IL PENSIERO MEDITERRANEO

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“Sabbia di confine” poesie della salentina Pina Petracca, presentazione il 23 settembre a Palazzo Comi di Lucugnano (Tricase, Le)

Sabbia di confine, poesie di Pina Petracca

Sabbia di confine, poesie di Pina Petracca

di Paolo Rausa

“Una folata di vento/su sabbia di confine”: quest’ultimo verso della poesia “Poca cosa” dà il titolo all’ultima raccolta di Pina Petracca. Ormai sono innumerevoli: da “Inno alla vita” (1999) a “L’antidoto” (2007), finalista al Premio letterario Nazionale Nabokov nel gennaio 2014, “Il senso dell’incanto” (2013) in collaborazione artistica con la pittrice Laura Petracca, “Solitudini a Sud della tua luce” (2017). Pluripremiata: con il 1° Premio alla sez. Poesia del Concorso Nazionale Umberto Bozzini a Lucera (Fg) e al Concorso Tricase in poesia “Girolamo Comi” nel 2019, sempre 1° posto al Premio Letterario “Nunzia De Donno” a Giurdignano (Le) nel 2020. Quindi una lunga carriera nella poesia nonostante la sua giovane età, vistosa e giustamente riconosciuta.

In un breve video Pina Petracca cerca di spiegare, dare conto di questo titolo con il quale dà una definizione aggrovigliata della condizione umana, una sabbia di confine, granelli di esperienze esposti al vento che con le sue folate di tramontana, più spesso sciroccali, a volte brezze di zefiro, ricompone ed espone le nostre vite, ai margini. Non è solo una condizione di fragilità o di condivisione di terra e di mare, secco e umido, a volte anche di terra e deserto, l’arsura di cui si nutre la poetessa. E’ proprio questo desiderio di acqua primigenia che spinge Pina Petracca a cercare le fonti a cui abbeverarsi. E le trova o sembra che accada, a volte sono reali nell’immagine affettuosa del padre o dei figli, in un fiore che si apre al mondo con tutta la sua bellezza di profumi e di colori ma subito dopo caduco, nella precarietà che è anche la sua, la nostra nell’immaginario poetico. Una serie di impressioni stringono l’animo dell’autrice, piccole cose, quasi “myricae” di pascoliana memoria, il paesaggio, il giorno e la notte, il mare con il suo andirivieni, le onde, tutte trasfigurazioni della nostra esistenza che si arricchisce e nello stesso tempo si appesantisce per i mali del mondo, per i nostri limiti che non ci consentono di volare come le rondini che annunciano la primavera, che ci fanno immaginare almeno dei viaggi leggeri da luogo a luogo, ma soprattutto nella nostra anima.

E il pensiero corre ad Alexander Langer, viaggiatore leggero appunto come visione ed esempio di un procedere/periodare lento dolce e profondo, ancor di più, ma i processi della storia non seguono i nostri ideali e le nostre aspirazioni. A volte sembra che il mondo vada in tutt’altra direzione e allora non resta che sacrificare la nostra vita sull’albero dell’albicocco, che ignaro continua a mostrare la ineluttabilità dei processi naturali. Le spine interrompono il nostro desiderio e la nostra voluttuosa ricerca della bellezza e interpongono la giusta pausa dettando “silenzi di parole”. Che come polle d’acqua sorgiva si rinnovano in un processo rigenerativo caricando così la penna ingravidata “di parole e di pensieri” che sgorgano nel “travaglio”, dando nuova vita a testi e stati d’animo cosicché “fa liquido l’inchiostro”. Questo della ricerca della parola è il leitmotiv delle poesie di Pina, la parola salvifica che si possa modellare come cera, come bronzo, a volte carta pesta, a volte pietra inesorabile che sembra impedire il cammino. Il percorso è accidentato, pericoli e impedimenti si frappongono a raggiungere la pienezza dell’essere, la verità dell’esistenza, l’ebbrezza del cammino che a volte necessita della “pazzia di marzo” che denudi il nostro corpo e lo esponga alle intemperie invernali o al calore solare estivo che brucia e consuma tutto, anche i nostri desideri reconditi, il desiderio di annullarsi nei fenomeni naturali, nella natura come “fragile fibra dell’universo” che non sa e gode di questa condizione confusa e maestosa allo stesso tempo. La brezza marina e le “conchiglie di silenzi”: lui chiacchera, lei è sgomenta, vorrebbe fuggire, invece è lì ad ascoltare le sirene che decantano i viaggi dei marinai, di Ulisse amoroso, di Idrusa che non risponde agli sguardi d’amore di capitan Zurlo finché il mare non restituisce il corpo del suo sposo.

Storie che si accavallano e che nessuno raccoglie se non i poeti, che prestano orecchio e ascoltano i sussurri che diventano canti, nenie, urli e pianti perché così è fatta la storia del mondo e tocca ai poeti, come Pina Petracca, offrire la mente e il cuore perché li elaborino e ce li rendano in armoniose visioni dove il ritmo incalza, l’arsi e la tesi, il dolce e l’amaro. Così l’amore descritto da Saffo nel suo tiaso di giovani promesse che alla guerra e alle torme di cavalieri preferiscono il sentimento universale in un abbraccio d’amore. Edizioni Esperidi, Monteroni di Lecce, 2022, pp. 175, € 13,00.


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