“Polittico”: memorie, radici e innovazione nell’arte di Salvatore Spedicato. Recensione a cura di Antonella Buttazzo.
In un’epoca in cui l’arte e la sua critica sono spesso confinate a spettacolo o a gesto effimero, Polittico di Salvatore Spedicato si erge come una granitica memoria di re-esistenza culturale, una dichiarazione d’intenti che ribadisce il ruolo dell’artista quale custode della ricordanza collettiva e indagatore dell’autenticità.
Attraverso la combinazione di disegni, incisioni, fotografie, sculture e scritti, Spedicato non si limita a tracciare il proprio itinerario artistico, ma costruisce un manifesto che interroga il presente e crea un dialogo con la Storia dell’arte.
Questo volume non è soltanto un racconto autobiografico, ma si configura anche come un’indagine sul valore dell’arte intesa come veicolo di memoria, strumento etico e costruzione identitaria. L’autore stesso lo definisce «un dono a sé stesso»: una raccolta che celebra e raccoglie la piena libertà creativa, rifuggendo le influenze delle mode ideologiche e consumistiche del contemporaneo.
Ogni elemento, ogni opera qui contenuta, si inserisce in un discorso più ampio, multidimensionale e capace di parlare a un pubblico trasversale.
Incisioni e disegni: la spiritualità del tratto
Le incisioni e i disegni incarnano una delle espressioni più intime e profonde dell’opera di Salvatore Spedicato.
L’artista infatti, descrive l’acquaforte come la tecnica «più sottile (più spirituale) della pittura», una pratica che esige rigore ma lascia spazio all’introspezione e alla contemplazione.
Tuttavia, egli stesso riconosce come il lavoro incisorio non possa bastare da solo a raccontare pienamente la sua visione: «Ma via via che preparavo il materiale per la stampa avvertivo l’esigenza d’infoltirlo dando spazio a riproduzioni di sculture, disegni, scritti, al fine di una più chiara comprensione, in tempi ”smemorati” e di prevalente sciatteria, del mio itinerario artistico-culturale in cui può essere individuata l’unitarietà di ”visione” personale».
In questa prospettiva, l’acquaforte diventa una componente essenziale ma non esclusiva del suo linguaggio artistico. Tale dicotomia emerge chiaramente in lavori come Quasi un dialogo, dove il tratto, apparentemente semplice, si carica di una narrazione poetica e densa di significato. In questa acquaforte, una scena quotidiana -una donna intenta in un gesto ordinario- si trasforma davvero, in una rappresentazione di profonda bellezza e simbolismo. Il segno grafico non si limita a riprodurre il visibile: diventa portatore di emozioni e significati, oscillando tra disciplina tecnica e spontaneità espressiva. Ogni linea sembra svelare una verità nascosta, una tensione tra ordine e libertà che trova le sue radici nel concetto greco di kanon, ovvero la ricerca dell’armonia e della misura.
Sculture: la Materia che si fa Vita
Le sculture di Spedicato, ricche di significati simbolici, sono una sintesi mirabile tra il ”costruttivo” e l’ ”organico”. In opere come Per una ghirlandetta ch’io vidi…, un omaggio alla Divina Commedia di Dante, l’artista utilizza la terracotta per plasmare mani che reggono una rosa. Questo gesto semplice e universale richiama la tradizione umanistica, ma la tempo stesso parla al presente, evocando un senso di rinascita e contemplazione spirituale.
Altro esempio di grande intensità è Pietra di cattedrale (1977), scolpita in pietra leccese. Le superfici intagliate di questa scultura, che ricordano le vetrate gotiche, non solo esprimono la spiritualità e la sacralità della tradizione architettonica medievale, ma anche una tensione verso la luce, intesa come elemento purificatore e metafisico. Qui, la materia sembra vibrare, dialogando con l’idea di trascendenza e fisicità in un gioco perpetuo tra pieno e vuoto, tra forma e significato.
Tra i lavori più recenti, spicca la trilogia composta da Il cuore dell’Ucraina, Il cuore di Israele e Il cuore della Palestina. Realizzate con foglie di platano traforate, queste trasmettono la fragilità e la vulnerabilità del tessuto umano, diventando metafore potenti dei conflitti contemporanei. Attraverso la delicatezza della materia, l’artista riesce ad esprimere il dolore della guerra e l’urgenza di un richiamo alla pace, consegnando al pubblico immagini che, nella loro semplicità, restano impresse con forza.
Spedicato e l’ulivo
Anche i temi ambientali e l’impegno per il territorio trovano spazio nella poetica di Spedicato. Si manifestano, ad esempio, in Ulivo sfregiato dalla Xylella (2019), realizzato in terracotta e ferro, il quale esplica una riflessione-denuncia sulla devastazione del paesaggio salentino, manifestando al contempo, un monito sulla fragilità del legame tra l’Uomo e la Natura. L’ulivo, simbolo di vita e longevità, diventa qui una figura dolente, assumendo una dimensione drammatica, diventando testimone silenzioso della perdita di radici e identità.
Ancora, le foglie della pianta sacra ad Atena, stilizzate e ripetute con ritmo regolare, richiamano un ordine geometrico che si lega al concetto greco, già anticipato, di canone, ossia il modello ideale che guida l’arte verso la bellezza e l’armonia. Tale ripetizione modulare si riallaccia all’opera Continuum (1973), in ferro dipinto, dove elementi geometrici si rincorrono e si intrecciano, creando un senso di movimento perpetuo. L’uso della ripetizione, così caro all’artista, diventa quasi, una celebrazione del ritmo naturale, una sorta di respiro visivo che fonde l’organico e il costruito in un equilibrio unico. In Continuum e nelle opere che riprendono la forma lanceolata dell’olivo, la materia si sviluppa nello spazio. Come? In un dialogo armonico tra staticità e dinamismo, dove in Spedicato, si ripropone in forme equilibrate e perfette originate da un ordine superiore e mosse in un ciclo di rinascita e rigenerazione. La reiterazione del motivo, quindi, non è solo un elemento formale, ma un’evocazione profonda di quel ritmo universale che unisce Natura, Arte e Vita.
Scritti: il pensiero che accompagna la forma
Accanto alla produzione visiva, gli scritti di Spedicato costituiscono un elemento imprescindibile di Polittico.
Non si tratta di semplici note o osservazioni marginali, ma di un corpus di riflessioni poetiche e filosofiche che accompagnano e amplificano il messaggio visivo delle sue opere.
Le parole dell’autore esplorano l’etica dell’arte, la memoria culturale e il ruolo dell’artista nella società opponendosi alla superficialità del panorama contemporaneo da un lato, dall’altro, invitando il lettore a interrogarsi sul significato profondo del fare artistico.
Le citazioni di autori come Zygmunt Bauman, Hans Sedlmayr e Paul Valéry arricchiscono il tessuto intellettuale del volume, inserendo il lavoro di Spedicato in un dialogo universale. Ogni testo diventa un’occasione per riflettere non solo sull’arte, ma anche sul nostro tempo e sulle sue contraddizioni, in un equilibrio costante tra tradizione e innovazione.
Un manifesto contro la superficialità
Nel suo insieme, Polittico si oppone con forza alle logiche consumistiche e ideologiche che spesso spettacolarizzano e svuotano l’arte del suo significato più profondo. Spedicato riafferma il valore della bellezza, della misura e dell’armonia come antidoti alla frammentazione culturale e al dilagare dell’effimero.
Attraverso un linguaggio multidisciplinare e una coerenza rara, Polittico restituisce all’arte il suo ruolo originario di custode del sapere, strumento di trasformazione che non rinuncia alla complessità e alla profondità.
Dalla materia alla parola, dal visibile all’intangibile, l’artista costruisce un ponte tra passato e futuro, tra individuale e universale. Questo volume, con la sua coerenza e profondità, emerge come una rarità, capace di toccare le corde più profonde di chi la osserva e lasciando un segno nella memoria di chi sceglie di ascoltarla.