Roberto Lupo e le storie delle tarantate in manicomio al Centro tò Kalòn di Itaca a Martano
di Anna Stomeo
Si torna a parlare di tarantismo a Martano (Lecce) in via Marconi 28 alle ore 18.00 di Mercoledì 30 Ottobre 2024, presso il Centro Culturale tò Kalòn dell’
, condotto da Anna Stomeo e da Paolo Protopapa.
Secondo incontro di un mini-ciclo che intende esplorare gli aspetti più significativi di un fenomeno, come quello del tarantismo, che, perdendo la propria attualità storico-etnologica e antropologico-sociale, ha finito con l’affidarsi totalmente alla patrimonializzazione istituzionale falsamente identitaria dell’industria turistica salentina, i cui esiti socio-culturali risultano quanto meno discutibili e, comunque, contraddittori.
Per approfondire questi aspetti della patrimonializzazione del tarantismo, ormai istituzionalmente acquisita, e per capire fino a che punto l’argomento risulti ancora attrattivo, sul piano culturale e politico, per l’opinione pubblica salentina di oggi, abbiamo scelto di incontrare alcuni studiosi che al tarantismo hanno dedicato significative analisi interpretative da punti di vista differenti.
Dopo il proficuo e partecipato primo incontro con il Prof. Maurizio Nocera, protagonista di questo secondo incontro sarà il Dr. Roberto Lupo, medico, ricercatore, saggista, che gli amici di tò Kalòn già conoscono come autore di altri saggi sul tarantismo e di un interessante studio (presentato nel nostro centro lo scorso anno) dal titolo “Tarantismo senza tarantati” (Musicaos Editore, 2022), diventato subito, per la serietà del metodo e dell’approccio scientifico, un punto di riferimento negli studi salentini recenti sugli “esiti” di disgregazione del tarantismo nel XX secolo e sulle sue “complicanze”, in termini di patrimonializzazione, dopo sette secoli di storia, di analisi e di spiegazioni.
Studioso di Antropologia Medica, esperto di Psicologia di Comunità, Sessuologia clinica, Bioetica e Diritti umani, socio fondatore dell’Associazione di volontariato (A.P.S.) “Osservatorio di Ricerca Sociale” di Tricase, Roberto Lupo presenterà, agli amici di tò Kalòn, i risultati di un suo recente studio dal titolo “Tarantate in manicomio. Storie di donne ricoverate all’Ospedale Psichiatrico Interprovinciale Salentino (Lecce, 1900-1950)”. La ricerca, pubblicata dalla Rivista “Palaver” (Palaver, 12, 2023, n. 2, 5-36), diretta dal Prof. Eugenio Imbriani dell’Unisalento, è una ricognizione storica, con documenti di Archivio, finalizzata, come sottolinea lo stesso Lupo, a “rilevare possibili connessioni tra approccio medico, condotta clinica e fenomeno del tarantismo, nel contesto della realtà salentina della prima metà del Novecento”.
Un tema estremamente interessante, dunque, che non solo salda, sul piano della ricerca, l’approccio medico a quello antropologico, oltre ogni forma di riduzionismo umanistico o naturalistico, ma che, soprattutto, assume la sofferenza femminile, in un contesto di emarginazione sociale e di difficoltà relazionale, come la connotazione primaria di un fenomeno “molecolare” (per dirla con de Martino e richiamando Gramsci), circoscritto cioè ad una situazione storicamente determinata, e a cui, spesso, sono stati attribuiti da alcuni studiosi, negli ultimi tre o quattro decenni, significati e sensi quantomeno ‘estrinseci’, se non decisamente inadeguati sul piano storico.
Roberto Lupo ci offre un’analisi chiara e scientificamente articolata del rapporto tra medicina e tarantismo, che contribuisce non solo all’approfondimento dei contenuti, ma soprattutto al confronto dei metodi, attraverso i quali passano le modalità operative con cui leggiamo e modifichiamo il mondo che ci circonda.
Un’ulteriore occasione di dibattito e di confronto tra ‘visioni’ (teorie) differenti del tarantismo che diventano, oggi, occasioni di approfondimento culturale e antropologico sul passato e sul futuro, stimoli di riflessione per un’analisi critica ed etnografica degli stessi processi di patrimonializzazione, assunti come processi antropologici di confronto con un passato non ancora completamente indagato, come questo studio di Roberto Lupo dimostra.
La selezione e l’analisi dei documenti, condotte con competenza professionale, consentono a Roberto Lupo di consegnarci alcuni aspetti del vissuto di alcune tarantate salentine della prima metà del secolo scorso, alle quali veniva offerto il manicomio come orizzonte terapeutico definitivo, se non unico. Attraverso tre storie documentate di tre donne (Addolorata, Anna, Filomena) recluse in manicomio per assenza e inefficacia della terapia rituale collettiva, l’Autore ci fa conoscere il lungo procedere del disagio con dimissioni e rientri a catena, con guarigioni definitive subito smentite, in un tragico cammino verso la perdita definitiva della ’presenza’ e la morte.
Situazioni estreme e storie di adattamento e di resilienza che testimoniano non solo la sopravvivenza, nelle piccole comunità contadine del Salento della prima metà del Novecento, di una dimensione arcaica del concetto di malattia e di salute, con evidenti conseguenze pratiche sul piano sociale, relazionale ed etico, ma anche le difficoltà che le istituzioni terapeutiche incontrano, anche a causa di una scarsa connessione tra scienza e cultura popolare, tra medicina e antropologia.
Lo studio di Roberto Lupo fornisce, invece, una testimonianza evidente dell’intreccio tra disagio socio-relazionale, disturbo psichico e tarantismo, un intreccio che, però, come emerge dai documenti, non smette di generare difficoltà nella gestione del fenomeno, anche quando viene adottata la piena medicalizzazione, a totale discapito della terapia simbolico-rituale.
Segno evidente che tra sanità e malattia il percorso è continuo e inscindibile e che medicina e ritualità, concorrono, senza coincidere, ad una ‘terapia’ che non è mai definitiva. L’efficacia simbolica del rito, che consentiva, nei secoli passati, una accettabile strategia di sopravvivenza, viene del tutto negata o, comunque, non riconosciuta e resa “non operante” nell’ospedale psichiatrico del primo Novecento, dove, in regime di ‘medicina positivista’, l’obiettivo fondamentale sembra essere quello del contenimento, tramite sedativi, dei sintomi del disagio e non della sua cura.
A oltre trent’anni dall’inizio della valorizzazione commerciale e istituzionale del tarantismo, come bene immateriale territoriale, molti aspetti analitico-interpretativi, che lo hanno caratterizzato, sul piano genuinamente etico-conoscitivo dell’analisi storico-scientifica ed antropologica, risultano ‘dispersi’, vagamente inglobati o in forme essenzialistiche, che hanno fatto del tarantismo un simulacro vuoto, da riempire con improbabili discorsi identitario-rigenerativi, peraltro sempre meno ‘di moda’, o in forme inautentiche e stereotipate di fruizione patrimoniale collettiva, svuotate ormai di nuovi contenuti conoscitivi e sempre meno ‘interessanti’ sul piano teoretico.
Ricerche, come questa di Roberto Lupo, contribuiscono, invece, al superamento di tali derive, poiché riportano il tarantismo alle sue dimensioni empiriche di fenomeno storico-esperenziale, ormai definitivamente scomparso, da decifrare con il contributo e l’intreccio di tutte le specializzazioni, scientifiche e umanistiche, in “consilienza” operativa, come accadde, oltre sessant’anni fa, alla spedizione demartiniana nella “terra del rimorso”.
Di questo e di tanto altro si parlerà con il Dr. Roberto Lupo, la cui disponibilità empatica alla comunicazione, unita alla competenza e al rigore dello studioso, contribuiranno a rendere speciale la serata del 30 ottobre 2024 a tò Kalòn. Una serata di domande e di dibattito, ma anche di inattesi momenti performativi di teatro partecipato intorno alla “storia di Anna”, perduta nei meandri del passato, ma ancora densa di suggestioni emotive cariche di presente.
Sarà un incontro rilevante, questo con il Dr. Roberto Lupo, che tutti gli amici di tò Kalòn non mancheranno di onorare.