Nuova silloge di Cipriano Gentilino “Risacche” – Postfazione a cura di Maria Rosaria Teni
Al termine della lettura di questi versi, viene spontaneo riflettere sulla peculiarità stilistica e originalità compositiva della poetica di Cipriano Gentilino che, con la sua nuova silloge “Risacche”, dà vita a una raccolta di vere e proprie ‘istantanee’ di parole, una galleria composita di suggestioni che, attraverso un contrasto di toni e di intenzioni, coinvolgono immediatamente il lettore.
È un percorso, il suo, che oltre a colpire per l’incisività concettuale, resa ancora più vivace dalla successione di versi, è sottilmente pervaso da una sorta di diacronismo lessicale che fa da controcanto alla precarietà dell’esistenza. Sin dalle prime liriche si intravede il motivo dominante che richiama la risacca, vista come continuo ciclo iterativo, come un ripetersi ingannevole delle illusioni nell’ondeggiamento dei marosi. Come nel riflusso, dopo che l’onda ha invaso la riva, dunque dopo che l’Io lirico ha inondato, dirompente, l’animo inquieto del poeta, la risacca ritorna nel grembo originario, nel significato essenziale del sentimento che ha dato vita alla poesia. E qui ritroviamo il mare, che accoglie le turbolenze e rispecchia l’animo dell’essere umano, libero dai condizionamenti e dai tentativi di omologazione, come ben esplicato in una suggestiva lirica di Charles Baudelaire: “Uomo libero, amerai sempre il mare! / Il mare è il tuo specchio: contempli la tua anima// Nel volgersi infinito delle sue onde”.
Il poeta Gentilino ha la capacità di scegliere in maniera scrupolosa le parole, riconosce la valenza semantica che ogni singolo lemma possiede e lo rende straordinariamente duttile alle pieghe della sua anima, tesa verso la costante ricerca di silenzi sconosciuti, in cui si immerge per ritrovare l’essenza della poesia. Una poesia che si nutre così di essenzialità e di purezza, dando vita a un lirismo che richiama atmosfere montaliane in cui si percepisce un mondo di sentimenti, di stati d’animo, di pulsioni interiorizzate e sommesse che fa fatica ad essere estrinsecato sic et simpliciter, ma che è presente in ogni piega di ogni singola espressione, nel momento in cui avviene la magica simbiosi tra funzione denotativa e attribuzione connotativa. Egli conduce, peraltro, una difficile incursione nell’universo complesso del codice linguistico, in uno sperimentalismo di matrice ermetica che si connota attraverso rimandi a immagini correlate al pensiero che inonda solitudini dolorose. L’ermetismo di cui si avvale il poeta è tuttavia funzionale alla capacità di interpretare e decodificare i simboli che non sono altro che tessere di un mosaico che può essere compreso solo se è percepito nella sua interezza.
Nella raccolta si nota evidente una pregnanza semasiologica che ha alla base una scelta selettiva di significanti di spiccata eleganza lessicale, indicativa di una scrupolosa cura del linguaggio che si esprime in una realtà compositiva organizzata in momenti di scrittura articolati in strofe e impianti versali di forte impatto emotivo che, pur rivestendo la caratteristica della brevità, evidenziano un’esplorazione in un universo linguistico polisemico, proprio perché ogni parola riporta a un’immagine o ad un’azione che approda all’idea cardine della lirica. Ed ecco che si trovano, nella poesia di Gentilino, istanze liriche articolate su movenze di meditazione psicologica, introspettiva, filosofica e ritornano nei rimandi, come la risacca fa nel tempo trascorso, lasciando intravedere, in alcuni momenti, la naturale predisposizione dell’autore, di professione psichiatra, di scandagliare e disbrogliare la matassa che rimanda al caos primordiale, al marasma dell’esistenza, trovando il filo che conduce all’essenzialità della vita; in questo senso, la poesia diventa lo strumento cui ricorre per approdare alla sua comprensione.
La sua esperienza professionale, peraltro, costituisce un valore aggiunto alla sua poetica: la cifra stilistica di cui si avvale ben si accompagna alla capacità eccellente di comprendere e penetrare nell’interiorità dell’animo umano, di osservare i comportamenti e le difficoltà che scaturiscono dal confronto quotidiano che figure emarginate, sradicate e spesso discriminate incontrano in percorsi di vita non sempre lineari e sereni. Nella silloge non mancano temi attuali, che si riferiscono a situazioni di drammaticità e di sopraffazioni, purtroppo ricorrenti nella nostra società. È ben chiaro, dopo la lettura della silloge, tutto quello che emerge dalle tre sezioni, scandite e preannunciate da espliciti titoli: la prima ha un titolo alquanto originale e insieme evocativo: “Geroglifici” che richiama la poesia simbolista, con allusioni analogiche a realtà conoscibili e oggettive con cui il poeta crea delle corrispondenze, cercando di cogliere l’ombra allegorica, attraverso un’esplorazione che si sostanzia nel tentativo di interpretare i geroglifici di un mondo che lo circonda e lo vince, instaurando legami tra realtà e sentimento.
Nella seconda sezione “Encantado”, il poeta sembra volersi riappropriare di uno spazio personale e ritornare a essere parte di un mondo variegato, in un tessuto cromatico di versi disincantati nell’incanto del naturale scorrere del tempo. L’impressione che ne deriva è quella di un puzzle di bozzetti policromi dove ancora una volta, le onde, leit motive primario, intonano movenze che segnano il battito della vita e vibrano di voci che si flettono progressivamente in “Bisbigli” nella sezione conclusiva, ma non per questo sono meno potenti e scolpite nell’angolo di malinconia sospesa del poeta Gentilino. Siamo dinanzi a una silloge scritta con incomparabile maestria, che ha in sé tutte le sfaccettature dell’interiorità umana dinanzi al senso di disorientamento scaturito dalla consapevolezza della deriva profonda cui conduce il progressivo adattamento a una società sempre più alienante.
L’autore, nel suo cammino esistenziale, ha esplorato consciamente momenti del vivere quotidiano e li ha avvolti in un’aura poetica interiorizzata e percepita, grazie a una profonda sensibilità e ad una scrittura meditata, intrinseca, che genera una rara capacità di coinvolgimento. Cipriano Gentilino, incontrando la potenza della poesia, rende pienamente l’asserzione di
il quale affermava che: “Compito del poeta è sia dar voce a coloro che non hanno voce, sia pretendere che escano dal silenzio coloro che rimangono silenziosi, e così insiste nella Poesia.”.
Maria Rosaria Teni