IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Sull’Orlo del Collasso: La Fine dell’Ordine Globale e la Necessità di una Nuova Leadership

L'ONU

l'ONU

di Pompeo Maritati

Il mondo sembra trovarsi sull’orlo di un collasso sistemico. Le istituzioni internazionali, una volta pilastri della governance globale, sono diventate obsolete, inadeguate a gestire la complessità della nuova realtà geopolitica e soprattutto della crescente invasione geo-economica. Gli accordi su cui queste istituzioni si basano appaiono sempre più ancorati a logiche del passato, incapaci di rispondere alle sfide contemporanee, troppo lente, frammentate e paralizzate da interessi contrapposti. Organizzazioni come le Nazioni Unite, create dopo la Seconda guerra mondiale con l’intento di preservare la pace e promuovere la cooperazione internazionale, sembrano oggi gusci vuoti, svuotate di autorità e di capacità d’intervento effettivo.

Le rare risoluzioni che vengono approvate spesso sono ignorate dai principali attori globali, specialmente quando si scontrano con gli interessi di potenze che detengono il diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza. La struttura stessa dell’ONU, un tempo simbolo di speranza e di ordine mondiale, è ormai paralizzata da contrapposizioni insanabili tra i membri permanenti, i cui scontri ideologici ed economici rispecchiano la frammentazione e l’erosione del multilateralismo. La crisi che il mondo sta vivendo non è soltanto una crisi politica, ma una crisi delle fondamenta stesse su cui è stato costruito l’ordine mondiale post-bellico. La globalizzazione, che per decenni ha promesso crescita e interconnessione, si è rivelata un’arma a doppio taglio, aumentando le disuguaglianze e frammentando ulteriormente un mondo già diviso. Le economie nazionali non operano più in compartimenti stagni, ma sono intrecciate in un reticolo globale che rende vulnerabile ogni paese a crisi finanziarie, shock economici e disastri ambientali provenienti da ogni angolo del pianeta.

Questa interconnessione, che avrebbe dovuto favorire la cooperazione, ha invece esacerbato le tensioni, spingendo i paesi verso una competizione sempre più aggressiva per le risorse, il potere e l’influenza. La politica globale appare dominata da una corsa sfrenata verso il profitto e l’autoconservazione, mentre il bene comune viene sacrificato sull’altare degli interessi nazionali e corporativi. Questa dinamica ha reso impossibile affrontare efficacemente le sfide globali come i cambiamenti climatici, le migrazioni di massa, le pandemie e le disuguaglianze economiche. Ogni crisi è trattata come un problema isolato, piuttosto che come parte di un più ampio sistema interconnesso. Le nazioni agiscono in modo egoistico, cercando soluzioni individuali a problemi che, per loro natura, richiederebbero una risposta collettiva.

Questo fallimento del multilateralismo è particolarmente evidente nella crisi climatica. Nonostante decenni di conferenze internazionali e di accordi globali, le emissioni di gas serra continuano a salire, e gli impegni presi dai governi si rivelano sistematicamente inadeguati o vengono disattesi. I paesi più ricchi, responsabili storicamente di gran parte dell’inquinamento, sono riluttanti a fare sacrifici significativi, mentre quelli più poveri, che subiscono le conseguenze più gravi del riscaldamento globale, vengono lasciati a lottare da soli per la sopravvivenza. In questo contesto, il fallimento dell’ONU è solo una parte di un problema più grande: la crisi di legittimità delle istituzioni internazionali. Queste istituzioni, che dovrebbero agire come arbitri imparziali, si trovano sempre più in balia degli interessi delle grandi potenze, incapaci di prendere decisioni coraggiose per paura di sconvolgere gli equilibri di potere esistenti.

Il risultato è una paralisi decisionale che non fa che aggravare la sensazione di impotenza e sfiducia verso il sistema internazionale. La sensazione di vivere in un mondo senza guida è palpabile. Manca una leadership globale capace di affrontare con determinazione e lungimiranza le sfide del nostro tempo. I leader politici, imprigionati in logiche di breve termine e schiavi dei cicli elettorali, sembrano incapaci di prendere le decisioni difficili che la situazione richiede. Non si tratta solo di una crisi di capacità, ma anche di visione. La politica globale è dominata da una miopia che impedisce di vedere oltre le urgenze immediate, mentre le sfide strutturali, quelle che mettono davvero a rischio la stabilità e la sopravvivenza del nostro sistema, vengono ignorate o minimizzate. Il declino della leadership globale si manifesta anche nella mancanza di solidarietà internazionale. In un mondo sempre più interconnesso, ci si sarebbe aspettati un aumento della cooperazione e della condivisione delle risorse, ma al contrario, vediamo un ritorno all’unilateralismo e all’egoismo nazionale. La pandemia di COVID-19 ha mostrato chiaramente come, di fronte a una minaccia comune, i paesi abbiano preferito chiudersi in se stessi, competendo per le scorte di vaccini e per le risorse mediche, piuttosto che unirsi in uno sforzo collettivo per combattere il virus. Questo fallimento non è stato solo morale, ma ha avuto conseguenze concrete sulla durata e la gravità della pandemia stessa.

Le divisioni tra Nord e Sud del mondo si sono approfondite, e le disuguaglianze globali si sono aggravate, rendendo sempre più difficile affrontare le crisi future. Ma oltre alla pandemia, è il sistema economico globale a essere in crisi. Il capitalismo neoliberale, che ha dominato la scena mondiale negli ultimi decenni, ha mostrato tutte le sue fragilità. La concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, la precarizzazione del lavoro, l’aumento delle disuguaglianze sociali ed economiche, e il degrado ambientale sono sintomi di un modello economico insostenibile, che sta erodendo il tessuto sociale e minando la stabilità politica in molte parti del mondo. Le proteste contro l’ingiustizia sociale, che si moltiplicano in ogni angolo del pianeta, sono un segnale evidente che le persone non accettano più un sistema che arricchisce una minoranza a spese della maggioranza. Tuttavia, la risposta dei governi a queste proteste è stata spesso repressiva, con un aumento della sorveglianza, della militarizzazione e della repressione delle libertà civili. Anche questo è un sintomo del declino delle democrazie, che, di fronte alle sfide del nostro tempo, stanno rispondendo con chiusura e autoritarismo piuttosto che con riforme e apertura. In questo contesto di crisi globale, c’è una crescente consapevolezza che stiamo vivendo una fase di transizione. Il mondo che conoscevamo sta crollando sotto il peso delle sue contraddizioni, e ciò che verrà dopo è ancora incerto.

Alcuni parlano di un collasso inevitabile, altri vedono in questa crisi un’opportunità per ripensare il nostro sistema politico, economico e sociale. È chiaro che non possiamo più continuare come se nulla fosse, sperando che le cose si aggiustino da sole. Il sistema internazionale deve essere riformato, e questo richiede coraggio e visione. Non possiamo più permetterci di essere governati da leader che pensano solo al breve termine, che agiscono per mantenere lo status quo e che sono incapaci di affrontare le sfide del futuro. La crisi che stiamo vivendo non è solo politica o economica, ma anche morale e culturale. Abbiamo bisogno di una nuova leadership, di uomini e donne che abbiano la capacità di guardare oltre il proprio interesse personale, che sappiano affrontare le sfide globali con coraggio e determinazione, e che abbiano la visione necessaria per guidare il mondo verso un futuro più giusto e sostenibile. Non si tratta solo di cambiare le regole del gioco, ma di ripensare il gioco stesso. L’umanità si trova a un bivio. Da un lato, possiamo continuare sulla strada dell’autodistruzione, lasciando che le nostre istituzioni crollino sotto il peso delle loro stesse contraddizioni, sperando che un miracolo ci salvi all’ultimo minuto. Dall’altro, possiamo prendere coscienza della gravità della situazione e agire di conseguenza, riformando il sistema internazionale, rivedendo i nostri modelli economici, e mettendo al centro della politica globale la solidarietà, la giustizia e la sostenibilità.

Questo richiederà una leadership globale all’altezza della sfida, una leadership che sia disposta a prendere decisioni difficili, ma necessarie. Il tempo per l’inerzia è finito. Siamo a un punto di svolta nella storia dell’umanità, e la direzione che prenderemo determinerà il destino non solo del nostro presente, ma delle future generazioni. È un momento di crisi, ma anche di possibilità. La domanda è se saremo in grado di cogliere questa opportunità, di dimostrarci all’altezza delle sfide che ci attendono, o se continueremo a guardare passivamente mentre il mondo intorno a noi crolla. Vedremo.


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