Come sei bella
di Sandra Vita Guddo
“Come sei bella oggi … hai qualcosa di speciale, qualcosa che prima non avevo notato!”
“Sono lusingata. Devo ammettere che sei un acuto osservatore: in effetti oggi indosso qualcosa di nuovo”. Civettò senza pudore.
“Fatti guardare meglio … girati, fai una ruota … ma certo: indossi un abito diverso. Più ampio e luminoso”.
“Azzeccato! E’ la seta a dare l’effetto del luminoso ma anche il colore verde pisello che mi rende fosforescente come gli occhi scintillanti dei gatti”.
“Sei tu la mia adorabile gattina, facciamo le fusa insieme … magari per gioco?”
“Sempre a provarci stai? Dammi ancora un po’ di tempo; devo capire meglio i miei sentimenti verso di te. C’è una grande confusione nella mia testa: a volte ti amo e altre ti odio ma tu, con il tuo comportamento, non mi aiuti affatto: a volte sei furioso e altre un vero paladino cortese”.
Orlando incassò la risposta senza replicare, colpito dalla verità di quelle parole che trafiggevano il suo petto come lame affilate. Cercò di apparire sicuro di sé.
“Fatti guardare meglio: sbaglio o hai messo un nuovo rossetto sulle labbra e un ritocco sulle sopracciglia che le rendono più folte?”
“Madre natura mi ha fatto così!” replicò seccata per l’insinuazione che peraltro corrispondeva alla verità. Tutta la mattinata era stata con Mimì che l’aveva pettinata, truccata e agghindata come una principessa della corte del re di Francia. Sapeva di essere affascinante e di esercitare su Orlando il potere misterioso e magico della seduzione. Orlando era innamorato di lei da sempre, da quando l’aveva vista per la prima volta in una tiepida mattinata di primavera.
La natura allora era benevola con gli uomini ed elargiva con generosità i suoi doni.
Ricordava perfino i profumi che si espandevano nell’aria: il finocchietto selvatico e le ginestre spandevano aromi inebrianti che si mescolavano con quelli del rosmarino, del mirto e di una miriade di altre piante aromatiche che, in passato, erano state per gli operosi abitanti del borgo una vera riserva alimentare e medicamentosa. Ricordava la gente che si affollava per le strade al loro passaggio e infine si riuniva festosa per assistere allo spettacolo all’aperto che la sua compagnia teatrale offriva in cambio di qualche spicciolo o di qualche dono. Un uovo, un sacchetto di noci, una conserva di pomodoro fatta in casa o di sardine sotto sale. Poca roba ma che per loro era una vera manna dal cielo. Mimì, il puparo, maestro nell’arte di muovere e far recitare le marionette, era accorto e sapeva gestire la piccola e sgangherata compagnia teatrale con saggezza.
Orlando rimpiangeva quei tempi di allegria e spensieratezza ma era certo in cuor suo che, prima o poi la peste del terzo millennio, frutto della globalizzazione, sarebbe passata e il sole sarebbe tornato a risplendere più luminoso di prima come dopo una tempesta. Quello che proprio non riusciva a mandar giù, come se si trattasse di un boccone indigesto, consisteva nel nome che era stato assegnato al virus che tanta sofferenza stava arrecando a tutte le genti senza distinzione di latitudine né di longitudine. CORONA!
L’unica corona di cui avrebbe voluto parlare era quella che desiderava appoggiare sui morbidi capelli della sua dama per renderla degna del posto che le spettava in società per diritto divino. Lei era l’incarnazione stessa della regalità e della sacralità!
Angelica lo osservava di sottocchio: non voleva ammettere che anche lei subiva il suo charme. La sua armatura scintillante, la sua spada tagliente almeno quanto il suo fraseggiare la affascinavano. Coraggioso e leale, affrontava impavido ogni imprevisto,
ma adesso un pericolo insidioso si presentava invisibile e silenzioso. Le armi di Orlando sarebbero state sufficienti per contrastarlo?
Il burattino sembrò leggerle nel pensiero: “Mia amata, ti proteggerò da ogni male e farò di te la regina del mio cuore: con tanto di corona sul capo!”
Angelica non rimase impassibile a quella ulteriore dichiarazione d’amore e capì che non sarebbe riuscita a resistergli ancora a lungo.
“Stanotte vorrei restare con te, mi sentirei più al sicuro!” ammise infine con un fil di voce, come le capitava quando l’emozione le bloccava le parole in gola creando un groviglio di sensazioni che le facevano battere il cuore tumultuosamente.
“Mia amata, da tempo desideravo ascoltare dalle tue labbra queste parole! Ma ho sempre creduto che alla fine l’amore avrebbe trionfato e sconfitto i tuoi dubbi e le tue esitazioni”.
Angelica abbassò lo sguardo mentre le sue guance lignee sembravano tingersi di rosso. Ma forse era soltanto effetto della luce del tramonto!
Intanto Mimì rientrava fischiettando. Era stato uno dei più bravi cantastorie e burattinai della Sicilia ma, forse per stanchezza, aveva perso il suo smalto e tirava avanti con rassegnazione. Sempre gli stessi copioni che Angelica e Orlando non avevano più voglia di recitare!
I due pupi si sorpresero: da tempo non lo vedevano così di buon umore. Cosa poteva avere cambiato la sua disposizione d’animo?
“Orlando, Angelica, ho scritto per voi due una nuova scena che vi farò interpretare appena tutto sarà rientrato nella normalità … vi piacerà, ne sono certo! Da tempo avrei voluto creare una nuova storia con dialoghi più intriganti ma non ne avevo mai avuto il tempo e, adesso che tempo ne ho da vendere, ne ho approfittato”.
Orlando, in cuor suo, sperava che Mimì avesse inserito nel nuovo copione una scena d’amore, almeno una! Avrebbe potuto così respirare il respiro di Angelica, sintonizzare i battiti del cuore con il suo, stringerla forte a sé e sussurrarle a fior di labbra il suo amore, coprendola di baci fino allo sfinimento. In fondo erano secoli che aspettava!
“Non tutto il male viene per nuocere” considerò infine Mimì mentre sistemava con cura le marionette; doveva ammettere che quel virus maledetto aveva in sé qualcosa di buono di cui gli uomini avrebbero dovuto fare tesoro quando se ne sarebbe andato!
Aveva avvicinato gli uomini e le donne tra loro nel comune sentire della solidarietà, aveva regalato loro il tempo per vivere la quotidianità in modo diverso e più intimo insieme alle persone che si amano.
Più tempo per alimentare svaghi e passioni nuove o abbandonate, hobby dimenticati, oppure, per inventarsi nuovi giochi e rendere la vita più leggera e, in fin dei conti, migliore.
Per comprendere fino in fondo la nostra spiritualità e far volare la nostra anima più in alto, per iniziare un dialogo interiore con il proprio Sé, rinchiuso nel cono d’ombra delle proprie incertezze e fragilità, per farlo volare più in alto.
Per scoprirsi poeti che sanno ancora apprezzare la vita e le sue meraviglie, la natura e le sue bellezze, l’infinito e i suoi silenzi.
SANDRA VITA GUDDO