I percorsi artistici di Vincenzo Congedo
di Paolo Vincenti
Vincenzo Congedo è nato a Galatina ed ha conseguito presso l’istituto Statale d’Arte di Lecce il Diploma di Maestro d’Arte. È stato allievo di Raffaele Giurgola, Umberto Palamà, Raffaele Spedicato e Vittorio Bodini. Ha insegnato Discipline plastiche presso l’Istituto Statale d’Arte “G. Toma” di Galatina e poi presso l’Istituto Statale d’Arte di Nardò. Ha affiancato all’insegnamento una lunga carriera artistica con una notevole ricerca nell’ambito dei materiali e delle strutture. Ha tenuto moltissime mostre personali e numerose sue opere scultoree e pittoriche sono presenti in enti pubblici e abitazioni private. Dopo essersi congedato dalla scuola, ha intensificato la produzione, che si è svolta in maniera febbrile negli ultimi anni, partendo dal suo piccolo studio nel centro antico di Galatina, il borgo patrio che Congedo non ha mai abbandonato. Anche la sua arte ha raggiunto in questi anni nuovi e utili approdi. Nelle opere di Congedo, lontane da un figurativismo di maniera e perciò sterile, “non c’è una gerarchia visiva”, come spiega Maria Agostinacchio, “le forme geometriche non tagliano lo spazio, non riquadrano come cartilagini taglienti, ma animano il divenire della scoperta e dell’incontro, della curiosità virtuosa senza pregiudizi” .
Pensiamo ad opere come La protesta, in bronzo, o Don Tonino, in terracotta, o a Cristo senza croce di legno, in pietra leccese. In queste realizzazioni, di chiara matrice espressionista, i tagli netti apportati al materiale utilizzato scarnificano il manufatto, ce ne rendono l’essenziale, negli scabri profili dell’oggetto rappresentato. “Per Vincenzo Congedo”, scrive ancora Maria Agostinacchio, “ogni azione ha una liturgia operativa lenta, meditata, che nasce da una pratica costante e da una riflessione sul contemporaneo” .
La ricerca di Congedo non si conclude nelle opere plastiche ma continua e trova una diversa estensione in quelle fotografiche. Nei suoi scatti, gli ulivi secolari salentini acquistano nuova vita, a dispetto della mortale epidemia da xylella che li ha decimati. Doveroso sottolineare a questo punto le radici contadine dello scultore, contadino egli stesso, e quindi unito da filiale devozione a quella terra cui i suoi antenati hanno dato l’anima e reso il duro lavoro. Sembra quasi che Congedo si sia opposto, attraverso la sua arte, alla distruzione che coinvolge il suo paesaggio materno, larico, seminale. “Un silenzio da incubo per Enzo Congedo”, scrive Giuliana Coppola, “figlio della terra, chè, là, nella terra, l’hanno portato nonni e genitori e gli hanno insegnato a sentire l’abbraccio delle zolle; quest’abbraccio profumato gli è rimasto nell’anima, gli ha modellato l’esistenza e i pensieri, è diventato spesso fonte della sua ispirazione. Poi, d’un tratto, l’ha visto, quel tronco, o meglio il resto d’un tronco, una volta d’albero millenario. Gli è sembrato che gli chiedesse aiuto ed allora se l’è preso sulle spalle l’ha portato via con sé, per curarlo, forse, o forse per ridargli vita diversa o forse solo per consolarlo” . L’articolo della Coppola fa seguito alla mostra “L’albero e la ninfa”, tenuta da Congedo presso i Cantieri Koreja a Lecce, nel 2012.
Ma anche i materiali inerti vengono ritratti e vivificati dalla sua fermentante creatività: vecchi portoni scrostati dal tempo, una serratura arrugginita, ferri, bulloni, materiale di scarto della società del benessere. Le sue opere fotografiche “diventano un contenitore concettuale”, come scrive Andrea Cappello, “un contenitore di stati d’animo e di sensazioni che mostrano e trasformano loro stesse a seconda della luce ricevuta e delle angolazioni ottiche” .
Utilizza i materiali più disparati, dalla terracotta di base alla pietra leccese, dall’argilla ai vari inserti metallici che conferiscono alle opere quell’ “astrattismo concreto”, se mi si può passare questo ossimoro, per il fatto che l’antifigurativismo non porta ad una astrazione assoluta ma si concretizza nel chiaro messaggio che l’artista vuole trasmettere e che è del tutto leggibile nelle pieghe del manufatto, in una osmosi tale per cui il significante si compenetra col significato. Infatti, al centro delle sue proposte artistiche stanno spesso i drammatici fatti di cronaca mondiale che hanno interpellato negli ultimi anni le nostre coscienze: le guerre, di cui sono teatro troppe zone del mondo, il dramma dei migranti, le urgenze umanitarie che hanno trovato sfondo nel mare Mediterraneo, le povertà esistenziali ed economiche, i disastri ambientali. Pensiamo a opere come Nassiriya 12 novembre 2003, in terracotta, a Donna del mediterraneo, terracotta, a Mani senza frontiere, terracotta, a La nuova arca. Viaggio dei 500 verso Sarayevo, in pietra leccese. “In queste opere, e più in generale in tutte le opere di Vincenzo Congedo”, scrive Luigi Blanco, “la scelta dei materiali non è mai disgiunta dal contenuto del messaggio che si vuole trasmettere.
Sia esso l’argilla, il bronzo o la pietra leccese, la scelta di un materiale è dettata solo ed esclusivamente dalla fusione che questo riesce a trovare con il messaggio che l’artista vuole trasmettere con la sua opera all’osservatore” . Egli è un uomo del suo tempo che non può restare insensibile di fronte alle grandi problematiche che oggi ci inquietano. Le tragedie collettive, l’attenzione per la terra e per i mali del mondo, “il richiamo della realtà e lo sguardo sulla sofferenza rappresentano anche nelle altre opere di Vincenzo Congedo un dato ineludibile” .
Nel 2001, Congedo partecipa alla Biennale di arte pittura e scultura tenuta a Barletta, presso il Palazzo e la Chiesa Real Monte di Pietà, dall’Associazione “G. De Nittis”, con l’opera Maternità, in terracotta patinata.
Nel 2003, presenta la mostra “Concerto fotografico di materia e forme di Vincenzo Congedo”, nella sala Teodoro Pellegrino presso la Biblioteca Provinciale “Nicola Bernardini” di Lecce. Questa mostra, già tenuta presso il museo comunale “Pietro Cavoti” di Galatina, esponeva quaranta opere fotografiche che documentavano l’evoluzione artistica dell’autore negli ultimi anni della sua produzione. Voluta da Gigi Mangia, con introduzione tematica di Bartolomeo Laceranza, vide la partecipazione degli allievi dell’Istituto d’Arte “Gioacchino Toma” di Galatina, presenti con otto pannelli fotografici. Nell’esposizione, “materia e forme dialogano e si confrontano in un deciso rapporto di complementarietà che è alla base della fotografia d’arte di Congedo”, come scrive in una esaustiva recensione della mostra Andrea Cappello, del quale ci sentiamo di condividere integralmente l’augurio che rivolge in chiusura di analisi al Maestro: “ad Enzo Congedo tutti noi chiediamo di continuare tale felice momento in cui opus fervet; chiediamo di rimanere coerente con se stesso, bene sapendo che questo è il solo modo per lui di esprimersi come artista e come uomo del suo tempo. Gli chiediamo di continuare a lavorare seriamente, senza che nessuno lo distragga dal suo operare serio e penetrante […]
Quindi gli chiediamo di continuare a sperimentare e a trovare queste note: foto di armonie nascoste immerse nelle modernità dell’arte e che coinvolgono totalmente lo spirito e l’occhio dell’interlocutore, conducendolo in un viaggio iniziatico alla ricerca di un mondo sommerso e invisibile […] una simbiosi quasi mistica, una ricerca della perfezione” .
“Declinata in un’apparente essenzialità, la scultura di Congedo si connota di una forza espressiva propria della tradizione artigianale, in grado di reinventare una cifra stilistica dai toni lirico-evocativi, lasciando intravedere un’osservazione acuta e distaccata dalla materia, da cui l’autore stesso riesce ad estrapolare tutte le componenti poetiche”: così scrive Candida Stefanelli, illustrando l’opera Il sacrificio dei Martiri di Otranto in difesa della fede, soggetto iconografico raccontato in un pannello in terracotta (cm. 180 x 90), donato dallo scultore al Museo Diocesano di Otranto. E ancora: “La scultura è per Congedo il risultato di una lenta e silenziosa ricerca spirituale, prima ancora che artistica, tale da conferirle un potenziale espressivo degno di ammirazione. Ciò che più colpisce l’attenzione è la doviziosa cura dei particolari che, evocando un classicismo radicato, sconfina nella modernità di sagome solo abbozzate” . L’opera, realizzata in occasione della canonizzazione dei martiri d’Otranto nel 2013 e presentata in anteprima nella chiesa di Santa Maria della Misericordia in Galatina, venne poi traslata nella Cattedrale di Otranto e quindi nell’annesso Museo Diocesano nel 2014, come conferma la lettera di viva gratitudine che l’allora Arcivescovo di Otranto Donato Negro inviò allo scultore . Un’opera intensa, carica di pathos, nella quale si sente vibrante il messaggio di fede che l’artista ha voluto lanciare attraverso uno degli episodi più emblematici della storia religiosa salentina, l’eccidio degli ottocento martiri idruntini. Quest’opera così imponente ma anche delicata, nei suoi significativi effetti bronzei, venne molto lodata dalla critica di settore.
La forte spiritualità del maestro Congedo ha trovato modo di esplicarsi nella sua tenace devozione verso la figura di Don Tonino Bello, vescovo e poeta, leader del movimento Pax Christi. Nei sei pannelli realizzati per il Cimitero di Alessano, dove si trova la tomba di Don Tonino, è plasticamente raffigurata quella “chiesa del grembiule”, che semantizza “il tentativo di voler conciliare la fatica della storia con la felicità dell’utopia nel trionfo della bellezza, nella liberazione dal male”, come scrive Luigi Mangia . L’opera venne inaugurata il 28 ottobre 2018 all’interno di un itinerario che attraverso il cimitero di Alessano conduce alla tomba di Don Tonino e nel quale sono state collocate varie installazioni di altri artisti italiani e stranieri che hanno inteso così onorare la memoria del prelato.
Nei sei pannelli di Congedo vengono evocati temi relativi all’opera pastorale di Mons. Bello, illustrati da Luigi Mangia nel depliant che ha accompagnato l’inaugurazione . Al Vescovo della pace, Congedo aveva già dedicato una mostra nel 2005 ed il relativo catalogo, L’arte abbraccia l’uomo, patrocinato dalla Fondazione Don Tonino Bello, in cui trovano posto scritti di Luigi Mangia, Andrea Cappello, Luigi Blanco . Ma ancor prima, nel 1994, l’artista ha realizzato per conto della Curia Vescovile di Nardò-Gallipoli, gli stemmi in ceramica del Papa Giovanni Paolo II, del Vescovo Garzia e dei Comuni di Galatone, Aradeo, Alezio, Gallipoli, Neviano, Sannicola, Nardò. Proprio per conto del Comune di Nardò, dal 1989 al 1994, aveva curato l’allestimento della “Mostra della Ceramica artistica e del Ferro battuto”.
Dalla pittura e dalla scultura, il maestro Congedo passa agevolmente alla grafica e si fa spesso egli stesso promotore ed organizzatore d’arte. Il suo amico e collega Antonio Stanca ritrova le motivazioni di questa varietà di realizzazioni nel suo eclettismo: “Non ha remore”, scrive, “a realizzare un bassorilievo d’impronta classicheggiante e subito dopo un pannello in acciaio con sovrapposte figure umane molto stilizzate oppure una scultura astratta in pietra leccese e poi, magari, l’indomani, andare a esplorare le campagne salentine per fotografare minuscoli frammenti di foglie secche o di superfici rocciose per ottenere immagini da combinare successivamente con effetti pittorici, in uno stile a metà strada tra naturalismo ed astrazione” .
Da buon galatinese, non poteva mancare di partecipare alla “Fiera Nazionale Industria Artigianato e Agricoltura” di Galatina, in particolare per conto della ditta Colacem, per la quale ha allestito lo stand espositivo per diversi anni di fila; ha realizzato altresì diverse strutture modulari per arredamento commissionate da architetti e ingegneri della Provincia di Lecce.
Il suo forte impegno sociale si esprime in opere come Mani senza frontiere, in cui egli vuole auspicare il superamento delle barriere politiche fra i paesi europei per una politica di accoglienza ed integrazione veramente realizzata, contro gli steccati ideologici che da troppo tempo recingono il nostro continente, che invece Congedo vede come culla del Mediterraneo. Di qui la sua partecipazione negli anni alle collettive “Artisti mediterranei per la Pace”, tenuta a Carpi (Modena), “Oriente e Occidente: quali vie per trovare la Pace”, presso il Museo Cavoti di Galatina e presso Palazzo Gallone di Tricase, “Capodanno dei Popoli e della Pace”, presso Palazzo dei Celestini di Lecce. Quello dell’accoglienza è un messaggio che viene in fondo anche da Don Tonino Bello, il Vescovo degli ultimi, la cui lezione Congedo ha fortemente interiorizzato, tanto da partecipare anche ad una collettiva d’arte, “La cultura dell’inclusione nell’insegnamento di Don Tonino Bello”, tenutasi a Giovinazzo (Bari), presso la Sala San Felice. Egli esprime “un senso di sfiducia verso i limiti della diplomazia e della politica ed afferma un senso di frontiera culturale come luogo di incontro, di convergenza, un crocevia aperto alle sensibilità diverse”, scrive Luigi Mangia a corredo dell’opera Mani senza frontiere .
Nelle installazioni Senza titolo in terracotta, molto vicine all’arte informale, possiamo notare come lo scultore abbia saputo piegare le forme artistiche al messaggio in una resa totale di arte come vita e vita come arte. Una sua bellissima opera, Infinito, in pietra leccese, è ospitata dal Museo di arte contemporanea di Brindisi, così come l’opera Cristo senza croce adorna una delle sale dell’Ecomuseo delle serre di Neviano.
Fra le recenti opere del Maestro, occorre segnalare le quattordici stazioni della Via Crucis e La Resurrezione di Cristo, donate nel 2014, in occasione dei sessant’anni di sacerdozio di Don Fedele Lazzari, alla Chiesa dello Spirito Santo, annessa all’ex convento dei Cappuccini di Galatina.
Molto significativa anche la composizione “Tu non conosci il Sud”, dedicata al poeta Vittorio Bodini, che fu suo insegnante di Storia dell’Arte, e composta da una serie di parallelepipedi in polistirolo fra di loro concatenati e sulle cui superfici dipinte sono riportati alcuni versi del poeta. Quest’opera è stata donata al Museo Cavoti di Galatina, dove si tenne la mostra collettiva “Il Salento di Bodini nell’arte e nella poesia”, dedicata al grande poeta salentino. Un altro omaggio alla poesia salentina Congedo ha fatto, partecipando alla mostra dedicata a Girolamo Comi, nel 50esimo anniversario della morte, tenutasi al Convitto Palmieri di Lecce nel 2019 .
Fra le sue opere più imponenti e significative, citiamo l’installazione Odissea, realizzata in cemento armato e conservata in collezione privata, “Le tre Arti” – Letteratura, Scienza, Musica, in cemento armato, presso collezione privata, ed anche il Cenacolo, in terracotta, che adorna l’altare maggiore della Chiesa SS: Pietro e Paolo a Galatina.
Di lui hanno scritto, oltre ai critici già citati, Toti Carpentieri, Maria Greco, Nicola Cesari, Marco Camannossi e Domenica Specchia. Il presente scritto infine si propone, in continuità con la lunga esperienza artistica di Vincenzo Congedo, di dare sostanza all’avvertita speranza che la sua arte possa continuare a vivificare le coscienze in un presente troppo stressato da amare contingenze.