Raccontare la psicologia: La leadership
di Maurizio Mazzotta
Purtroppo devo partire da cose che si sanno per arrivare a dire qualcosa che forse ci sfugge
Mentre l’Europa sperimentava le dittature, gli studiosi americani cominciavano a studiarle, analizzando ciò che accade nei gruppi e negli individui sia quando la guida è autoritaria sia quando è democratica. Siamo nella prima metà del secolo appena trascorso e un gruppo di psicologi imposta uno degli esperimenti più importanti nella storia delle ricerche sul comportamento. Importante per l’accurata preparazione, per la metodologia utilizzata, per i risultati previsti e per quelli non previsti. Questi ultimi soprattutto.
Furono formati più gruppi di volontari che sotto la guida di alcuni sperimentatori dovevano svolgere un compito per un periodo di tempo abbastanza lungo. Tutti i gruppi, immaginiamo venti, furono divisi in due categorie: dieci gruppi sarebbero stati guidati in modo autoritario e dieci in modo democratico. Gli sperimentatori che dovevano assumere il ruolo di capo furono sottoposti a un training durante il quale “appresero a guidare”, alcuni in modo autoritario, altri in modo democratico. Costoro avevano una lista di “modi di fare e di dire” sulla quale si esercitarono. Le liste erano state definite da psicologi esperti nell’osservazione di gruppi di lavoro e i risultati delle loro discussioni avevano messo in risalto e nettamente distinto i modi di fare e di dire tipici di ciascuno dei due stili: autoritario e democratico secondo il linguaggio dell’epoca,.
C’erano pure degli osservatori esterni che seguivano tutte le fasi dell’esperimento, a partire dalla “formazione dei capi”. Questi osservatori notarono, durante il periodo in cui “i capi” svolgevano la loro funzione, che tra gli sperimentatori “democratici” non c’era uniformità nel comportamento e pur essendosi allenati allo stesso modo, alcuni interpretavano in modo troppo personale la “gestione democratica del gruppo”. E infatti all’interno dei dieci gruppi guidati democraticamente c’erano delle differenze. In breve alcuni gruppi funzionavano, altri erano uno sfacelo.
Si scoprì che proprio il concetto di “guida democratica” è difficile da capire (non lo trovate interessante?), di conseguenza i modi di fare e di dire dei capi democratici si erano manifestati con delle differenze che non erano semplici sfumature, erano sostanziali al punto che i gruppi ne avevano risentito. Come accade, si chiesero gli osservatori, che tra i dieci gruppi guidati democraticamente ce ne siano alcuni che hanno realizzato il compito al meglio, in cui la coesione tra i membri è rimasta alta e le persone si trovano bene, e altri gruppi invece che non hanno realizzato letteralmente nulla e i cui partecipanti sono indifferenti a tutto e a tutti? Gli studiosi ipotizzarono l’esistenza di un altro tipo di leadership, improntato al lassismo e alla permissività, cioè un modo di condurre il gruppo che non era propriamente un condurre e che sembrava essere fallimentare. Intanto i risultati, per quanto riguarda le differenze tra stile autoritario e stile democratico, furono che i gruppi guidati dai capi autoritari (i quali non ebbero problemi di interpretazione) furono più efficienti, cioè realizzarono il compito in minor tempo degli altri gruppi. Quelli condotti democraticamente realizzarono il compito in modo qualitativamente migliore e con soddisfazione dei partecipanti.
Negli anni successivi ovviamente gli studi continuarono e i risultati furono: 1 – che non esiste una leadership ottimale; 2 – che il capo deve esercitare una guida flessibile, passare cioè, a seconda delle esigenze del gruppo e dei membri e a seconda del compito, da uno stile all’altro; 3 – che ci sono momenti di crisi del gruppo che richiedono una guida autoritaria; 4 – che una sbagliata interpretazione della guida democratica genera lo stile permissivo, e una sbagliata interpretazione dello stile autoritario genera lo stile dittatoriale. E dunque al momento tutti (anche perché ne abbiamo esperienza) possiamo concludere che esistono quattro tipi di leadership:
permissiva – democratica – autoritaria – dittatoriale;
che nella guida democratica l’attenzione del capo è rivolta soprattutto al gruppo, e nella guida autoritaria l’attenzione del capo è rivolta soprattutto al compito; che la guida democratica può “scivolare” in quella permissiva dove non c’è attenzione per niente e per nessuno da parte di nessuno; e che la guida autoritaria può “scivolare” in quella dittatoriale, dove il leader è attento solo a se stesso.
Ma cosa determina lo stile di guida? Non è sufficiente rispondere che sia la personalità del capo a generare un modo di condurre. Dobbiamo scoprire il suo senso di sicurezza, osservare la fiducia che egli ha nei dipendenti, studiare la sua inclinazione alla leadership, analizzare il suo sistema di valori. Potrebbe bastare registrare le riposte di un capo a domande come queste: quanto hanno diritto gli individui a intervenire sulle decisioni che li riguardano ma di cui non sono responsabili? Quanto ha diritto di decidere colui che è responsabile delle decisioni? Colui che è responsabile della decisione può delegare ad altri? Colui che decide deve essere e deve mostrarsi sempre convinto?
Ci sono individui che per determinate condizioni (si pensi agli alunni: bambini e ragazzi) devono partecipare solo marginalmente alle decisioni che li riguardano? Chi risponde a queste domande è condizionato dalla sua esperienza diretta nell’infanzia e nell’adolescenza, cioè “i capi” che ha avuto (per intenderci genitori, insegnanti). Chi ha appreso a partecipare e a far partecipare tenderà a porsi come sostegno del gruppo più che come guida; chi ha appreso ad assumersi le responsabilità, tenderà a porsi come guida più che come sostegno; chi ha appreso a risolvere la propria ansia con la fuga, delegherà ad altri la decisione in situazione di crisi.Alla base di tutto ci sono le convinzioni sulla natura dell’uomo, veri e propri principi guida che si assumono dai modelli che abbiamo avuto, dagli studi, dalla capacità di osservare, meditare e ragionare sulla realtà in cui siamo immersi. Per esempio principi del tipo: “Gli uomini devono essere diretti”; “Gli uomini sono poco creativi”; o come questi: “Gli esseri umani tendono all’autorealizzazione”; “Gli esseri umani tendono a comportarsi come hanno imparato e perciò sono modificabili”. Basta soffermarsi un attimo e si comprende come uno solo di questi principi determini lo stile di guida di un leader.
Chi è responsabile di un gruppo deve innanzitutto essere in grado di autosservarsi e confrontarsi con i risultati che il gruppo raggiunge. Cosa oltremodo difficile perché si è portati a vedere ciò che si vuole vedere.
La seconda parte di “Raccontare la Psicologia” con il capitolo dedicato all’ “Apprendimento da modello” sarà online il prossimo 17 settembre.