Recensione a Gramigna” di Sandra Guddo a cura di Ida Rampolla Del Tindaro
Sono particolarmente lieta di presentare questa nuova opera di SANDRA GUDDO, mia carissima alunna al liceo Umberto, della quale in passato ho già avuto il piacere di presentare il romanzo
Le Geôlier
ispirato a una famosa lirica di Prèvert, il cantore della malinconia delle periferie e degli ambienti popolari: un poeta che aveva espresso sempre, in versi di un realismo amaro e delicato, un profondo amore per i diseredati e gli oppressi.
Si tratta di temi molto sentiti anche dalla nostra scrittrice, che già nelle novelle di
STORIE DI RAGAZZE DI PERIFERIA
aveva affrontato tematiche e problematiche di carattere umano e sociale. Nel romanzo LE GEÔLIER appariva anche un altro aspetto che ho riscontrato anche in GRAMIGNA, e cioè l’antitesi tra dolcezza e violenza, sullo sfondo di vicende umane dai risvolti storici e sociali sempre acutamente individuati, in cui si fondono sempre introspezione psicologica, analisi sociologica e studio di carattere, insieme all’analisi di fenomeni politici ed economici. Tutto questo, nelle opere successive
a Le Geôlier, a cominciare da CICIRI
una raccolta di novelle che ha avuto un notevole successo, è stato da lei applicato anche alla rappresentazione della realtà siciliana.
Ciciri, com’è noto, contiene un preciso riferimento a quella parola che i siciliani, all’epoca del Vespro, secondo la tradizione, facevano leggere ai francesi per avere conferma della loro nazionalità: i francesi non pronunciano la “c” come noi, ma col suono della s (sisiri) e questo bastava per sancire, al tempo del Vepro, la loro condanna. Il titolo è dunque strettamente collegato alla storia e alla tradizione, secondo una tendenza che vediamo applicata anche in Gramigna. Anche in questo caso il titolo è rivelatore. La gramigna ha apparentemente un significato negativo: è una pianta infestante che si trova in genere nei pressi delle aree incolte e che risulta dannosa per la coltivazione perché molto difficile da estirpare. Ecco perché è odiata dai contadini. Eppure oggi sappiamo che, malgrado il suo sapore amaro, ha anche proprietà benefiche e lenitive , è antinfiammatoria , è utile in diversi casi patologici e cura molti disturbi. Ci si può chiedere perché l’A. abbia scelto questo titolo per un libro che parla della Sicilia. Il sottotitolo è infatti STORIE DI GENTE DI SICILIA. Un’attenta lettura dimostra che si tratta di un vero excursus attraverso varie epoche, da cui emerge tutto il dolce e l’amaro di questa terra così complessa, in cui gli estremi si toccano e in cui miseria e ricchezza, il bello e l’orrido, il sublime e il quotidiano convivono in perenne simbiosi. Di questa realtà Sandra Guddo mette a fuoco tutti i problemi, tutti gli aspetti contraddittori, le amare verità ma anche le grandi bellezze naturali e spirituali.
La gramigna, che quanto più si tenta di estirpare tanto più cresce, è paragonata sia alla malasorte che colpisce coloro che sono condannati alla sofferenza, sia all’odio che sorge nel cuore di chi , a causa dei soprusi subiti, è umiliato nella propria dignità, sia alle ingiustizie che si diffondono come la gramigna in un campo di grano. La pianta infestante, con tutte le sue caratteristiche, diventa quindi il simbolo di una realtà dalle mille sfaccettature spesso tristi e dolorose, tutte da scoprire. E ognuno di questi racconti, tutti ispirati alla vita siciliana in periodi diversi, diventa il tassello di un mosaico quanto mai variegato, da cui emerge la multiforme realtà dell’isola. Dietro le splendide immagini legate alla natura, si scopre tutto un universo di dolore legato a difficili realtà umane e sociali. Ma emerge anche l’humus sacrale della più profonda Sicilia, la forza del mito, il fascino quasi magico di una terra dai mille volti, un’angoscia esistenziale che si abbina alla rappresentazione di verità essenziali. E il tutto è reso con una particolare capacità di assimilare e conciliare i contrasti di tante situazioni acutamente individuate.
L’A. ha anzitutto una profonda conoscenza delle varie epoche rappresentate, che vanno dal Medio Evo ai giorni nostri. Lo sfondo storico è sempre frutto di attente ricerche. Emergono infatti particolari mai citati nei manuali scolastici, ma riferiti da cronisti dell’epoca in testi non facilmente reperibili e conosciuti in genere solo da studiosi e ricercatori. E questo dimostra già, nell’A., un amore non comune per la propria terra e per la sua storia e una ricerca della verità essenziale, resa con acume psicologico ma anche con schietti accenti umani.
Bisogna inoltre sottolineare la competenza linguistica, evidente nella padronanza tecnica e creativa e nello stile limpido e conciso , che, con le sue doti di chiarezza e penetrazione e con padronanza tecnica e creativa , sa abbinare la fantasia alla ricchezza e acutezza di osservazione della realtà. Il linguaggio, agile e denso al tempo stesso, caratterizzato da una pluralità di toni, ha una sua fondamentale classicità, arricchita però dal frequente uso, oltre che di termini dialettali, che, nella loro intraducibilità, sono particolarmente efficaci, anche da altre dense e colorite espressioni e dal gusto della parola ricca di significativi contenuti . Per fare un solo esempio, l’afa estiva viene definita “aria quagliata come siero di ricotta”.
Tutto questo contribuisce a dare vivacità alla narrazione, anche grazie ad alcuni elementi propri dello stile colloquiale, ma serve soprattutto a dare particolare colore a certe rievocazioni storiche e specialmente a quel mondo contadino e paesano che fa da sfondo alla maggior parte dei racconti e che è la più genuina espressione della autentica anima siciliana. Ed è espresso soprattutto, con frequenti considerazioni storico-critiche, il tormento dei siciliani di fronte alle sofferenze inflitte dai conquistatori . che avevano promesso pace, benessere e libertà ma avevano portato solo fame, guerre e distruzione. Emergono situazioni di miseria come la vita dei carusi nelle miniere, la vendita, da parte di famiglie poverissime, dei bambini che venivano avviati al lavoro da veri e propri negrieri, che li trattavano come schiavi, e la rappresentazione di inaudite umiliazioni inflitte agli anziani, come l’ordine perentorio ai poveracci di tagliarsi la barba , segno distintivo e quindi privilegio dei galantuomini, che non doveva essere condiviso con persone di rango inferiore .
Molti di questi temi, specialmente quello della vita dei carusi nelle miniere, come sappiamo, avevano già ispirato importanti pagine letterarie, ma la rievocazione fatta da una scrittrice d’oggi che inserisce in tali rappresentazioni la sua sensibilità femminile e lo sguardo che la critica moderna getta oggi su tali avvenimenti aggiungono un particolare interesse a queste novelle. L’A. non esita anche a dare duri giudizi storici su personaggi come Crispi, in cui vede soprattutto l’espressione di una sete di potere: ma queste opinioni sono inserite in trame abilmente condotte, in cui drammaticità, passionalità e suspense raggiungono le migliori espressioni, sempre con un linguaggio incisivo e essenziale. Insurrezioni come i Fasci siciliani sono riassunte con pochi tratti in cui sono perfettamente inquadrati i problemi che avevano determinato quei movimenti, con conclusioni dalla loro sintesi lapidaria . E la capacità di sintesi e di chiarezza, com’è noto, caratterizza coloro che sono perfettamente padroni dell’argomento trattato.
, Oltre che alla storia, queste pagine si ispirano alle tradizioni popolari, cioè all’essenza della civiltà siciliana nelle sue più caratteristiche espressioni, e naturalmente anche alle descrizioni dei paesaggi , che vanno dalle distese di verde alle infinite tonalità agli aranceti luccicanti alla luce dei raggi del sole. Per quanto riguarda i colori, questi assumono una particolare importanza anche nelle descrizioni dei carretti siciliani, che ispirano, anziché le solite pagine folkloristiche, accenti di autentico lirismo, con i riferimenti al rosso della lava o al verde della macchia mediterranea, al giallo dello zolfo o al bianco dei gelsomini , all’oro dei raggi del sole al tramonto o all’azzurro cangiante del cielo che si confonde con le acque dei ruscelli di montagna.
Altrettanto vivide e pittoresche sono però le descrizioni dei quartieri cittadini, specialmente per quanto riguarda la Palermo arabo-normanna, in cui brulicavano genti di varie etnie, che rendevano la visione della città particolarmente fascinosa e variegata. Sandra Guddo si è molto ben documentata sulla topografia dell’epoca e sui variopinti aspetti di quelle vie in cui esisteva un caleidoscopio di colori e di odori , legati tutti ad alcuni prodotti tipici dei vari paesi, dai tappeti di Siria agli argenti di Spagna, dai pellami egiziani o tunisini , dai vasi greci o alla vasta gamma di spezie orientali: e tutto questo senza mai indulgere ad eccessi del color locale ma mantenendo sempre una lodevole sobrietà descrittiva, pur nella vivace pittura degli ambienti. La preparazione storica si rivela anche attraverso la ricostruzione dei dialoghi di Federico II, di cui vengono sondate anche le crisi interiori e la complessa e multiforme personalità . E lo stesso può dirsi per la presentazione di un altro personaggio: Pier delle Vigne.
L’A. si rivela però ugualmente abile nel descrivere gli ambienti eleganti, come nella lunga novella “Un’intrusa in casa Florio”, in cui è descritto il mondo raffinato della Belle Époque e in cui viene presentato un ritratto in buona parte insolito di donna Franca, della quale sono sottolineati non solo la bellezza e l’eleganza, per cui era universalmente nota, ma anche altre qualità, che la rendono, in queste pagine, soprattutto una donna presentata nella sua dolente umanità , una madre provata dal dolore per la perdita di tre figli , tradita ripetutamente dal marito , al quale invece donna Franca, malgrado la sua corte di ammiratori, si mantenne sempre fedele, costretta per di più ad indossare in pubblico la maschera di persona appagata e sorridente, quasi simbolo di quella doppia realtà su cui tanti autori siciliani, a cominciare da Pirandello, hanno tante volte puntato l’accento.
La cosiddetta intrusa citata nel titolo serve a presentare e rivelare i risvolti di una realtà scintillante e mondana che, vista da vicino, rivela aspetti ben diversi. L’intrusa è una giovane pianista di talento ma di famiglia modesta invitata a tenere un concerto in casa Florio da donna Franca , che era anche una fine intenditrice di musica e d’arte. Ma c’è, in queste pagine, anche una lucida esposizione delle motivazioni politico-economiche che avevano portato al dissesto dei Florio. E anche queste concise ma precise esposizioni di carattere finanziario, con la loro chiarezza espositiva, mettono in luce una doppia realtà spesso sfuggita ai contemporanei, che di quell’impero economico coglievano solo i fastosi aspetti esteriori.
E c’è ancora un altro aspetto da considerare in queste novelle, che tanto spesso hanno come sfondo eventi tragici o violenti: l’ironia. Questa è evidente in un’indimenticabile macchietta: “U Muzzunaru”, cioè il raccoglitore di mozziconi di sigarette, capace di riciclare con arte consumata le cicche raccolte per la strada per trasformarle in profumate sigarette grazie all’aroma trasmesso da una scatola che aveva contenuto del cacao. Lo stile è scherzoso e perfino vagamente surreale: il protagonista, presentatosi in Paradiso, racconta la sua attività a S. Pietro, convinto di avere svolto un ruolo importante nella vita, perché le sigarette da lui fatte costavano poco ed erano alla portata dei più poveri. La risposta di S. Pietro, che lo invita a fare un giro, anzi un girone in Purgatorio e a ripassare dopo un paio di secoli, lascia basito il povero muzzunaru, che era certo di meritare, per la sua opera umanitaria, l’accesso immediato in Paradiso.
L’ironia sottile e leggera fa di questa novella un piccolo capolavoro!
Le stesse qualità sono riscontrabili nella novella “I Papuzzani”, i vermetti che scavano piccole gallerie nelle fave o nelle lenticchie senza – questo è l’arguto commento dell’A. – neanche pagare l’affitto per quelle comode dimore. Ed è aggiunto un altro particolare impagabile:” la minestra di lenticchie o di fave si mangiava di sera, alla fioca luce di una lanterna che gettava ombre lunghe contro le pareti, simili a mostri alati che facevano rabbrividire di paura i bambini.” Ma a queste suggestive rappresentazioni è aggiunta la cruda spiegazione: la minestra si mangiava al buio appunto per non far vedere i papuzzani. Il bambino narrante, il protagonista della novella, confessa tutto il suo disgusto. Ma la conclusione della novella contiene l’affermazione della madre, in cui è riassunta tutta la sagacia dei siciliani abituati a una fame atavica: “non ti lamentare, dice la madre al bambino, mangia…pure i papuzzani fanno sustanza!”.
Ma all’umorismo si uniscono, come nella vita, dolori e tragedie. C’è una novella ispirata a uno degli eventi più catastrofici che abbiano colpito la Sicilia, il terremoto di Messina del 1908. Anche a questo proposito Sandra Guddo. si è perfettamente documentata, citando particolari poco noti, che hanno ispirato anche il linguaggio, come l’espressione “non capire una mazza”, nata dall’atteggiamento crudele del generale Mazza, che aveva dato l’ordine di bombardare e abbattere le case pericolanti, senza curarsi di verificare se vi fossero dentro ancora feriti o persone intrappolate. Anche queste pagine drammatiche contengono la descrizione di orrori, crudeltà, furti e speculazioni di cui la storia ufficiale di solito non parla. E’ citato per esempio l’ordine del generale Mazza di trasportare sulle navi, dirette al porto di Genova, tutto l’oro e gli oggetti preziosi trovati tra le macerie, per destinarli alla ricostruzione della città: materiale di cui invece non si era saputo più nulla.
ll generale aveva ordinato anche, per evitare la diffusione di eventuali epidemie, di bruciare tutte le masserizie e gli oggetti cari che gli scampati cercavano di recuperare, e aveva imposto ai soldati di sparare a vista contro coloro che cercavano i parenti sotto le macerie, per scoraggiare fenomeni di sciacallaggio. A violenze e crudeltà si unirono però, in quei momenti, episodi di coraggio, generosità e altruismo, anche questi rimasti sconosciuti. Ancora una volta, in queste drammatiche pagine, che comprendono anche descrizioni apocalittiche come quella dello tsunami – che allora si chiamava maremoto – presentano la doppia realtà siciliana, in cui il bello e il terribile si alternano continuamente. Ma tutto questo è descritto con caldi accenti umani, che rivelano la delicata sensibilità dell’A.
Altri particolari tragici, ma con sfumature di dolcezza e perfino, ancora una volta, con alcune impreviste e imprevedibili sfumature ironiche, sono legati alle pagine ambientate all’epoca della Grande Guerra, a cui i siciliani parteciparono portandovi tutto il retaggio della loro antica saggezza e rassegnazione. Anche qui l’A. rivela la sua preparazione storica, con la descrizione di molti particolari inediti o poco noti. Ogni episodio narrato rivela un retroscena culturale preciso su cui la scrittrice ha innestato la sua fantasia o la sua rievocazione di una realtà ricca di significati di cui ha saputo cogliere l’essenza. Ma qui i veri protagonisti rievocati con particolare efficacia sono i muli, umili e devoti animali che si rivelarono preziosi collaboratori dei soldati, inerpicandosi per le montagne portando pesantissimi carichi. I loro meriti sono descritti sempre con sagace e tenera ironia e perfino con accenti di gratitudine e di affetto .
Particolarmente suggestiva poi la descrizione di una famosa e struggente serenata siciliana, “ E vui durmiti ancora”, che, cantata nel silenzio della notte da un soldato siciliano in una trincea , aveva suscitato l’applauso dei soldati austriaci al di là del confine, dimostrando la valenza universale dei sentimenti umani espressi dal canto e della poesia. Questo episodio, realmente accaduto, esprime tutta la ricchezza e la passionalità dell’animo siciliano anche in contesti lontani dall’isola ed è particolarmente significativo per la rappresentazione della sintonia che può crearsi in nome dell’arte e dei sentimenti umani anche fra persone costrette a farsi la guerra. Ancora una volta, crudeltà e poesia, guerra e umanità si fondono sapientemente per dimostrare i mille risvolti e le molteplici sfaccettature dell’animo umano.
Altre pagine storiche che fanno da sfondo rivelano la capacità di Sandra. di cogliere i segreti moventi delle azioni politiche, descritte attraverso alcuni amari commenti dei siciliani, abituati ad avere a che fare sempre con conquistatori dominati da mire interessate. Un’altra pagina drammatica e poco nota, la rivolta del pane a Palermo del 1944, è rievocata ancora una volta con accenti drammatici e con la rappresentazione di una folla di dimostranti che veniva combattuta e annientata solo perché domandava pane, lavoro e giustizia. Ed è da citare, in quest’opera, anche la rappresentazione delle donne, spesso vittime di soprusi ma consapevoli dei loro diritti e capaci anche di reagire contro il male.
La doppia realtà della Sicilia, in tutta la sua ricchezza e complessità , con i suoi toni diversi e contrastanti, emerge anche a proposito di Corleone , considerata capitale della mafia mentre lo è anche dell’antimafia e della lotta per affermare principi di legalità e di giustizia sociale. E questa considerazione è un implicito invito, nelle novelle, a giudicare come spiriti liberi ed esseri pensanti , senza lasciarsi condizionare da stereotipi e convenzioni e utilizzando sempre il proprio senso critico. Ed è giusto citare l’affermazione che si trova alla fine del libro, in cui si dà il giusto rilievo al fascino della Sicilia che non consiste solo in templi, chiese o paesaggi ma nella luce, che ha anche, come sappiamo, un valore simbolico ; ” una luce intensa che può stordire e fare dimenticare di essere un comune mortale ma può indurre a convincerti di essere stato trasformato in una divinità che dimora tra le nuvole e guida, al sorgere del sole, il carro che diffonderà luce su tutta l’isola” .
L’ immagine della Sicilia, malgrado tutte le sue contraddizioni e i suoi aspetti dolorosi e tragici, in quest’opera esce vincente con la descrizione dei suoi intrinseci valori e quindi con una valenza altamente positiva che l’A. ci trasmette con il suo stile limpido e accattivante, in cui mito e storia, fantasia e verità, drammaticità e comicità, storie singole e storia collettiva sono espressi col rigore dell’analisi sociologica e antropologica, con la forza evocativa di una sofferta meditazione e con una felice fusione della drammaticità di tante vicende e della magica atmosfera che rende unica la nostra isola.
Ida Rampolla Del Tindaro