IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Alberto Buttazzo o della Tipografia

ALBERTO BUTTAZZO-TIPOGRAFIA-DEL COMMERCIO

ALBERTO BUTTAZZO-TIPOGRAFIA-DEL COMMERCIO

di Maurizio Nocera

Alberto amava la tipografia. Alberto era la tipografia. Gli ambienti tipografici erano per lui come un utero materno entro al quale egli, già bambino concepito, si muoveva, o, per meglio dire, nuotava in un liquido risplendente di luce propria, un po’ come un sole o una stella che irradia luce perpetua.

Ci conoscevamo da una ventina d’anni, forse di più, comunque da tanto tempo. Il nostro primo incontro fu indubbiamente empatico, non nel senso di un’empatia laterale o verticistica ma cerchiante e circolante: con-versavamo e ci con-prendevamo. Fra me e lui s’instaurò subito un rapporto che stabiliva che, quando parlava lui, io tendevo al massimo le mie orecchie per introiettare quel che egli diceva, allo stesso modo accadeva per lui.

Alberto Buttazzo

Ricordo ancora il primo incontro. Era per me inevitabile, andando verso piazza sant’Oronzo da Porta San Biagio, percorrere via dei Perroni. Ed era inevitabile non passare davanti alla Tipografia del Commercio. All’inizio guardavo sott’occhio l’uomo ieratico che si aggirava per la prima stanza della tipografia. Egli però non guardava me. Un giorno, uscito di casa che non pioveva, ma, guarda un po’ come sono le occasioni della vita, lungo la strada si mise a piovere lento. Non mi fermai sotto l’arco. Giusto il tempo per farmi arrivare nei pressi della Tipografia. Dentro la prima stanza una lucetta rischiarava l’ambiente. Mi riparai nell’incavo del primo ingresso esterno. Appena qualche minuto e sentii la porta a vetri che si aprì. L’uomo ieratico, che poi era il tipografo, s’affacciò e, con una voce da bimbo innocentissimo, mi disse:

            «Prego, entri pure. Fuori fa freddo».

Forse in cuor mio mi aspettavo questa risposta. Entrai e mi trovai, per me, vecchio bibliofilo ebbro di carta, di inchiostri, di macchine tipografiche, e di quant’altro che avesse a fare con la regina delle arti umane, mi trovai, dico, mi di trovai nell’universo a me sempre caro. Il tipografo, sempre con quella sua voce di bimbo innocentissimo, mi disse:

            «Prego, si può sedere. Appena qualche minuto che finisco di chiudere la pedalina».

            «Grazie. Posso dare un’occhiata ai manifesti appesi alle pareti?».

            «Certo che può».

Alle pareti c’erano appesi manifesti di una bellezza unica, soprattutto per le loro dimensioni e colorazioni. Il tipografo finì il lavoro che aveva detto che stava facendo alla pedalina, ma ebbi l’impressione che più che finirlo l’aveva momentaneamente interrotto. Prima di arrivare presso di me, si era lavato le mani e se le stava asciugando con uno straccio tipografico. Sembra curioso dire “straccio tipografico”, ma è effettivamente così: in qualsiasi tipografia del mondo, dal tempo di Gutenberg e Manuzio, negli edifici tipografici ci sono state sempre queste pezzuole che, per via del frequente uso, assumevano una colorazione e un odore particolare. Odore d’inchiostri.

            «Mi chiamo Alberto Buttazzo, mentre lei mi ricorda un viso conosciuto. Mi dice per favore come si chiama?».

            «Maurizio Nocera e sono fortemente innamorato delle tipografie. Quando, sulla mia strada ne incontro una, non resisto all’idea di volerla visitare».

            «Ah, ecco, ricordo. Quando la mia Tipografia stava in via Boemondo, lei è venuto da me più volte con un altro signore con la barba. Mi chiedevate dei piccoli lavori tipografici».

            «Adesso ricordo anch’io. Quel signore al quale lei fa riferimento era il poeta Antonio L. Verri che, purtroppo, ora non c’è più. È morto il 9 maggio 1993. Sì, è vero, le chiedevamo piccoli lavori a stampa soprattutto per un libro, unico nel suo genere, il Declaro».

Subito dopo questo primo scambio di idee, le nostre conversazioni e comprensioni empatiche assunsero la portata di un fiume in piena. Finalmente per me, dopo la frequentazione della tipografia Tallone, che fisicamente però era lontana da me (Alpignano in provincia di Torino), trovavo nella mia città, una vera tipografia dove potevo godere della bellezza di uno scrigno di conoscenza. Ed è proprio così, perché le tipografie, sin dalla scoperta dei caratteri mobili nella prima metà del Quattrocento, hanno rappresentato sempre i luoghi dove si forma e si fonda il sapere umano. Per di più la tipografia Buttazzo è di tipo museale, cioè conserva al suo interno non solo macchine d’epoca, ma anche i materiali stampati dal 1926 ad oggi.

Alberto Buttazzo

Mi sono subito calato nella meravigliosa dimensione umana del tipografo-fanciullo. Nel rapporto con me, Alberto ha sempre assunto un comportamento dolce e di estrema disponibilità, tipico appunto del fanciullo innocente, desideroso di far sapere le sue esperienze e di acquisire sapere da chi aveva voglia di dargliele. Senza arroganza e spocchia. Perciò mi venne spontaneo dedicargli alcuni versi, che forse versi non erano e non sono quanto invece un omaggio affettuoso al tipografo che, un giorno di pioggia, mi aveva amabilmente ospitato. I versi sono dedicati a suo padre – Antonio, fondatore della tipografia – che Alberto ha amato immensamente e che mai dimenticò

            «ODORE D’INCHIOSTRI// alla memoria/ di Antonio Buttazzo/ Tipografo Leccese// Il secolo grande apriva gli occhi alla luce/ quando sulla piazza del Duomo di Lecce/ s’udì il suono mattutino delle campane dello Zimbalo:/ nasceva un tipografo infante/ odorava già di carta stampata./ Era figlio di un altro tipografo/ compositore dagli occhi del mare/ lettore dei versi di Capitan Blak/ del quale compose la vita:/Vita di Giuseppe De Dominici da Cavallino./ L’officina odorava d’inchiostri/ come “La Teatrale”/ che stampava manifesti locandine letterarie/ libretti musicali pieghevoli d’arte/ annunci e dolci pirottini./ Cullata l’aveva/ Via dei Conti di Lecce/ e Via Boemondo la vide crescere/ poi fu Tipografia del Commercio/ e Via dei Perroni la maturò./ Oggi il barocco leccese tal rococò/ la domina dall’alto di San Matteo a sentinella/ che mira lo spirito del tipografo/ strano Titivillus sulle volte a stella della casa/ come cielo di tufi soffiati sull’umanità./ Sbuffano le vecchie macchine piane/ in primo luogo la monumentale “Marinoni”/ col tipografo che in camice nero/ compone caratteri margini e profili/su banconi poveri come monaci francescani./ Con le mani profumate di sapone/ rosso alla sabbia di San Cataldo/ il tipografo accarezza/ cassettiere marginiere linoleum cliscè/ e lieve si rivolge alla carta imballata./ Onore al tagliacarte manuale e pure all’automatico/ onore alla cucitrice metallica e alla pressa idraulica/ onore alla pirottinatrice a caldo e alla perforatrice/ infine onore alla cesoia manuale/ e amore ai caratteri fusi nel piombo ancora caldo./ Il tipografo legge interpreta/ corregge i manoscritti/ compone calcola collaziona le bozze/ imposta le forme sceglie i corpi giusti/ miscela sulla piastra gli inchiostri profumati./ Il tipografo conosce gli stili/ il disegno delle belle lettere/ i caratteri sontuosi/ i colori dell’arcobaleno/ il rullo della macchina che avvolge./ Ci sono saperi che il Tempo disperde nel vento/ e ci sono luoghi che respirano umanità/ quando il Tipografo si piega e lavora/ sulla pagina composta con amore/ di un libro aperto sopra un cuore.// Lecce, 29 maggio 2007).

Come ho scritto sopra Alberto Buttazzo aveva una venerazione per il padre Antonio. Non si faceva passare alcun momento che non lo ricordasse, che non lo evocasse attraverso ricordi, aneddoti, racconti. Anni prima, appena conosciuti, mi aveva confidato che il suo sogno era quello di ricordare il padre attraverso un convegno. Gli avevo risposto che io ero a disposizione.

Alberto Buttazzo

Accadde così, per la felicità di quest’uomo straordinario, animo di bimbo innocentissimo, che l’anno 2007 cadesse come Cinquantenario della morte del padre. Così ci organizzammo. Ma è meglio che io scriva che Alberto si organizzò. Dal momento in cui ci fu la decisione, egli non si dette pace: giorno e notte pensò a come realizzare l’evento. Fino a quando si mise a stampare il manifesto del convegno. Così pensato e realizzato:

            «Nel 50° Anniversario della morte di/ ANTONIO BUTTAZZO (Lecce, 1905-1957)/ Tipografo Leccese/ la TIPOGRAFIA DEL COMMERCIO DI LECCE/ lo ricorda  con un Convegno/ che si terrà nella Sala “Teodoro Pellegrino/ della Biblioteca Provinciale “Nicola Bernardini” di Lecce/ (viale Gallipoli)/ il/ 29 MAGGIO 2007 ore 18.00./ Il Convegno sarà presieduto/ dal prof. Toti Carpentieri e da Alberto Buttazzo./ Le relazioni, gli interventi, le testimonianze, gli approfondimenti, le comunicazioni saranno di: Carlo Alberto Augieri, Gianni Carluccio, Mario Cazzato, Giuliana Coppola, Damaniaki, Valentino De Luca, Mario De Marco, Antonio De Meo, Giovanni Invitto, Alessandro Laporta, Dino Levante, Maurizio Nocera, Gianfranco Scrimieri».

Alberto Buttazzo

Al convegno, un contributo determinante lo dette Valentino De Luca, che solitamente quasi tutte le sere passava dalla Tipografia. Alberto e Valentino si conoscevano da lungo tempo e da lungo tempo si volevano bene.

Alberto, quand’ancora il convegno non si era tenuto, era già felice come un bimbo che aveva ricevuto il giocattolo più bello del mondo. Poi l’evento si tenne davvero. Così la cronaca:

            «Il 29 maggio scorso, 50° anniversario della morte di Antonio Buttazzo, uno dei grandi tipografi leccesi della prima metà del ‘900, nella sala “Teodoro Pellegrino” della Biblioteca Provinciale “N. Bernardini” di Lecce, col patrocinio della Facoltà di Scienze della Formazione, del Comune di Lecce, dell’Archivio di Stato e dell’Accademia di Belle Arti, si è tenuto un convegno dedicato alla sua memoria e all’arte della stampa nel Salento. Sono intervenuti Alessandro Laporta, direttore della Biblioteca, Antonio De Meo, funzionario dell’Archivio di Stato di Lecce, Valentino De Luca, funzionario della biblioteca dell’Università, Dino Levante, docente dell’Accademia di Belle Arti, Mario De Marco, studioso e storico leccese, Maurizio Nocera, scrittore. Con un suo intervento scritto è intervenuta anche Giuliana Coppola, redattrice di “Qui Salento”. I lavori sono stati coordinati dal prof. Toti Carpentieri, critico d’arte e anch’egli prof. Presso l’Accademia di Belle Arti. Il figlio del grande tipografo leccese, Alberto Buttazo, ha presieduto i lavori. Importante e degne di nota la presenza in sala del prof. Mario Marti, emerito rettore dell’Università degli Studi del Salento e il filosofo Sergio Vuskovic Rojo, filosofo e ordinario all’Università di Playa Ancha (Valparaiso Cile)»

Ecco. È questo un primo ricordo del mio grande amico tipografo Alberto Buttazzo, al quale debbo molto per le conoscenze tipografiche che mi ha insegnato.

Da qualche anno egli non stava più bene. Ma, alle mie telefonate o a qualche altro sporadico incontro, la sua incantevole risposta era sempre:

            «Ma, Maurizio, che dirti? Nonostante qualche intervento chirurgico, io mi sento bene. Non vedo l’ora di superare questi momenti per ritornare in tipografia e ricominciare le nostre lunghe chiacchierate. Speriamo bene e in Dio».

Alberto Buttazzo

Alberto era molto religioso, religiosissimo, cattolico e credente, e la sua fede era intrisa di un’aura primordiale. Dal 2014 viveva nell’incanto della nipotina Lucia, figlia di Annamaria e nell’armonia dell’amata moglie Maria Rosaria. Così, quando la figlia Lucia, sua primogenita, giovedì 16, mi a telefonato per darmi la triste notizia del suo ultimo volo verso quel paradiso che aveva sempre sognato, mi sono sentito amputato di un qualcosa che negli ultimi decenni tenevo legato al mio corpo e alla mia anima. La sofferenza della scomparsa dell’amico tipografo ha cominciato a metabolizzarsi solo quando, arrivati al cimitero di Lecce (chiuso per sospetto “meteo temporalesco” – alle 16.30 di giorno 16 marzo 2023 il sole spaccava le pietre), la sua bara si è incuneata nei viali delle tristi croci di fine vita. Il corpo di Alberto scompariva ai nostri occhi. Per sempre. Non però la sua aura, fissa sulle pareti della sua tipografia e sulle facciate delle chiese e dei palazzi della sua tanto amata Lecce.

Alberto Buttazzo
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