Mimmo Muolo, Ribellarsi alla notte. Una storia di Natale, Paoline Editoriale Libri 2024, pag. 218.
di Marisa Cecchetti
Roma quartiere Aurelio, notte del 27 dicembre, ore 4:30, cinque gradi sotto zero. Nella piazza antistante la chiesa don Eugenio ha voluto l’allestimento di un presepe che è cresciuto di anno in anno, tanto che hanno noleggiato un palco da concerti; questo non senza le critiche del Centro Sociale capeggiato da Compagno Lenin, di quelle della Associazione Libro e moschetto in odore di neofascismo, nonché di chi lo giudica uno sperpero di soldi che potevano servire ai bisognosi. Ma nella notte un’ombra scivola lungo il muro dei palazzi e porta via la statua del Bambinello, il pezzo più importante senza il quale il presepe non ha ragion d’essere, una disgrazia enorme agli occhi di don Eugenio che ci perde il sonno e rischia di perdere anche la ragione.
Si sveglia il commissario Mariotti che non dà grande importanza al furto e affida il caso all’agente di polizia Gargiulo, assegnato al momento all’ufficio passaporti perché claudicante per una ferita riportata sul lavoro, e anche balbuziente. Il questore intanto sollecita il ritrovamento e la notizia si diffonde in tutta la città: collabora a cercare il Bambinello anche una influencer che organizza una caccia al tesoro.
Lungi da aggiungere altre notizie sul procedere delle indagini – don Eugenio parla di rapimento di Gesù Bambino, non di furto – cogliamo la varietà di personaggi, di situazioni; vediamo gli avventori che entrano e escono dal Caffè di Gennaro che dà sulla piazza; gli incontri ambigui di Compagno Lenin e dei suoi soci – il suo nome comunque è Walter – a un tavolo di quel caffè; vediamo Tadeuz, il senzatetto che chiede una moneta per il panino e parecchio sa; conosciamo Maria, la sorella del prete, attenta ai bisogni degli altri e generosa. Percorriamo anche le vie di Roma e troviamo cartacce per terra, lungo i bordi dei marciapiedi, sotto le ruote delle auto parcheggiate, dovunque, in una città che vede ormai deturpata la propria bellezza.
Ma ci sono occhi che osservano quello che scorre nella piazza, che sanno leggere le labiali anche da lontano: è un ragazzino, Antonio, che è rimasto a casa da scuola perché malato, sta appiccicato ai vetri e tutto registra sul suo diario, un ragazzino di dodici anni che ha perso i genitori e vive col fratello più grande che lavora per mantenere entrambi. Antonio è stato un monello prima di perdere i genitori, ma, a dimostrazione di quanto il dolore faccia crescere, ora ha una saggezza da adulto, sa gioire di tutto, di ogni giorno che la vita gli regala. Siccome la sua malattia si prolunga, Maria trascorre molto tempo con lui, ascolta i suoi sogni e si stupisce della profondità di pensiero di quella anima pulita che non conosce il male, a cui la madre appare nei sogni, gli parla, lo guida verso la verità: per trovare il Bambinello bisogna seguire la strada del dolore. Ma quale dolore? Di chi?
Mimmo Muolo racconta un mondo attraversato dalla infelicità che tocca tutti i personaggi e si sofferma a indagarne i sentimenti, i dubbi, le paure, le incoerenze – ognuno ha la propria notte chiusa dentro di sé – senza escludere il sacerdote che tardi si rende conto di avere dedicato alle cose più tempo che alle persone; o il commissario stesso chiuso nella sua solitudine; suo figlio che lui non riconosce più, tanti anni sono trascorsi da che ha lasciato la casa del padre, e di cui scopre con sgomento il cammino. O il fratello di Antonio, che sa tutto della gravità della malattia del ragazzo e ha bisogno di soldi, tanti soldi per curarlo. Gargiulo, l’agente di polizia claudicante e balbettante, si muove tra tutti e porta avanti l’indagine con garbo, coraggio e intelligenza.
In questo angolo di città che cerca Gesù Bambino come non lo ha mai cercato prima che scomparisse, Antonio è il vero Bambinello, sono i suoi occhi che scoprono il male, è la sua voce che ferma l’irreparabile, che aiuta gli altri a ribellarsi alla notte. Il miracolo che don Eugenio chiedeva, quello di ritrovare una statuetta, è ben più grande e si compie attraverso gli occhi di Antonio: è il miracolo della conversione, con l’analisi e il riconoscimento dei propri errori e delle proprie mancanze, con una strada nuova da percorrere con coerenza e nel rispetto della giustizia.
Un giallo natalizio pieno di sorprese a ogni pagina, il romanzo di Mimmo Muolo, ricco di elementi simbolici e di quadri psicologici che hanno la leggerezza della poesia. Con una molteplicità di personaggi che creano un presepe vivente intorno a quello inanimato di don Eugenio, quello costoso che fa bella mostra di sé su un palco per concerti.