Silvio Orlando è Momò nel suo ultimo monologo
L’attore interpreta il personaggio del capolavoro di Romain Gary dal titolo “La vita davanti a sè” nel suo spettacolo che ha fatto tappa a Bologna il 17 e 18 novembre al teatro Celebrazioni.
di Gabriele Zompì
L’attore Silvio Orlando non ha certo bisogno di presentazioni. La sua carriera si compone di grandi successi sia per la TV che per il cinema e, ovviamente, per il teatro. E proprio sul palcoscenico del teatro Celebrazioni di Bologna si è esibito lo scorso 17 e 18 novembre mettendo in scena lo spettacolo dal titolo “La vita davanti a sè” spettacolo vincitore del Premio “Le Maschere del Teatro Italiano” 2022 come miglior monologo. Si tratta della trasposizione teatrale dell’omonimo romanzo dello scrittore lituano naturalizzato francese Romain Gary, pubblicato nel 1975.
Orlando sulla scena è accompagnato da una band di quattro musicisti Daniele Mutino (fisarmonica), Roberto Napoletano (percussioni), Luca Sbardella (clarinetto/sax) e Kaw Sissoko (kora/djembe), che intervallano il suo monologo con brani musicali di origine medio-orientale e tratti dalla tradizione francese come valzer e chansonnes.
Orlando interpreta Momò, un ragazzino cresciuto da una signora, Madame Rosa, che si prendeva cura letteralmente dei “figli di puttana” ospitandoli nella sua casa quando le madri erano a lavoro. Momò, come gli altri bambini, è alla ricerca della sua mamma, che in realtà non ha mai conosciuto, e che spera di incontrare un giorno, perchè in fondo sarà “una donna” come tutte le altre.
Nel monologo Orlando trascina lo spettatore nei luoghi e nel tempo in cui avviene la storia; la sua maestria nell’intrattenere il pubblico è unica, come la sua capacità di non annoiarlo, nei momenti, che pure ci sono, in cui il racconto sembra perdere vigore e diventare monotono. D’altronde Silvio Orlando ha intrinseca una verve comica e una preparazione attoriale basata sulla commedia. Proprio questo suo bagaglio non gli consente, a tratti, di essere fedele allo spirito dell’autore, che nell’opera sottolinea più marcatamente i momenti drammatici e quasi malconici del racconto.
Silvio Orlando lascia comunque il pubblico soddisfatto e anche contento, regalando in chiusura un piccolo spettacolo di musiche etniche e della tradizione ebraica, suonando il flauto traverso assieme alla sua band e dicendo una battuta: “io della musica sono stato sempre innamorato, ma la musica non era innamorata di me”, segno della sua coinvolgente simpatia.
La regia e l’adattamento teatrale sono dello stesso Orlando, mentre le scene sono di Roberto Crea, il disegno luci di Valerio Peroni e i costumi di Piera Mura.