IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Mostra Natura di Romano Bertuzzi alla Galleria Spazio Temporaneo a Milano fino al 6.4.2024

di Serena Rossi

La raffinata Galleria Spazio Temporaneo, di via Solferino a Milano curata da Patrizia Serra, dedica una seconda personale all’artista piacentino classe 1956 Romano Bertuzzi, la mostra Natura a cura di Mariarosa Pividori, il catalogo è presente in galleria.

Bertuzzi qui ha fatto anche delle collettive, è già di casa.

Egli dedica tutto il suo lavoro visivo minimale alla Natura da qui il nome della mostra appunto Natura. In mostra sono tutti lavori a grafite su carta di medie e piccole dimensioni. Un astrattismo/natura. Avvicina i particolari di foglie e sassi e ne fa percorsi e tracce nuovi da percorrere, apre nuove vie.

Le opere di dettagli di pietra serpentino in grafite visti da lontano sembrano visuali dall’alto di campagne, molto suggestive. Un linguaggio molto forte, molto maschile e visionario. Azzera la poesia, lascia parlare la cruda Natura per farsi visione antropica del mondo.

Fa una campionatura a disegno della natura. Particolare del formale, sasso o foglia, che si fa informale, opera e soggetto astratto, nuova strada ed intuizione. Potente discorso con solide basi filosofiche sull’essere e non sull’avere, meditativo.

“Il farsi di un’immagine comincia interrogando le apparenze e tracciando dei segni: Ogni artista scopre che il disegno – quando è un’attività necessaria – è un processo a doppio senso. Disegnare non è solo misurare e annotare, é anche ricevere. Quando l’intensità dello sguardo raggiunge un certo grado, diventiamo consapevoli che un’energia altrettanto intensa viene verso di noi, attraverso l’apparenza di quello che stiamo scrutando. … L’incontro di queste due energie, il loro dialogo non ha la forma della domanda e della risposta. … E’ un segreto professionale.”

John Berg.

“Noi abbiamo improvvisamente scoperto che il nostro linguaggio non è più universale…dobbiamo quasi imparare come gli animali e i fiori della foresta, a catturare i nostri partners attraverso un codice segreto di segni, odori, colori …dobbiamo tentare di raggiungere una soglia minima, un codice estremo, cioè quella convinzione mitica, primordiale, i segni che tutti possono capire, gli archetipi espressivi, i codici fondanti, la morale naturale, stiamo cercando una ricomposizione.”

Andrea Branzi

“Il  sigàn è uno stato mentale e fisico a cui i Greci attribuivano significati di ordine religioso o sacrale. Precede l’apparizione degli dei, avviene quando la foresta si fa muta, il mare tace, il vento cessa. E’ la radura di cui parla Heidegger, è la presenza del genius loci  di cui dicevano gli antichi. E’questo che mi sembra Romano Bertuzzi cerchi nelle pietre, nei tronchi d’albero, nei gesti delle mani  che impastano, nei luoghi eretti a custodia di animali e uomini. …

Eleonora Fiorani

Partire dalla realtà per andare più lontano possibile.

Romano Bertuzzi è una conoscenza di lunga data, dagli anni ’70, ma poi ci siamo persi di vista.

Circa nel 2000, ho ritrovato il suo lavoro in un’importante collezione privata iniziata attraverso il Cenobio

Visualità, storica galleria milanese con la quale Romano ha collaborato.

Il mio viaggio inizia, come al solito, nello studio dell’artista. I lavori di Romano nascono su un cavalletto

posto vicino a una finestra luminosa. Nel suo studio si vedono dappertutto solo opere accatastate alle

pareti e pile di libri tra i quali Gurdjieff e Thoreau così attuali oggi, evidentemente a Romano piacciono i

filosofi che sanno vedere lontano.

Il soggetto privilegiato di Romano è LA NATURA che è sempre un punto di partenza per non perdersi, così

la memoria personale e stupefacente dell’infanzia che diventa memoria collettiva.

Il lavoro di Romano Bertuzzi indaga un mondo indicibile. Annota quel che appare o sta sparendo, intuisce

cosa è importante trattenere o eliminare per fare memoria, per nutrire l’anima. 

Sono tutti disegni in bianco e nero, bianco/luce il foglio e neri i segni di grafite.

Semplicità è la sfida. Un ottimo motivo per scegliere alcuni dei mezzi più antichi come la grafite e la carta. 

Il suo linguaggio è precisato nel fare costante. Solo materia sensibile ed essenziale. Ogni soggetto è

realizzato in diversi formati, il più piccolo contiene gli stessi elementi del più grande.

Romano Bertuzzi non ha mai smesso di osservare. Ha imparato a vedere i particolari, nella varietà,

selezionando i soggetti preferiti, quelli di sempre: il fuoco, gli animali, la farina, il latte, l’uovo, le mani della

madre, il suono dell’aria, i legni, le foglie, gli alberi, i ciotoli, le pietre. Questa volta si è lasciato catturare

dalla pietra serpentino, i nuovi disegni, tratti da questa, sembrano planimetrie terrestri viste dall’alto o

primordiali spume di mare congelate sulla nera superficie, in alcuni di questi emergono miti occhi d’animali

nascosti tra I segni, in altri disegni l’albero è rimasto solo, così la foglia che pare una fragile pelle venosa.

Un soggetto, per ogni foglio, l’albero, la foglia, sono sospesi nel bianco e nell’aria, ancora visibili

nell’invisibile.  

Romano ha tradotto l’osservazione degli elementi della natura in gesti del corpo a sua misura, in segni

sempre diversi. Ci conduce a percorrere un viaggio sorprendente nell’infinitamente piccolo che lo ha

sorpreso per primo e collegato al tutto. Tutto diventa segno, tanti piccoli segni ripetuti come un mantra,

suoni inquieti nel nero che diventano armonie nel bianco.

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Romano ci consegna il suo lungo tempo d’esecuzione. L’opera vive messa in dialogo con chi la guarda.

Chiede lo stesso tempo di osservazione. E’ questo il punto di inizio del viaggio.  

Occorre allenare l’occhio a lungo per scoprire la materia e il suo oltre. Come fa chi guarda i primi fiori nati,

chi va nella Savana e il primo giorno, dall’altopiano, non vede nemmeno un animale, eppure erano così

tanti e ci guardavano, così quando si guardano le pietre preziose, non si scopre niente inizialmente ma

solo continuando a osservare si scopre che quello che prima non c’era era già lì, pareva tutto uguale ed

era invece così diverso e unico. Accostato alla scienza esce fortemente la meraviglia.

Siamo abituati a guardare sempre un insieme e raramente un singolo o un particolare rivongendogli tutta la

nostra capacità di attenzione. Però se decidiamo di regalarci un tempo lungo per guardare, l’occhio attiverà

la capacità del vedere, ci sorprenderà e ci porterà a voler ripetere l’esperienza.

Romano Bertuzzi si è rivelato un’ottima guida verso l’invisibile visibile. Oriente e Occidente si incontrano

nel suo lavoro, si può entrare nelle vie dei suoi segni e trovare uno spazio meditativo, sono lavori che dal

‘fuori’ conducono al ‘dentro’, sono l’incontro con un luogo che ci lascia sospesi tra immaginazione e realtà.

E’ interessante inoltre notare come in questi lavori il concetto di informale sia traslato anche nella

figurazione con la stessa valenza e qui molto ci sarebbe da dire.

Il lavoro di Romano Bertuzzi si è sviluppato in molti anni e in modi diversi ma sempre attingendo alla

memoria della civiltà contadina che ha vissuto ed è diventata matrice della sua poetica nelle diverse

espressioni del suo linguaggio.

Romano Bertuzzi è autore anche di opere di grandi dimensioni come ‘un grande uovo nel nido della citta’,

una grande scultura in lana di vetro; la stalla ‘luogo di memoria’ dichiarata ‘opera d’arte’; l’Arpa eolica; ‘La

pietra d’oro e la pietra d’argento’.

Ha prodotto numerose performances anche a Milano tra le quali ‘la pigiatura’ alla Fondazione Mudima e

‘Homo Selvadego’ alla Stazione Centrale che è tuttora al centro della sua poetica.

Le opere di Romano Bertuzzi sono silenziose, si allontanano dalla folla di immagini ridondanti e urlate che

ci circondano, contengono quel che manca e rigenerano lo sguardo, sono un raro luogo dove si puo’ stare

bene.

Maria Rosa Pividori

Villanova delle Grotte 23.2.2024

opere Corteccia in mostra
opere Sassi a parete
sala con opere
opera foglia

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