“La luce segreta del Salento” il romanzo degli amori possibili di Maurizio Mazzotta. Terza puntata (3/9)
Un personaggio importante
«Sai una cosa? Sto imparando… devo ringraziarti, sto imparando molte più cose qui con te che negli anni della specializzazione.» Dice Valentina continuando ad annuire con la testa.
Massimo non sembra d’accordo. «Ti sembra, perché stai facendo esperienza, e impari prima e meglio. Quegli anni però sono la base.»
Sono nel gabinetto di Massimo, all’ambulatorio, e quando possono sfruttano i pomeriggi, pochi minuti prima di cominciare, anzi è lei che ne approfitta, parlare con Massimo le fa bene: problemi di lavoro, di relazione coi pazienti. Si sente insicura, le sembra di essere peggiorata in queste ultime settimane, la consapevolezza la rende ancora più fragile e ha l’impressione, forse è proprio vero, che il tutto si ripercuota in particolare quando si trova a contatto diretto con i pazienti. Massimo la rassicura. «Tu hai una capacità innata di contatto. Sicuramente quando avrai acquisito pratica sarai un ottimo medico. Anzi sarò io a fare di te un ottimo medico. Da quando ho preso l’impegno con tua madre. Preso anche perché ci sarebbe piaciuto, a me e a mia moglie, avere una figlia come te. Più chiaro di così.»
Angela, l’infermiera, si affaccia sulla soglia della porta chiusa a metà, dietro di lei un uomo e un ragazzo. Valentina subito si alza ed esce. Angela fa entrare l’adulto, e Valentina che non ha voglia di impegnarsi in una visita dà per scontato che i due stiano insieme e subito si inquieta con se stessa per questa speranza di fuga e al contempo scopre che Angela sorride come se avesse compreso tutto, e quasi a farle dispetto invita il ragazzo: «Vai con la dottoressa, seguila.» «Vieni vieni» incalza Valentina, gli occhi su Angela a dire: ho capito che hai capito, quindi alza le spalle e le sopracciglia, muove la testa, per aggiungere, quasi a dire: rassegnati Angela, io devo cambiare mestiere. Annullando in tal modo tutto ciò che Massimo le ha comunicato.
Il ragazzo le va dietro talmente timido che sembra impaurito. L’infermiera li scorta per assicurarsi che uno dei due o tutti e due non fuggano. Chiusa la porta, scende al piano di sotto per acquisire informazioni sui prossimi pazienti. Intanto si convince che Valentina ha avuto un crollo per via della sua storia col suo ragazzo, ma lei, Angela, non vuole rassegnarsi. Farà tutto quello che può per aiutarla.
Nella sala d’attesa a pianterreno l’infermiera dà un’occhiata generale per avere un quadro della situazione. Ancora presto, altri pazienti devono arrivare. Mentre si accosta alla scrivania della segretaria resta colpita dalla presenza di una giovane e ne incrocia lo sguardo: anche se ha una rivista in mano è interessata a ciò che le accade intorno.
È Federica. In effetti sta sfogliando una rivista distrattamente ed è tutta tesa a capire quando esattamente toccherà a lei, perciò alza la testa ogni volta che qualcuno scende dal piano superiore o quando la segretaria risponde al telefono interno. Si è informata e così ha saputo che l’ambulatorio è di un certo dottor Cervi, proprio quello col quale ha un appuntamento; è convenzionato; ci sono altri medici, un cardiologo e un angiologo. La mattina sono in ospedale, però l’ambulatorio è aperto anche la mattina perché ciascun medico ha un collega più giovane come collaboratore a tempo pieno. Lei è tra le prime ad avere l’appuntamento col dottor Cervi.
Federica segue attentamente i movimenti dell’infermiera e forse la segretaria al banco sta proprio passando i suoi documenti. E infatti:
«Signorina tra un po’ salirà di sopra e la riceverà lei» indica Angela che le sorride, «la signora Angela.»
E poi ad Angela ad alta voce: «La prima volta che viene da noi.»
Federica annuisce, dà un’occhiata a tutte le persone nella sala d’aspetto e si rimette a sfogliare la rivista. Con la coda dell’occhio nota che quel tizio poco discosto da lei continua a guardarla con insistenza. Sulla quarantina. Appena arrivato prima di sedersi si è guardato intorno, ha scelto di sedersi sul lato della sala che forma angolo con il lato dove è seduta lei e le ha piantato gli occhi addosso. Se ne è accorta ma se ne è disinteressata presa dalle sue osservazioni. Ora le sta procurando fastidio. Si sente concupita. Denudata. Perché certi uomini sono così….
Anch’io sono nella sala d’aspetto insieme agli altri. Mi fingo un paziente. Devo suggerire ad Angela certe soluzioni. Oggi è un giorno importante: ciò che accadrà tra breve è necessario per questa storia. I piccoli fatti sono banali: una persona che sale le scale, un’altra che attende, due medici, ciascuno nel proprio gabinetto, pronti per una nuova visita. La combinazione di queste piccole insignificanti azioni è importante. Ne è responsabile Angela. Angela è un personaggio chiave, svolge il suo compito per amore e con umiltà, forse perché non conosce il suo ruolo, di fatto appare solo per creare il collegamento e scompare. Si può dire che lei è l’artefice della storia che stai leggendo.
Federica proviene dalla scala, incrocia un ragazzo e vede in cima Angela che l’attende. La quale la osserva e pensa: è una ragazza, ha un appuntamento con Cervi, intanto l’affido a Valentina. Valentina si sentirà più a suo agio, devono avere la stessa età.
Questi pensieri e decisioni arbitrarie che pure mostrano affetto verso Valentina sono nomali per una come Angela, che, come madre, si coccola Valentina quasi fosse appunto sua figlia, e sono alla base di ciò che sta per accadere. In questa storia insomma.
«Venga s’accomodi» e le fa strada.
Federica entra, si guarda intorno e scopre Valentina alla scrivania. L’infermiera consegna una cartella clinica a Valentina e invita Federica spostando una sedia. Federica vuole impadronirsi dell’ambiente, ma come accade quando non si è completamente sereni vede un insieme e non distingue granché e poi non fa in tempo perché quando Valentina alza il viso, tutte e due si guardano per qualche secondo con una intensità che proviene da qualche angolo della memoria. Non dicono nulla, stanno pescando tra i ricordi, mettono insieme i lineamenti, i cenni, gli sguardi l’una dell’altra. Eppure è strano, non si sentono in imbarazzo, cominciano a sorridersi. L’infermiera rimane incuriosita. Finalmente quasi insieme:
«Congedo.»
«Corallo.»
Si alzano di slancio l’una verso l’altra e si abbracciano. Si staccano dall’abbraccio per riabbracciarsi di nuovo.
Federica è la prima: «Valentina!»
«Federica. Ma non eri andata via… appena…»
«Sì, sì ero andata via. Non finii nemmeno l’anno. Tornai a vivere con mio padre.»
Valentina dopo averle preso il volto tra le mani: «Già…non finisti nemmeno l’anno.»
Si guardano in silenzio, si riabbracciano, infine: «Vieni, vieni.»
«Poi sono tornata e mi sono stabilita qui. Ormai sono quattro anni…»
«Qui? Che bello rivederti e sapere che stai qui.»
Poi invita l’infermiera ad avvicinarsi e le presenta.
«Angela. Federica.» Ad Angela: «Una mia compagna di scuola, delle medie.»
«Delle medie» fa eco Federica.
«Dobbiamo vederci, parlare. Ma perché sei qui allo studio?»
«Tu sei medico?»
«Cercano di convincermi, e tu? Siedi, siedi (poi ad Angela), appena si libera Massimo gli dici di venire per favore?»
L’infermiera esce e scuote di nuovo la testa disapprovando.
«Io faccio la fotografa»
«Hai uno studio? Qui?»
«Sì, qui. Qui, come te lo devo dire. Da quattro anni.»
«E non mi hai cercato.» Valentina è mortificata.
«Potevo cercarti? Per ricordare?»
Valentina annuisce subito convinta.
Dalla terrazza di villa D’Urso
Diego e Federica sono sulla terrazza di Villa D’Urso, lui la tiene per mano per guidarla a superare i parapetti interni, tipici delle terrazze delle case con le volte. Ovviamente non ce n’è bisogno, è più agile lei, ma quel tenerla per mano ha un senso che lei ancora non può intendere. Diego la sta portando nel suo mondo, vuole farglielo scoprire, ed è particolare il suo mondo, per questo lui deve guidarla tenerla per mano rassicurarla, convincerla che il compito che le ha affidato è un compito eccezionale.
Superato il parapetto, sul punto più alto della terrazza lei alza lo sguardo. Ai suoi occhi si apre un’immensa distesa di verde: dominano a prima vista vigneti e oliveti, poi frutteti, ma lontano a perdita d’occhio devono essere boschi. Quanti colori di verde!
«Ecco la Piana dei Vigneti. Guarda attentamente. Hai difficoltà a scorgere i pali della luce o quelli del telefono. Persino le strade. Forse le puoi intuire da certi percorsi uniformi di colore. Non ho voluto portare il binocolo apposta, magari un’altra volta, voglio che tu abbia questa impressione straordinaria a prima vista.» Federica è estasiata e Diego sorride; ha colpito nel segno, ha raggiunto un primo importante scopo. Lei porta lo sguardo ovunque né sa dove fermarlo, e tutti e due non si curano del vento che frastorna i capelli.
«C’è una leggenda su questa piana: la leggenda degli uomini delle vigne.» Lei sembra non aver ascoltato, invece si volta discretamente verso di lui. Il suono della voce l’ha colpita, per questo si è voltata, lentamente afferra il significato della frase e rimane in attesa. Così Diego sa che lei è la persona che cerca: la sua mente è ricettiva di storie edificanti, il suo cuore è una spugna assetata di emozioni.
«Gli uomini delle vigne sono i protettori dei vigneti. Chissà forse le viti stesse hanno prodotto la leggenda con la loro mania di intrecciarsi, di stabilire relazioni. Te lo dimostrerò, ti mostrerò la forza della vite. La vigna domina questa piana.»
Lei si allontana di nuovo da lui, ma solo con il volto, per lasciarsi inondare da quel mare di verde, in realtà qualcosa, un insieme di note nella voce di lui, di immagini che sono esplose nella sua testa stanno sommuovendo il suo, di mare. Ora è altro che attende. Quando ha sentito “gli uomini delle vigne” detto a quel modo, ha visto Diego come è realmente: la sua statura, la magrezza del suo corpo, i capelli portati in giro dal vento, la barba bianca e una striscia di blu sotto le folte sopracciglia con qualcosa in più: in quella striscia di occhi si mescolano capacità di stupirsi e voglia di stupire, volontà di credere e forza di convincere. Si è posta in attesa, e siccome se ne sta zitto, si volta di nuovo verso di lui. Diego fa cenno di sì. Come a dire ascoltami, e lei senza parlare risponde: sì sono pronta.
«Non tutti possono incontrarli. Così si dice. Bisogna essere attenti alla natura, agli esseri viventi, quindi anche all’uomo, attenti e liberi nelle esigenze di comunicare. Essere capaci di ascoltare.»
Federica ha l’impressione di essere trascinata in alto.
«Sì, seguimi», dice Diego a bassa voce quasi avesse colto la sensazione che la ragazza sta provando.
«C’è un’altra condizione.»
Fa una pausa, si guarda intorno e poi di scatto torna a carpirle la mente.
«Il silenzio, il silenzio della controra di agosto, o il silenzio della luna. In questi momenti la persona che attraversa la piana o che vi sosta può avere la fortuna di incontrarli. L’incontro è sempre un’offerta, sono loro ad offrire qualcosa.»
Diego smette di parlare e va lontano coi suoi sogni. Poi le prende la mano e la guarda seriamente.
«Se tu riuscissi a fotografarli mi faresti un regalo magnifico, non sai quanto! Sarebbe un regalo così importante e bello che… che io non te lo pagherei, io non ti pagherei quella foto, altrimenti che regalo sarebbe. Ora lo sai. Quella foto sarebbe un regalo e non se ne parla più.»
«D’accordo.»
Silenzio.
«Ma non vuoi sapere perché sarebbe un regalo?»
«Certo che lo voglio sapere.»
«E perché non me lo chiedi?»
«Aspetto, perché tanto so che me lo dirà, scusa, me lo dirai.»
Questa ragazza mi piace sempre di più, pensa Diego.
«La leggenda parla di un altro aspetto importante, dice che si sono mostrati soltanto alle donne, insomma che siano le donne, sia l’essere femminile ad avere maggiori probabilità di incontrarli.»
Si guardano negli occhi e a Federica viene voglia di fotografarlo con il vento e quella striscia di blu degli occhi.
«Dài, vieni, ho la planimetria della zona e la pianta della villa. Vedrai quali sono i confini.»
Scendono gli ultimi gradini della terrazza e tornano nello studio.
Sono in piedi davanti a una grande planimetria appesa alla parete.
«Questa è la strada provinciale. Ecco qui siamo noi. La nostra proprietà va al di là del recintato, quasi tutti gli appezzamenti limitrofi compreso l’uliveto ci appartengono, poi si sconfina in altre proprietà e comunque non è un problema. Tu puoi…»
Federica guarda la planimetria ma ascolta attentamente.
«Tu devi andare ovunque.A me interessa tutta la Piana dei Vigneti» aggiunge alzando le sopracciglia. «Se qualcuno ti chiede chi sei che fai con la tua fotocamera, racconta pure come stanno le cose e che lavori per me.»