IL PENSIERO MEDITERRANEO

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il senso del nostro tempo

il senso del nostro tempo

di Vincenzo Fiaschitello

Il grande filosofo tedesco Leibniz soleva dire che per saltare meglio un ostacolo è necessario indietreggiare, volendo con ciò spiegare che per comprendere meglio il presente è indispensabile volgersi al passato.

Resta senza dubbio una affermazione che ci colpisce particolarmente perché espressa da un filosofo che diede un grande impulso a quella corrente di pensiero, l’illuminismo, che paradossalmente si distinse per il suo carattere antistorico.

Ebbene, ritenendo corretta la metafora dell’indietreggiare, per capire il presente, cioè quel che accade oggi, quel che genera la crisi dei valori con tutte le conseguenze negative che si ripercuotono nel nostro vivere quotidiano, è utile esaminare lo sviluppo del pensiero occidentale, che com’è notto ebbe la sua culla in Grecia.

Il punto di partenza è: accettare Parmenide o Eraclito? E cioè essere o divenire?

Dare l’adesione all’essere, significò condividere una forma di pensiero che dava certezze, stabilità, convinzioni solide e assolute.

Accettare il divenire, significò aderire alla tesi che nulla è immobile, tutto è soggetto a una continua trasformazione, al cambiamento, come l’acqua di un torrente che scorre sempre senza essere mai la stessa.

Attorno a questi due modi di pensare si coagularono lungo i secoli tutti i problemi della filosofia: dalla metafisica alla gnoseologia, all’etica, alla politica, all’economia, all’estetica, con risposte estremamente diversificate a seconda della derivazione iniziale.

Nel Medioevo, per esempio, prevale la Scolastica, un pensiero filosofico che trova il fondamento nella teologia. E’ il momento storico caratterizzato dal trionfo della Chiesa che condivide il potere con l’Impero. La vita si muove all’interno di una società gerarchizzata, dove tutto è preordinato, stabile, senza scosse, né rivolgimenti. E’ il tempo della nascita delle Università, delle costruzioni delle Cattedrali, dove i grandi artisti, come Cimabue, Giotto, con le loro raffigurazioni di episodi biblici, danno la possibilità anche al popolo che non sa leggere di comprendere le verità della fede cristiana.

Più tardi, nel Rinascimento, si fanno strada correnti di pensiero che inclinano al dubbio, al pessimismo, allo scetticismo, anche perché comincia a prevalere il dominio della ragione (Cartesio, metodo galileano, illuminismo).

Con la dialettica hegeliana si arriva a un punto nodale del pensiero occidentale: il principio assoluto della realtà è l’idea, nel senso che l’essere è immanente al pensiero, ma questo non conosce se stesso; per conoscersi deve diventare altro da sé, cioè natura, attraverso una logica di contrapposizione di tesi e antitesi, fino alla massima forma di consapevolezza che è l’Assoluto.

Oggi si è del parere che non si abbia più bisogno della metafisica tradizionale, alla quale si imputa la responsabilità di certi assolutismi che hanno condotto a tragiche conseguenze. Poiché però si constata che il venir meno di certezze sicure e indubitabili crea disorientamento, ecco che i detentori del potere politico, finanziario, religioso, scientifico, sono disponibili a imporre una loro metafisica, cioè una verità che si afferma essere universalmente valida, allo scopo di favorire gli interessi dei potenti.

Si tratta dunque di una richiesta di metafisica per salvare la morale tradizionale, la famiglia, la scienza ufficiale, tutti valori che servono a mantenere l’organizzazione sociale così com’è attualmente, senza alcuna prospettiva di rinnovamento. Non è difficile avvertire che questo tipo di metafisica in un mondo globalizzato è ingannevole, perché l’incontro delle culture ci ha portato a constatare che esistono metafisiche diverse.

Quando Nietzsche nella seconda metà dell’ottocento scrisse che Dio è morto, ispirò il pensiero postmoderno.

Se Dio è morto, c’è però spazio per una pluralità di dei; l’uomo nuovo, il superuomo, che egli auspica, è colui che riconosce che non c’è più un unico punto di riferimento, ma molte metafisiche.

Su questa intuizione si fonda il pensiero di un altro grande filosofo, Heidegger, che ha avuto una notevolissima influenza nel nostro tempo. Non c’è, egli dice, una idea di “essere”, intesa come struttura stabile e data. Questi orientamenti di pensiero sono alla base delle trasformazioni, dei cambiamenti, delle ribellioni, in ogni settore della vita sociale.

Ecco, per esempio, le novità che diffondono, sin dall’inizio del secolo ventesimo, gli intellettuali delle avanguardie: pittura, letteratura, architettura, conoscono sperimentazioni mai viste prima. In letteratura si afferma l’ermetismo; nella pittura scompare o comunque cambia la figura umana: troviamo Picasso che va in Africa alla ricerca di ispirazioni molto lontane dai canoni tradizionali della pittura occidentale.

Si può dunque pensare che non esiste un unico punto di vista assoluto o neutrale (come spesso si pensa che sia quello della scienza); in tale prospettiva la cosa migliore da fare sembra essere quella di introdurre un principio di negoziazione o, in ultima istanza, il conflitto, la contraddizione.

Per approfondire la questione è bene ricordare, come ha fatto Heidegger, che il concetto di “essere” che la filosofia greca ci ha trasmesso è quello dell’essere come un dato oggettivo a cui sono assimilati tutti gli altri enti esistenti, compreso l’uomo, pensato dunque come un ente fra gli altri enti. In tale contesto, l’uomo si sente smarrito, inautentico, non libero, perde la sua caratteristica principale: diventa ente come tutti gli altri enti, soggetti a prevedibilità, a calcolabilità.

Di qui l’urgente necessità di uscire da questo tipo di metafisica, per puntare invece su una idea di metafisica che apre all’uomo lo spiraglio della scelta. E’ come se l’uomo, interrogandosi, dicesse a se stesso: nella situazione storica nella quale sono gettato, qual è il conflitto, la contraddizione, che mi aiuta a capire il mondo e a prendere posizione?

In questa sorta di scavo che il singolo deve fare per orientarsi e affermare la sua libertà, occorre tenere presente che si tratta sempre di “interpretazione” dei fatti. E dinanzi all’alleanza tra il potere politico e la tecnica, si rischia di essere accusati di terrorismo, nel caso in cui la scelta operata dal singolo è fuori dalle regole imposte dalla complicità dello scientismo metafisico e dei poteri costituiti

Allargando la visione della interpretazione, possiamo capire come il multiculturalismo sia nato dalla messa in discussione del colonialismo politico e culturale europeo. I paesi postcoloniali non sono più disposti a considerare la cultura europea come l’unica e vera cultura umana.

Si pone dunque un vero e proprio confronto interculturale che coinvolge anche il piano religioso: la stessa Chiesa cattolica è messa in discussione nella pretesa di esclusività della verità, intesa come dato immobile.

Sembra oggi urgente difendere la storicità delle varie culture contro le pretesi di una verità assoluta, che si presenterebbe come la sola capace di garantire la convivenza. Di qui il punto sulla situazione attuale: da una parte la Chiesa che polemizza contro il relativismo dei valori e il nichilismo, dall’altra i poteri costituiti, i governi, che vedono lo statu quo, l’unica situazione ottimale dalla quale non discostarsi (con ciò favorendo una minoranza di privilegiati: banchieri, finanzieri, manager, ecc.), allarmando le masse contro i pericoli del terrorismo, cioè di ogni dissenso culturale, religioso, etico, da parte di singoli (artisti, poeti, ecc.) e di intere comunità o gruppi sociali.

Si ha dunque la netta sensazione che una società, qual è la nostra, intensamente informatizzata e globalizzata, non possa sfuggire al destino del totalitarismo.

L’unica via per scongiurare questo pericolo è quello di abbandonare quell’antico concetto di “essere” come dato oggettivo di una verità unica e già data e invece accogliere, per garantire una possibile convivenza umana razionale, una verità che non sia un semplice rispecchiamento di un ordine oggettivo dato e per definizione buono, ma il risultato della pluralità dei valori e delle molteplici visioni del mondo che costituiscono la ricchezza dell’umanità. Solo così si può evitare quel tipo di metafisica pericolosa che vorrebbe una disciplina universale, un controllo assoluto delle coscienze dei singoli, con la conseguenza di una assenza di conflittualità sana che porta al rinnovamento continuo.

Sbagliato perciò tacciare di terrorismo qualsiasi manifestazione di dissenso e considerarla una forma di appoggio, consapevole o inconsapevole, alle attività terroristiche.

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