì. Il nipote Antonio è direttore della zona franca di Punta Arenas e suo figlio è responsabile esteri del Banco de Chile. Ci sono quattro giorni di navigazione per risalire i 1460 chilometri, da Puero Vatales Puerto Montt, al centro del Cile. E’ lo stesso cammino lungo il quale, all’alba del secolo scorso, navigò Francisco Coloane, bambino di nove anni, suo padre era un capitano di grande cabotaggio avvezzo a quelle rotte estreme e il ragazzino annotò sul suo diario di bordo:” il navigante ha la sensazione di poter ritrovare qui il paradiso perduto.” A volte le navi, prima di affrontare le correnti deli Golfo delle Pene, devono fermarsi per ore e ore in attesa che la violenza del mare su plachi. Quando il Pacifico è “tranquillo” scaglia contro le fiancate delle navi in transito onde alte solo sei metri. Scrittori stregati dalla Patagonia : di Luis Sepulveda, La Frontiera Scomparsa, Il mondo alla fine del Mondo, Patagonia Express. Di Paul Theroux, The Old PatagonianExpress, di Bruce Chatwin, In Patagonia e Ritorno in Patagonia