Stelle della lirica di grande longevità. Capitolo 8: GIACINTO PRANDELLI
Il più elegante fra i tenori, e il decano dei tenori italiani
di Emilio Spedicato
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L’ idea di contattare Prandelli l’ho avuta nel 2007 dalla signora Bergonzi. Ero andato a trovarla nella sua bella casa milanese, non molto lontano da Casa Verdi. Suo marito, il grande tenore Carlo Bergonzi, era allora impegnato a Busseto, dove dirigeva una importante scuola per cantanti. Erano reduci da un viaggio in Cina, dove Carlo doveva preparare per le olimpiadi i cantanti cinesi. Il soggiorno cinese fu funestato da una caduta di Carlo, con frattura di costole e rientro anticipato.
La signora Bergonzi mi disse che a Milano viveva anche Giacinto Prandelli, maggiore di età del marito, ma di mente lucidissima. Contattai Prandelli e andai a trovarlo nel suo appartamento in via Vittor Pisani (a brevissima distanza abitano il soprano Adriana Maliponte e allora abitava Lia Cei Marinuzzi, figlia del grande direttore di orchestra morto nel 1945).
Prandelli mi ricevette nel bel salone di casa sua, adorno di un pianoforte a coda, in compagnia della moglie Annamaria, signora ancora bella, un tempo bellissima stando alle foto. Aveva studiato anche lei da soprano, con la grande Giannina Arangi Lombardi, ma aveva rinunciato alla carriera per dedicarsi completamente al marito e ai figli. Giacinto è di aspetto assai giovanile, dimostra vari anni meno dei 94 anagrafici, e certo corrisponde alla definizione del più elegante fra i tenori, di lui data da una delle prime donne intervistate da Rasponi.
L’incontro è avvenuto nel luglio del 2008.
Originario di Lumezzane, nella provincia bresciana, Giacinto veniva da una famiglia dove i fratelli erano otto ed il padre un facoltoso industriale, contrario a che lui cantasse, ma fu aiutato da uno zio. Iniziò come molti cantanti di una volta, cantando in chiesa, nella frazione di Sant’ Apollonio, sia nel coro che come solista. A dieci anni, nella sesta elementare, volle essere il protagonista nella recita con canto di Corradino lo svevo. Spesso faceva serenate per conto di amici a Gardone Valtrompia, in particolare cantava O sole mio.
Iniziò a cantare professionalmente nel 1939 a Bergamo, con Gavazzeni, ne Il mito di Caino di Franco Barba. Fu l’inizio di una carriera durata una trentina di anni. Aveva accompagnato da Gavazzeni un amico cantante come basso, che ritrovò venti anni dopo a Buenos Aires. Gavazzeni gli fece un’audizione, essendo in ricerca di un tenore.
Non aveva mai cantato un’opera intera, solo romanze, come Fiore della Carmen e Lucevan le stelle della Tosca. Gavazzeni lo giudicò positivamente e lo invitò a cantare nel Carro di Tespi (una struttura viaggiante organizzata da Achille Starace, segretario per molti anni del partito fascista, e, si dice, gran seduttore), preparando la Butterfly. E poi a cantare alla stagione delle novità di Bergamo, dove lo avrebbe invitato a casa sua una volta alla settimana per la preparazione. La sua formazione quindi avvenne mediante lezioni e studio privato, mai studiò nel conservatorio, il senso musicale gli era innato. Solo da bambino prese lezioni di solfeggio.
Era appassionato anche di teatro, a quindici anni a Palazzolo sull’ Oglio recitò il canto 33 dell’inferno della Divina Commedia.
Bombardata La Scala nel 1944, l’attività operistica a Milano si spostò al Teatro Lirico. Nel suo primo anno aveva cantato di Puccini Gianni Schicchi e Le Villi, nel secondo anno cantò con la Favero, regista Frigerio, direttore Guarnieri, un’ opera ora dimenticata, Afro Poli. Guarnieri lo aveva sentito a Venezia nella Dafne. Cantò anche la Butterfly, dove, sebbene i pompieri obiettassero, in una scena fumava una sigaretta.
Si era trasferito a Milano, dove restò nel periodo della guerra nonostante i bombardamenti. Similmente Magda Olivero restò a Torino…. mentre Lina Cavalieri perì sotto una bomba a Firenze….e ad Aquisgrana il direttore Clemens Krauss, marito del soprano Ursuleac, una delle stelle intervistate da Rasponi, morì anch’egli sotto le bombe.
Ricorda di avere più volte cantato in opere che furono interrotte dalle sirene, come in una Adriana Lecouvreur a Trieste, dove cantava con Augusta Oltrabella e Fedora Barbieri. Si nascosero nel sottopalco. Non c’erano soldi per viaggiare in auto, si prendevano treni che spesso erano mitragliati, ed allora ci si buttava in un fosso.
A Torino cantò al Vittorio Emanuele, sostituendo in una Tosca Gigli che non stava bene. Alla Scala aveva debuttato con Gianni Schicchi diretto da Gino Marinuzzi. Allora il grande direttore abitava in via Tunisia e Prandelli nella vicina via Boscovich. Un giorno lo incontrò sul tram, si salutarono, lo accompagnò alla discesa e Marinuzzi gli disse: “Io, il coro e l’ orchestra siamo stati cacciati via”. Suo figlio era stato mandato in Germania e disse: “ho fatto un concerto per i tedeschi per fare rientrare mio figlio e sono stato incolpato per questo”. E’ noto quanto Marinuzzi abbia sofferto per questo evento, forse responsabile della sua prematura scomparsa per infarto.
Conobbe Parmeggiani a Bologna quando cantava Wagner con la Simionato. Parmeggiani gli presentò un allievo, Gianni Raimondi, ancora un ragazzo, dicendogli che avrebbe fatto grande carriera. Previsione che si avverò.
Prandelli ha cantato in molti paesi all’ estero, in gran parte dell’ Europa, Egitto, Argentina, Brasile, USA. Invitato nel 56 in Giappone, non accettò. Aveva come tutti un tempo i suoi costumi da scena.
Smise dopo una trentina di anni, per stress e per le offerte poco interessanti. Ultima opera cantata, la Francesca da Rimini.
Il suo repertorio consisteva di una settantina di opere, poco Verdi, salvo la Traviata, l’opera cantata più volte, e tutto Puccini, salvo la Turandot e la Fanciulla del West. Cantò la sua prima Traviata con la Carosio. Poi ricorda un Mefistofele cantato a Palermo con Mongelli, una Zazà e una Traviata con Maria Cebotari. A Enna una Manon con la Carosio e una Adriana Lecouvreur con la Olivero. Con la Zeani un Faust e una Lucia.
Chiedo un giudizio sui colleghi da lui conosciuti. Riconosce alla Tebaldi la voce più bella, vera emissione di angelo. Fra i bassi ricorda Siepi, Neri, Rossi Lemeni notevole anche per la sua cultura; fra i baritoni Tagliabue e Taddei; definisce bravi tutti i mezzosoprani con cui ha lavorato, in particolare Elena Nicolai, Cloe Elmo, e Gianna Pederzini, che gli fece anche la corte….(sappiamo che la moglie vegliava…).
Ha molto cantato con Magda Olivero. Cantò una Traviata con la Pagliughi, che con il suo peso ruppe una sedia. E alla Scala, direzione De Sabata, cantò una Butterfly con Licia Albanese, tuttora vivente e rispetto alla quale il nostro elegante tenore può ritenersi ancora un giovanotto.
Prandelli era considerato il più elegante dei tenori, e qualcuno scrisse che i suoi gesti davano vita alle parole.
Smesso di cantare si è dedicato all’insegnamento per una trentina di anni, avendo molti studenti orientali. Alla richiesta di un giudizio sulla lirica di oggi, preferisce non pronunciarsi, pur ammettendo che non è più quella di una volta e che non gli piace.
La sua vita familiare è stata serena. Molto deve alla moglie, anche come aiuto professionale, essendo lei donna di grande orecchio e musicalità. I figli non hanno ereditato le doti musicali dei genitori, anche se più volte hanno assistito alle opere dove lui cantava.
Il 14 giugno 2010 Prandelli, che era sempre stato bene, disse alla moglie che era giunto il suo momento: aveva la visione della madre. Morì nel corso della notte, all’ età di 96 anni. Questo fatto lo ha comunicato la moglie Annamaria a me e al soprano Franca Fabbri, in visita da lei.