IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Lettera a Gesù Bambino, in tempo di informatica e di intelligenza artificiale

Grotta di Natale

di Rocco Boccadamo

Caro Gesù Bambino,

in questa stagione di computer, posta elettronica, messaggini, smartphone, whatsapp, video conversazioni e chi più ne ha più ne metta, avverto il bisogno di mandarti, alla vecchia maniera, due righe di sfogo e di petizione. Così, in semplicità, da “scolaretto” che frequenta la sezione mediana fra gli ottanta e i novanta, senza ricorso a citazioni e riferimenti dotti, bensì per come sono, ragazzo di ieri e narrastorie. Ad ogni modo, preferisco rivolgermi a Te e accostarmi al tuo Presepe indossando idealmente i panni di un pastore, anzi pecoraro, incanutito, piuttosto che ricorrere al modaiolo Babbo Natale, con il quale, per precisa scelta, non coltivo soverchia confidenza e consuetudine. Mi rendo conto che, alla presenza di un Destinatario Speciale che già sa tutto, cioè a dire conosce perfettamente i pensieri, le riflessioni più profonde, le ansie e le angosce piccole e grandi di ciascuno di noi, la mia iniziativa rischia d’apparire ovvia e superata già nella sua maturazione, pur tuttavia, amato Bambinello, permettimi egualmente di snocciolarla e, pur nella sua pochezza, di manifestarla sino in fondo, sia per me stesso, sia, anche, per gli altri.

Nella “classe” di cui faccio parte, siamo, purtroppo, più alunni discoli che bravi ragazzi, il Tuo registro è intensamente costellato di voti negativi e di note di biasimo. Nondimeno, è strano che sia un allievo a voler sollecitare il Maestro a intervenire, ma, purtroppo, non se ne può più. Per la verità, mi sembra quasi di svolgere a ruota libera un tema senza traccia in cui devono trovare posto, sotto forma di confessioni, una gamma di consapevolezze dai contorni negativi e pesanti, anzi molto gravosi e perciò non oltre sostenibili. La preghiera che Ti rivolgo, Gesù, è di ascoltare queste litanie di “mea culpa” e domande d’intervento e di avvalorarle, interponendo quindi i Tuoi migliori uffici, affinché, da parte della Superiorità che può senza alcun limite, se ne tenga conto e si dia seguito nella maniera migliore. Come Ti è dato di registrare, nella piccola Italia, non dico da sempre ma perlomeno da lunga pezza, vanno inanellandosi, senza soluzione di continuità, rosari di discussioni e polemiche, spesso divampanti, a proposito del cosiddetto “fine vita”. Coinvolgendoti in tale specifica faccenda, mi sento oltremodo piccolo e pure un po’ allibito: difatti, già due millenni addietro, proprio il caso del Tuo trapasso sul Golgota è emerso come emblema e sintesi della problematica in questione, allora senza squilli di tromboni né scontri dialettici, ma unicamente con il sommesso lamento delle pie donne e il “riconoscimento” finale degli stessi pretoriani di guardia ai piedi della Croce. Fai, dunque, che – su questo punto – le menti e i cuori d’oggi, astraendo dalle razze e dalle bandiere politiche e ideologiche, arrivino a porsi sui giusti indirizzi e nella luce più chiara.

Durante i trascorsi decenni, Ti sarà ripetutamente giunto, forse anche infastidendoti un tantino, l’eco delle sequenze a proposito del planetario crack o bolla finanziaria, consumatosi nell’ambito d’insospettabili istituzioni del settore, per mano di potenti faccendieri senza scrupoli e poi disseminato da intermediari certamente non disinteressati, alla fine riverberatosi con lo svuotamento delle casse degli Stati e delle stesse tasche di un esercito di utenti fiduciosi quanto, talvolta, sprovveduti, con vanificazione dei risparmi raggranellati con sacrificio, magari nel corso di un’intera vita.

Or bene, dinanzi a tali fatti, caro Bambino, senza voler male ad alcuno, ma semplicemente per monito e richiamo, non credi che sia necessario qualche segnale? Perché non “trasformare” gli arroganti protagonisti di queste operazioni, dall’attuale condizione di grandi signori che non si fanno mancare nulla, e ai quali tutto è consentito, in innocui capri (sì, proprio i maschi delle capre), costretti a mantenersi nutrendosi esclusivamente dell’erba di teneri pascoli?

Che ne pensi poi dei numerosi dittatori, malvagi e profittatori – non solo quelli in testa alla classifica ufficiale di tristissima fama, ma anche tutti gli altri senza nome ma parimenti deleteri – che imperversano sulla faccia della terra? Pur nella mia “miseria” di scolaro discolo e quindi con meriti e credenziali carenti, vorrei auspicare che il Padre Eterno compisse il prodigio di convertire detti individui verso i lidi del buon vivere e del rispetto del prossimo, oppure, se la Sua volontà non dovesse volgersi in quel modo, che i medesimi, così come accadde secondo la parabola evangelica del ricco possidente accumulatore di beni e dovizie, venissero “richiamati” lassù.

Infine, diletto Pargolo, trascurando tanti altri affreschi stridenti e/o scrostati dello scenario contemporaneo, lascia che io deponga sotto la Tua culla il più vasto e grave problema di oggi, per la gente su scala planetaria: la fame e la povertà. Qui, davvero non si può andare avanti, con gli attuali sistemi e le isolate seppur lodevoli iniziative di carità e/o di soccorso non ce la facciamo. Ogni giorno si consumano milioni di autentici drammi: il Signore, infatti, dà generosamente il dono della vita a stuoli di creature, nei cui confronti, però, a causa degli stenti e della miseria o addirittura per assoluta mancanza di cibo e d’acqua, l’avventura esistenziale viene a chiudersi troppo presto e tristemente. Mi pare che, allo stato delle cose, salvo che dall’Alto non si voglia disporre miracolosamente e in modo incontrovertibile l’equa distribuzione sul globo di tutti i beni e risorse necessari, permettendo che ciascun individuo possa accedervi e disporne liberamente, solamente un’iniziativa serva a modificare l’attuale standing di discriminazione e d’ingiustizia sociale. Il Padre – com’era solito fare in talune occasioni agli albori della creazione – si manifesti con il Suo volto corrucciato, ma nello stesso tempo premuroso, alla vista di tutti gli esseri viventi. Affacciandosi, ad esempio, dal cerchio di una Luna piena sullo sfondo dell’azzurro del cielo, e ammonisca coloro i quali possiedono mezzi oltre l’ordinario, nessuno escluso, a condividere categoricamente le risorse con i fratelli che ne sono privi, ponendo così fine alla fame, alla sete e alla miseria.

Io credo che un “invito” del genere troverebbe molto ascolto e avrebbe un seguito ed effetti positivi più concreti rispetto a qualunque serie d’iniziative e promozioni caritatevoli a favore del prossimo, anche se reiterate e insistenti, d’umana ispirazione.

Scusami, Gesù, se oso raggiungerti con un fardello di richieste abbastanza pesante. E, però, so di mettermi in buone mani. Ti auguro di non patire troppo il freddo nella capanna dove, fra pochi giorni, attendo ancora una volta il Tuo arrivo.


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