Recensione di Francesco Abate de “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera
L’Insostenibile Leggerezza dell’Essere è di certa l’opera più famosa dello scrittore cecoslovacco Milan Kundera.
Si tratta essenzialmente di un romanzo filosofico. Sono molto presenti l’elemento storico e quello amoroso, hanno però la funzione di condurre l’autore ad una riflessione su politica, esistenza e sentimenti, rendendo così centrale la riflessione filosofica. L’intera vicenda narrata nel romanzo è solo un pretesto per una serie di riflessioni, tanto che spesso queste ultime prendono il sopravvento e le peripezie dei protagonisti vengono trascurate per diverse pagine. Proprio per approfondire queste riflessioni, che spesso nascono dai personaggi per poi prendere una strada indipendente, l’autore interviene più volte ed in maniera molto pesante sul romanzo.
Un’altra particolarità dell’opera è l’intreccio molto forte. Già a metà romanzo sappiamo come andrà a finire la vicenda principale, cioè l’amore tra Tomas e Tereza. Per le finalità dell’opera infatti la trama è assolutamente secondaria, le vicende dei personaggi servono solo per offrire uno spunto di riflessione, sono esempi attraverso cui Kundera cerca di rendere più chiari i concetti che esprime.
Le vicende narrate si svolgono principalmente in Boemia, nel periodo dell’invasione sovietica immediatamente successiva alla repressione della Primavera di Praga. Ovviamente Kundera nel romanzo non manca di evidenziare lo stato d’animo delle persone costrette a vivere in un immenso lager, continuamente spiate e con la polizia sovietica sempre alle costole, e il dramma di chi era continuamente costretto a scegliere tra il quieto vivere del traditore o la vita d’inferno del dissidente.
La storia, che come detto nel romanzo ha valore assolutamente secondario, narra dell’amore tormentato di Tomas e Tereza. Si amano, ma lui la tradisce continuamente e lei ne soffre. Lui perde la professione (è uno stimatissimo chirurgo) a causa di una lettera inviata ad un giornale anti-sovietico (e dal giornale stessa completamente modificata) e dopo aver lavorato da lavavetri si trasferisce in campagna con Tereza, che lì pensa sarà felice e non più tradita dal marito.
I personaggi principali del romanzo sono quattro:
1) Tomas = chirurgo famosissimo e molto stimato. Vive da libertino, poi ha un incontro assolutamente fortuito con Tereza e se ne innamora. Nonostante ami davvero Tereza e viva con lei, la tradisce di continuo e non pone mai fine alle sue scappatelle. Egli infatti nei rapporti con le amanti non cerca né amore né piacere, cose che trova in Tereza, ma vuole cogliere l’unicità delle varie partner, cioè vuole vivere quel momento di intimità in cui esse si mostrano davvero per quel che sono, mostrano ciò che le differenzia da tutti gli altri esseri umani. Non è particolarmente attratto dalla politica e nemmeno sente il desiderio di vivere da dissidente del regime sovietico. Emigra a Ginevra con Tereza, poi proprio per amore della donna torna a Praga. Si trova a subire la repressione dell’invasore a causa di una vecchia lettera inviata ad un giornale. I sovietici gli propongono anche di ritrattare ciò che scrisse, ma si rifiuta di farlo.
2) Tereza = incontra per caso Tomas e proprio quella serie di casualità le fa capire che è il vero amore. Il suo amore è anche una fuga dalla madre che, vedendola come il frutto di un amore infelice, la mortifica di continuo. Ama Tomas, soffre i suoi continui tradimenti però soffre anche nel farlo sentire in colpa e nel limitarlo. Non dubita dell’amore di Tomas, però i tradimenti le fanno male perché vede il suo corpo equiparato a quello di centinaia di altre donne, subendo perciò una mortificazione che è continuazione di quelle che le riservava la madre. Anche nell’invasione sovietica vede un’estensione delle sofferenze fattele patire dalla madre, infatti la sua Boemia è diventata un grande lager. Va a Ginevra con Tomas, poi torna a Praga e lui la segue, così si sente in colpa anche per aver involontariamente ostacolato la carriera del suo compagno. Alla fine si convince che troverà la felicità in campagna e ci va con Tomas, che ormai ha perso il lavoro.
3) Karenin = il cane di Tomas e Tereza. Nonostante gli siano dedicate poche pagine, Kundera lo usa per la sua riflessione sull’amore. Addirittura ad un certo punto della storia Tereza arriva a pensare che il vero amore sia quello che prova per il cane e non quello che sente per Tomas.
4) Sabina = un’artista, una delle amanti di Tomas, ha un ruolo importante perché la sua vicenda porta l’autore a formulare la sua teoria del Kitsch. Lei da piccola ha subito il padre molto puritano, per reazione ha sviluppato un amore per il tradimento. Tradisce di continuo, è amante di Franz ma quando questo vuole “ufficializzare” la loro unione lei lo abbandona. Non arde per un ideale o per un sentimento, lei semplicemente li tradisce appena li vede concretizzarsi nella sua vita.
5) Franz = amante di Sabina, è l’idealista del romanzo. Fisicamente molto forte, moralmente è assai debole. Ha una moglie che non ama, però si costringe a stare con lei perché in lei vede l’incarnazione della madre. Decide poi di lasciare la moglie e rivelarle di Sabina, quando lo fa scopre che la prima non è quella che lui pensava e viene lasciato da Sabina, verso cui continua a provare una sorta di venerazione. Trascinato dai suoi ideali, si trova faccia a faccia con tutta la loro falsità.
Diverse sono le riflessioni presentate dall’autore in questo romanzo.
Temi centrali sono l’amore e l’esistenza umana. Tomas ama Tereza che per lui è una catena di casualità, Tereza invece vede in Tomas come un prescelto visto che il giorno del primo incontro capta una serie di segni che ritiene inequivocabili. Sabina l’amore lo tradisce, ritenendolo sbagliato in quanto sentimento. Franz ha una moglie che non ama ma rispetta, poi finisce per stare con una ragazza molto più giovane. L’amore è perciò mostrato da diverse inquadrature, stimolando così la riflessione del lettore.
Molto interessante è la teoria del Kitsch, che l’autore “ruba” a Sabina. Lei infatti tradisce perché vede del brutto (il Kitsch, appunto) in tutto ciò che nega dubbio e conflitto. Per lei è Kitsch la realtà gioiosa e priva di scontri presentata dai film sovietici, è Kitsch anche il regime che impone una dottrina e nega che i dogmi siano messi in discussione. Il brutto è in tutto ciò che non nasce dalla riflessione individuale, dalla discussione di qualcosa che può sembrare giusto, dal conflitto e magari anche dallo scontro. Perciò lei prova repulsione sia per gli ideali (che nascono dalla cieca fiducia in qualcosa) che per i sentimenti.
Attraverso gli occhi dei personaggi è possibile anche riflettere sui turbamenti che causa il totalitarismo sulle persone. Nella Boemia occupata dai sovietici infatti le persone sono continuamente costrette a scegliere se rovinarsi per difendere la libertà del proprio paese o se tenere il quieto vivere e piegarsi all’invasore. In entrambi i casi, però, vivono con la consapevolezza di essere continuamente spiati, intercettati, c’è chi reagisce comportandosi come fosse a teatro perché in fondo avere un pubblico intorno gli piace, ma c’è chi ne soffre e si sente soffocato. Tereza è accusata da un agente sovietico in borghese di essere una prostituta, incastrata forse da un finto amante, invece Tomas perde il lavoro che aveva sempre sentito come la sua missione. C’è poi anche la riflessione sull’efficacia e l’opportunità degli atti contro un regime, quando a Tomas viene proposto di firmare una richiesta di amnistia per gli intellettuali cecoslovacchi arrestati si chiede che senso abbia visto che si sa che non servirà a niente, salvo poi concludere che serve per mostrare che una resistenza c’è.
Un altro spunto di riflessione si può avere riguardo il rapporto tra Tomas e la professione di chirurgo. Egli sente l’essere chirurgo come una missione, soffre molto quando gli viene impedito di esercitare, alla fine però capisce che proprio l’essersi liberato della missione lo ha portato alla felicità.
L’Insostenibile Leggerezza dell’Essere non è un romanzo facile da leggere, tratta di temi molto complessi e l’autore cerca di trattarli nella loro interezza. Vale però la pena leggerlo, sia perché è scritto molto bene sia perché lascia qualcosa dentro, spinge a farsi tante domande e quindi causa una crescita interiore.
Francesco Abate