Quando Hector “Mono” Carrasco dipinse Salvador Allende a Copertino di Lecce
di Maurizio Nocera
‘Eduardo’ è stato lo pseudonimo clandestino usato da Hector “Mono” Carrasco (Santiago del Cile, 1954), che egli usò in Cile nella lotta contro il satrapo nazifascista Augusto Pinocet. Hector è un artista a tutto tondo: grafico, muralista, fondatore della Brigata “Ramona Parra” (gruppo muralista cileno). Dal 1974, cioè da alcuni mesi successivi al colpo di Stato dei fedifraghi militari cileni, al soldo degli Stati Uniti d’America, egli giunse in Italia dove chiese lo status di rifugiato politico. Ancora oggi vive in Italia residente nella frazione Cantavenna di Gabiano Monferrato in Valcerrina.
Questo meraviglioso artista cileno, su invito dell’ANPI e della “Casa della Memoria” di Copertino, è stato ospite della città dal 16 al 20 ottobre 2023, con l’obiettivo di dipingere un murale in occasione del 50° anniversario del colpo di Stato in Cile. Credo che in Puglia, e sicuramente in Salento, questo tipo di evento commemorativo sia stato realizzato solo a Copertino, dove la sindaca Sandrina Schito, che ha dato il patrocinio della città all’evento, ha fatto gli onori di casa. Dario Chiriatti, responsabile della sezione ANPI copertinese, assieme al colonnello Alessandro Montefrancesco, sono entrambi responsabili della “Casa della Memoria”, che è un luogo dove si conservano le storie di vita e gli eventi straordinari della città, fra cui:
«La stanza di Piero: studio, libri e onorificenze di Piero Terracina, Testimone di Auschwitz-Birkenau e cittadino onorario di Copertino, donazione dei parenti di Piero;/ Libri d’Artista internazionali sulla Shoah, donazione del Presidio del Libro-Archivio del Libro d’Artista “VerbaManent” di Sannicola, responsabile Maddalena Castegnaro;/ Mostra fotografica “Campo di Betulle” su Auschwitz, donata dalla fotografa Luciana Trappolino;/ Libri d’Artista “Donna Vita Libertà. Il mio nome è notte“, sulla Resistenza delle donne iraniane;/ La Storia siamo noi (copertinesi nelle Guerre Mondiali);/ I Colori della Libertà: a 50 anni dal colpo di Stato in Cile, con la presenza del pittore muralista Hector “Mono” Carrasco, esule politico in Italia, che ha realizzato un murales dedicato al Presidente Salvador Allende e a tutti i martiri caduti per la Libertà, la Giustizia e la Democrazia». Oggi la “Casa della Memoria” è impegnata nel progetto Passi nella Memoria 2024, dedicato ai bambini e agli adolescenti nelle guerre del Novecento dal titolo Chi siete voi, magnifico segreto.
Solo all’ultimo momento, ma che comunque era il 16 ottobre, sono riuscito a giungere a Copertino e ad assistere alla spettacolare performance dell’artista, il quale risulta essere da sempre impegnato in eventi che rievocano quanto accadde l’11 settembre 1973. Come si sa, un gruppo di militari fedifraghi, guidati dal generale Pinochet (i mandanti stavano negli Stati Uniti) attuò un cruento colpo di Stato che vide la morte del Presidente Salvador Allende, democraticamente eletto dal popolo cileno nel 1971, e migliaia e migliaia di cileni massacrati. Oggi sappiamo che i morti non furono meno di 40 mila.
In quei giorni, Hector “Mono” Carrasco fece la sua parte difendendo il legittimo Presidente del suo Paese e, quando la persecuzione politico-militare si fece dura nei suoi confronti con l’obiettivo di ammazzarlo, fuggì dal suo Paese, grazie anche all’aiuto dell’Ambasciata italiana di Santiago del Cile. Così ricorda quel momento così difficile per lui:
«C’era un muro di cinta all’ambasciata italiana, alto, troppo alto per essere saltato, tranne in un punto dove era un po’ meno alto e qualche anima pia aveva messo dei materassi per un atterraggio più morbido. Bisognava farlo in un determinato momento, durante il cambio della guardia cilena che, all’esterno, controllava quell’isola d’Italia in Cile./ Non so come mi arrampicai su quel muro molto più alto di me. Saltai ed entrai nell’ambasciata italiana di Santiago. Scoprii così un altro mondo. Fui ricevuto da quella piccola comunità di esiliati, in attesa del visto per intraprendere il viaggio senza ritorno verso la libertà, verso l’Italia» (v. Cile-Italia, solo andata. Storia di un profugo cileno, Fuoriasse edizioni, Torino 2023, p. 96).
Fu così che Hector trovò rifugio in Italia. Ed egli in Italia non è stato con le mani in mano. Non sono poche le città ed anche i piccoli e grandi Comuni che vantano di avere suoi murales. Nel 1976 arrivò a Milano e cominciò subito a lavorare «grazie alla solidarietà indiscutibile della classe operaia italiana» (Op. cit., p. 121). F
Hector fu assunto alla Rotocalcografica Internazionale, impiegato alla «macchina che faceva le copertine, anche della rivista “Gente”».
Con la Brigada “Ramona Parra” e la Brigada “Pablo Neruda”, Hector ha dipinto murales a Milano, Torino, Santo Stefano Ticino, in Puglia, a Cinesello Balsamo, e in tantissimi altri Comuni. E finalmente anche a Copertino. Nonostante la lontananza dal suo Paese, alcuni suoi murales esistono anche in Cile, un paese meraviglioso che vanta antichissime tradizioni e storie di vita. A Valparaίso, dove viveva il mio amico filosofo Abraham Sergio Vuskovic Rojo, esistono murales di Carrasco.
Oggi c’è tutta una storia artistica di “Mono”, ad iniziare dagli anni 1969-1971, anni in cui Salvador Allende divenne Presidente del Cile. In quel tempo l’artista, assieme al famoso pittore Roberto Sebastian Matta, dipinse un murale nella capitale, oggi restaurato e reso Patrimonio Culturale del Cile. L’impegno artistico di Carrasco per la pace e contro tutte le guerre risale appunto in quegli anni quando, assieme a un gruppo di giovani, organizzati nelle Brigate “Ramona Parra” e Brigata “Pablo Neruda, dipinse alcuni murales in occasione della marcia che si snodò dal porto di Valparaίso fino a Santiago del Cile contro la guerra nel Vietnam. A proposito del suo impegno nella lotta per la pace, in un’intervista, l’artista ha detto:
«Nella seconda metà degli anni Sessanta c’era la guerra in Vietnam e, in tutto il mondo, gli studenti facevano manifestazioni contro questa guerra. Anche in Cile ci fu una marcia che toccava ogni piccolo paese e coinvolgeva diversi tipi di artisti come ballerini, poeti, cantanti. E c’era un gruppo di sette ragazzi e ragazze che dipingeva sui muri e sulle pietre la parola d’ordine ‘No alla guerra in Vietnam’. Questo è stato l’inizio del muralismo cileno, nato anche per sostenere la campagna elettorale di Salvador Allende. Siamo diventati novanta gruppi che riempivano le strade con la parola ‘Allende’ ed il numero ‘3’ che era quello che lo contraddistingueva sulla scheda per le presidenziali».
Per quanto mi riguarda, essendo stato non poche volte in Cile, onorato dell’amicizia del filosofo Abraham Sergio Vuskovic Rojo (è stato esule in Italia per 11 anni e molte volte mio ospite nella casa di Lecce, come io nella sua di Valparaίso), ho subito familiarizzato con il muralista cileno scambiandoci informazioni e libri. Hector “Mono” Carrasco è molto affabile e sempre disponibile al dialogo. In lui si vede subito la sofferenza accumulata per la tragedia del suo Paese, che la testimonia nel suo libro citato Cile-Italia, solo andata. Storia di un profugo cileno, eccezionalmente introdotto dal Presidente della Repubblica del Cile, Gabriel Boric Font, che scrive:
«È per me un onore scrivere questo prologo ai ricordi di Hector “Mono” Carrasco, muralista, fondatore della Brigada “Ramona Parra” [operaia tessile morta durante uno sciopero del 1946, in seguito a una carica dei carabinieri], riferimento indiscusso della pittura sociale cilena./ Le memorie che emergono in questo libro non sono però soltanto ricordi, perché, […] nascono anche dall’impulso delle proteste sociali del 2019. […] È questa la generazione a cui appartiene Hector Carrasco: quella che nel 1969 marciò da Valparaίso a Santiago chiedendo la fine della guerra del Vietnam, quella che accompagnò Salvador Allende nella vittoriosa campagna presidenziale del 1970, quella che vide cadere assassinato il comandante in capo dell’Esercito René Scheneider./ La generazione de “Il pueblo tiene arte con Allende” del “Por ti venceremos“, la generazione de “La Cantata Santa Maria de Iquique” e di “El pueblo unido jamas serà vencido“, del Teatro Aleph e di “Pongo en tus manos abiertas“./ La generazione, insomma, che fece del muralismo un’arte utile e necessaria, popolare e onnipresente, un mezzo di comunicazione, ma anche un modo per portare bellezza e creatività fino agli angoli più remoti della nostra terra. […] Pensiamo a come si inserisce Carrasco nella storia della pittura murale in Cile: probabilmente l’emblema delle sue opere e della sua vitalità artistica risale all’epoca del murale dipinto con la Brigada Ramona Parra insieme al pittore Roberto Matta, in quella che era la piscina municipale del Comune di La Granja, nel 1971. Lì c’era Hector Carrasco, e lì continuò a essere, sotto strati e strati di vernice, durante i difficili anni della dittatura militare, finché il murale non fu restaurato tra il 2005 e il 2008, per essere poi dichiarato Monumento Nazionale nel 2015» (pp. 7-8).
Ho quasi citato per intero il Prologo del Presidente Gabriel Boric Font. Di ciò chiedo venia al lui e all’autore del libro, ma ho sentito il dovere di farlo, perché nelle sue parole è enucleata gran parte della storia artistica di “Mono”. E pur tuttavia, scorrendo le pagine del volume Cile-Italia, solo andata, mi sento ancora in dovere di citare Carrasco, il quale dedica il suo libro a «Inés, Simone e Samuele.. il nostro futuro», e che, nell’Introduzione, scrive:
«Dopo aver pensato, rimuginato, studiato, telefonato alle persone che avrei dovuto coinvolgere, letto tanti libri, tati articoli, usando questa nuova forma di solitudine che è Internet, dopo aver ricordato tanti episodi, tanti momenti belli e meno belli, mi metto a scrivere le prime parole di questo lavoro. Non vuole essere un libro di ricordi e nenche un libro di memorie, soltanto il racconto di una vita vissuta, il diario di viaggio di un’esperienza accumulata a volte con angoscia, altre con dubbi, ma la maggior parte delle volte con curiosità e soprattutto con tanta allegria, con l’inesorabile fiducia nel genere umano e la caparbietà che mi contraddistingue. […] Quando penso ai nostri antenati mi viene in mente un vecchio manifesto, in Cile, con l’immagine di una vecchia mapuche seduta vicino al mare, una nave in lontananza e sotto una frase che dice: “Yo yá estaba” (Io c’ero già). Sono nato sessantotto anni fa, alla fine del mondo, nel Cile delle montagne con le nevi eterne, dell’oceano freddo e per niente pacifico, nel Paese con tutti i possibili climi che un territorio può avere e che l’essere umano può immaginare, dal deserto più arido del mondo alle nevi eterne del Polo Sud, il continente più inospitale che esista, dove vivono quasi esclusivamente i pinguini imperatori, gli albatri e le foche. A volte per le vicende che ho vissuto, mi sembra di avere più anni di quelli dichiarati dal certificato di nascita, ma mi sveglio ogni giorno pensando a cosa faremo domani e quel pensiero mi tiene vivo, sperando in un futuro migliore».
Carrasco racconta poi come venne creato da zero un linguaggio artistico, realizzato con il furto:
«I nostri antenati, i Mapuche, erano un popolo guerriero e noi cileni non avevamo un passato artistico di rilievo, come invece era accaduto ai messicani con gli Aztechi e ai peruviani con gli Inca. Così iniziammo a rubare ai grandi muralisti messicani come Siqueiros e Orozco, al francese Fernand Léger e alla serigrafia cubana degli anni ‘70».
So di avere citato molto in questo mio omaggio all’artista Hector “Mono” Carrasco, e tuttavia sento ancora la necessità di chiudere con un suo pensiero, molto bello:
«L’esilio è un concetto difficile da spiegare. È la sensazione di non essere da nessuna parte, di non avere più una terra da chiamare casa, di non appartenere più a nessun popolo e a nessuno Stato. Più di un milione di cileni sono usciti dalla patria a causa del colpo di Stato. […] A partire dall’11 settembre 1973, lo splendido Paese di Leonardo con le sue bellissime città, i suoi paesi e i suoi meravigliosi borghi diventò per tanti di noi [cileni] la nostra seconda casa. [A questo punto Hector cita i suoi amici Horacio Salinas e José Seves degli Inti Illimani e la loro bellissima canzone dedicata all’Italia: Da una finestra aperta] Con le parole [della canzone] voglio esprimere la mia gratitudine per l’ospitalità di questo Paese meraviglioso, bellissimo e solidale. Con queste parole vorrei finire il testo, scritto veramente con cuore e con anima sulle dolci colline di Gabiano e nelle fredde sere d’inverno, quando la nebbia è fitta e trasforma tutto in ombre e in fantasmi» (pp. 231-233).
Nel luglio 2004 l’Ambasciata del Cile a Roma ha conferito a Hector “Mono” Carrasco la Medaglia “Pablo Neruda”, onorificenza governativa promossa dalla Fundación Pablo Neruda.
Hector, oltre al libro Cile Italia, solo andata, ha scritto anche: Il ragazzo che colorava i muri (Edizioni Punto Rosso, Milano, 1998); Il sogno dipinto (Hobby&Works, 2003); Cile, 11 settembre 2003 (Franco Angeli Editore, Milano); Inti Illimani, Storia e mito, Ricordi di un muralista (Il Margine, Trento, 2010).