IL MEDITERRANEO TRA L’OCCIDENTE E L’ORIENTE: IL CASO DELLA TURCHIA
di Raffaele Scala
L’avvicinamento con Mosca, l’idea di fare della Turchia un grande hub energetico tra Europa ed Asia, la giustifica delle azioni di Hamas e l’accusa all’occidente di ipocrisia, rivelano il disegno di un progetto politico della Turchia come potenza regionale. L’evoluzione delle ambizioni turche nel mediterraneo allargato hanno comportato una tensione dei rapporti tra Ankara con molte capitali europee e Paesi Nato.
Turchia tra Ue e Nato
Le grandi mire della Turchia di Erdogan hanno portato Ankara ad incrinare rapporti con molte capitali, Europee e membri dell’alleanza NATO.
Le relazioni tra Europa e Turchia hanno una lunga storia iniziata nel 1963, quando la Comunità Europea firmò il primo accordo di associazione con Ankara. Da qui il quadro di cooperazione è stato mantenuto con non poche difficoltà. Ma nel 1999 iniziò il lungo percorso di adesione nell’Unione Europea con l’apertura dei negoziati però, solo nel 2005. Negoziati che procedettero intensamente nei primi tempi, nonostante le perplessità dei governi e dell’opinione pubblica europea, per poi incagliarsi in anni più recenti con l’arrivo al potere di Erdogan, fino ad una loro sospensione “sine die” di fronte all’involuzione autocratica del governo turco e della sua disinvoltura nei rapporti con i partener europei e dell’alleanza atlantica.
Negli ultimi anni a gravare il delicato rapporta tra Ankara e Bruxelles sono state le scorribande della marina militare turca nel Mediterraneo e in Libia, accendendo tensioni con Italia, Francia, Grecia e Cipro. Inoltre l’accordo per una zona economica con la Libia, che viola le leggi della geografia, in quanto disegna una linea verticale nel bel mezzo del mare, dimenticando che quelle acque siano soggette al controllo delle autorità greche, Paese dell’Unione Europe e territorio di un membro Nato. Inoltre l’accordo siglato con la Libia, per lo sfruttamento delle acque territoriali, aumenta ancora di più la pressione in una zona poco stabile.
Ankara è molto attiva anche sul continente europeo, dove da anni ha stretto rapporti con i Paesi dell’area balcanica in campo culturale ed economico.
Un’altra preoccupazione, che dà un ulteriore elemento di ambiguità, è avvicinamento turco verso la Russia. Un esempio è l’acquisto da parte della Turchia del sistema russo di difesa missilistica terra-aria S-400 avvenuto nel 2017. Per gli Stati Uniti il sistema S-400 può essere utilizzato come spia per raccogliere dati sui sistemi NATO. Oggi le relazioni russo-turche sono particolarmente forti. Le differenze ci sono, ma quello che permette ad entrambe di collaborare e di aver un dialogo è il fatto di avere problemi con l’occidente. La Turchia, con l’UE e con altri Paesi, ha problemi inerenti alla questione di Cipro, e la posizione assunta da molti stati sul genocidio armeno e sulla questione curda. La vicinanza occidentale a questi temi è stata controbilanciata dal supporto incondizionato offerto dal presidente russo Putin. Poi c’è un altro fatto che infastidisce la Turchia: gli USA si rifiutano riconoscere “FETO” (Fetullahist Terrorist Organization) come organizzazione terroristica.
L’avvicinamento turco-russo
Dal 24 febbraio 2022 quando la Russia ha iniziato l’invasione dell’Ucraina il blocco occidentale ha sostenuto la posizione dell’Ucraina. Tra i paesi del blocco occidentale c’è la Turchia, membro NATO, la quale rispetto agli altri Paesi (UE e USA) ha avuto una posizione più leggera nei confronti di Mosca. Nonostante il “supporto” diplomatico in aiuto a Kiev, Ankara non ha mai messo in atto sanzioni contro la Russia. Infatti tutt’ora ella riceve forniture energetiche regolari tramite il gas-dotto Turkstream che collega la Russia alla Turchia.
In questi anni di guerra l’atteggiamento morbido di Ankara le ha consentito di acquisire una posizione di mediatrice tra le due nazioni in conflitto, ma anche tra il blocco occidentale e la Russia. Gli sforzi diplomatici messi in gioco da Erdogan hanno portato alla firma di diversi accordi sul grano fermo nei silos di Odessa, Chernomorsk e Yuzhny. L’accordo raggiunto ha evitato un incubo per i Paesi in via di sviluppo e frenato le speculazioni sui prezzi dei generi alimentari. Ricordiamo che l’Ucraina esporta grano, ma anche fertilizzanti, mangime per animali da fattoria, acciaio e ferro. Con il blocco dei porti le conseguenze hanno implicato per i primi sei mesi di guerra speculazioni in tutta Europa e rialzo dei prezzi delle materie prime.
Un altro successo diplomatico è stato raggiunto il 22 settembre 2022 con lo scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina, 205 prigionieri ucraini e 10 stranieri sono stati rilasciati in cambio di 55 prigionieri russi.
Il gas russo come mossa strategica
Nel ottobre del 2022 durante il vertice di Astana in Kazakistan, il presidente Putin ha offerto ad Edorgan la possibilità di creare in Turchia un hub energetico per il gas russo. Questa mossa è ovviamente un modo per Mosca di creare nuovi canali di sbocco che si incontra con l’ambizione turca di diventare una potenza regionale nel Mediterraneo tra l’Europa e l’Asia.
Dal canto suo Erdogan ha dichiarato: “non c’è tempo da perdere” perché è un progetto che, nelle speranze di Ankara, potrebbe ridefinire gli equilibri energetici e geopolitici tra UE, Asia e Medio Oriente. Mentre per l’Ue il progetto infrastrutturale strategico è il gasdotto EastMed che collega il Mediterraneo orientale alla Grecia, da lì in poi al resto d’Europa. Dietro a questo progetto ci sono Israele Cipro ed Egitto, ed Erdogan da tempo sta cercando di destabilizzare questo mega affare, scatenando la rabbia della Grecia.
Il ruolo di Ankara tra Israele e Hamas
L’escalation dovuto all’atto terroristico di Hamas il 7 ottobre e la risposta di Israele getta benzina sul fuoco in Medio-oriente. Oltre al fronte aperto con Gaza c’è molta preoccupazione al confine tra Israele ed il Libano e con gli altri Paesi arabi limitrofi che spinge a delineare un contesto regionale rovente, con la possibilità di estensione del conflitto.
L’Iran che costantemente invia messaggi bellici a Israele, qualche giorno fa ha dato al via all’esercitazione militare “Aghtdar”, che vede coinvolte unità di fanteria, missilistiche, corazzate, droni e personale per la guerra elettronica ed informatica. Per adesso Arabia Saudita e Turchia restano a guardare, ma Ankara già da tempo ha iniziato un percorso di politica estera diverso che ha portato Erdogan a schierarsi con Hamas, definendo i miliziani liberatori e attaccando con parole durissime le azioni dell’esercito israeliano. Queste dichiarazioni non sono state digerite dallo stato ebraico, tanto che nel pomeriggio del 28 ottobre, il ministro degli Esteri Eli Cohen ha ordinato il rientro di tutti i diplomatici dalla Turchia al fine di condurre una rivalutazione delle relazioni tra i due Paesi.
L’Ue sulla questione israeliana –palestinese
Durante il Consiglio europeo del 26-27 ottobre i leader europei hanno discusso della richiesta di pause umanitarie tra Israele ed Hamas e della guerra in Ucraina. Oltre ad una forte condanna all’attacco di Hamas da parte dei 27, c’è stato meno consenso sulla richiesta di fermare i bombardamenti su Gaza, portando il Consiglio europeo a dividersi sul conflitto in Medio-Oriente e rendendo l’Unione Europea meno incisiva di fronte agli sviluppi del conflitto rispetto ad altri attori che si propongono come mediatori, come la Turchia, ovviamente, la Russia e la Cina, le quali cercano di avere un ruolo attivo in un contesto internazionale molto teso.
Dopo la guarra in Ucraina, i diversi colpi di stato nei Paesi africani, la questione del Nagorno Karabakh tra Armenia e Azerbaigian, il fuoco acceso in Medio-Oriente pone l’Unione Europea rivedere il suo ruolo come attore per la stabilizzazione della regione prima che sia qualcun altro a farlo.
FONTE: IARI – Istituto Analisi Relazioni Internazionali