Sicurezza del lavoro: mancano cultura della legalità e senso di responsabilità
di Michele Marino
Di fronte all’ennesimo, gravissimo e intollerabile incidente ferroviario che ha causato la morte di cinque giovani/ssimi operai non dobbiamo, coscientemente, farci prender la mano dall’ipocrita atteggiamento di pietas che – pur comprensibile cristianamente – ci devierebbe, come in tanti altri casi, dal selciato essenziale dell’analisi obiettiva e dell’attenta riflessione sui mali del sistema sicurezza del lavoro, pur in presenza di una normativa statale abbastanza chiara alla luce del “diritto al lavoro”… e delle “… condizioni che rendano effettivo questo diritto”, secondo quanto disposto dall’art. 4, comma 1, della Costituzione.
Perciò va detto senza infingimenti, né interessi di parte che questo orribile record di vittime, cioè lavoratori, cittadini italiani, che i problemi di settore hanno una definizione precisa: legalità e responsabilità. Principi giuridici semplici ed evidenti che hanno, tuttavia, notevoli difficoltà ad affermarsi nella nostra società, cosiddetta civile, a cominciare dal ruolo che svolge il “sindacato ufficiale” che va accompagnando il “progresso” (sempre citato dall’art. 4 Cost.) socio-economico della nazione da sempre.
E come si può non condividere il saggio pensiero del presidente ANMIL, Zoello Forni, che recentemente ha invocato che si parli, appunto, di responsabilità in tema di “tutele che si sono evolute troppo lentamente”, tant’è che due milioni di lavoratori sono tuttora privi dell’assicurazione INAIL; e per non dire di quanti comportamenti sono errati, sottovalutano il rischio a cui si va incontro, forte richiamo a tutti i soggetti-attori del processo lavorativo: datore di lavoro, lavoratore e sindacato.
Inoltre – richiamo ancora l’intervista al presidente ANMIL – si deve porre in evidenza la necessità di alleviare le famiglie delle vittime che vengono sottoposte a processi lunghi, a volte quasi interminabili, nei tribunali di un’Italia che si vanta di essere nel G7 mondiale: “si eviti loro di rivivere il dolore …”, cosa penosa e drammatica nel contempo!
Si ponga mano con competenza e serietà alla riforma e riorganizzazione degli uffici dell’Ispettorato del lavoro, potenziandoli al meglio, definendo con chiarezza il ruolo e le responsabilità della neonata Agenzia, con un piano strategico capace di includere la posizione istituzionale del CNEL; semmai, coinvolgendo anche il comune cittadino che possa segnalare eventuali inosservanze e manchevolezze con l’utilizzo di un numero verde, facilmente fruibile 24 ore su 24. Soltanto così si avrà una cultura della legalità e della cor-responsabilità capace di contenere al massimo questo, insopportabile fenomeno di un’epoca tanto tecnologica, ma evidentemente non abbastanza umana.
Michele Marino – Presidente Centro studi “Tina Anselmi”, Roma