IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Sigismondo Castromediano padre nobile della Notte della Taranta

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di Francesco Sammati

Sigismondo Castromediano padre nobile della Notte della Taranta “I canti popolari del Salento” nel 150° anniversario di una storica pubblicazione

Nel 1866, Antonio Casetti e Vittorio Imbriani, che hanno in progetto la pubblicazione di una raccolta dei canti popolari dell’Italia meridionale sul giornale napoletano “La Patria”, lanciano un appello a studiosi e volenterosi intellettuali dei vari luoghi del meridione per un sostegno e una collaborazione a tale impresa. Nel marzo dello stesso anno, in un articolo apparso su “ il Cittadino Leccese ” con il titolo  “Un mucchietto di gemme”  ( Anno V, n. 52 ), Sigismondo Castromediano, in risposta a tale appello, promette di aiutare e favorire la lodevole iniziativa dei due giovani ricercatori e, nel contempo,  pubblica i testi di due canti, precisando :  

“ ….  E perché il mio desiderio e il mio concetto fossero meglio appresi e spiegati do fine, riportando due esempi di canzoni, le consimili delle quali son quelle che si richiedono….  ”
  Canti che per gli storici della materia rappresentano  una delle prime fonti documentarie della musica popolare salentina. Il primo di questi : : Quannu te llai la facce la matina … è statoreso celebre e famoso dall’interpretazione del tenore leccese Tito Schipa, che lo incise la prima volta nel 1921.

  L’interesse di S. Castromediano per i canti popolari si evince dalla sua sensibilità di cultore e ricercatore dei beni culturali nell’ambito delle tradizioni del Salento. Fu uno dei primi studiosi salentini ad eseguire, ordinare ed inventariare la documentazione dei canti popolari quale strumento di politica culturale. Intuì che il folklore, le tradizioni popolari e di conseguenza anche i canti, potevano dare un importante contributo al bisogno e all’esigenza  di costruire anche in Italia, come avveniva negli altri paesi europei, un passato comune pur  nella molteplicità del sapere  esistente nel nuovo regno unitario.

Il recupero e la raccolta delle memorie storiche della Terra d’Otranto fu un obiettivo primario del patriota che sempre in quell’articolo invita ed esorta a collaborare   : “ …  è tempo di svegliarci, o miei concittadini, che Dio profuse in voi largamente ingegno e sveltezza di mente. (…) Uno dei nostri giovani, al cui avvenire spero moltissimo, pelle solide dottrine acquistate, l’ottimo cuore, e la buona volontà, Antonio Casetti intendo, ha voluto raccogliere una considerevole copia dei canti, che il nostro popolo nei suoi trasporti d’amore, di sdegni, di gelosie e di dolori canta e compone nel proprio dialetto. Oh il tesoro ch’è cotesto! E’ poesia vera, efficace, la poesia del sentimento, quella che trabocca dal cuore, e non distilla dal cervello. E’ un tesoro di studi estetici e filologici, Oh le canzoni dei leccesi quanto son candide ed espressive! Quanta bellezza!, quanta attraenza! Possono assomigliare alla donna che mi accenna e io la inchino e l’amo. Altro collaboratore in questa mostra è un giovane arguto, ardito, vasto, originale nei suoi letterati concepimenti, Vittorio Imbriani (figlio dello Emilio , già conosciuto dentro e fuori Italia pei suoi scritti e pella sua vita politica), il quale non si è arrestato solo alla raccolta di poesie leccesi, ma l’estese a quelle di altri dialetti sparsi nel napoletano(…). Io che ammiro entrambe i due valorosi, e che intendo per quanto m’è dato di assecondarli e aiutarli nella loro intrapresa e nel modo come si espressero nelle suaccennate appendici esorto con questo giornale in provincia più diffuso che la Patria non è, esorto tutti e specialmente la gioventù dei quattro circondari di Terra d’Otranto, d’ogni sua città, di ogni suo villaggio; esorto tutte le vostre donne, e specialmente le vostre donzelle, che pure ne abbiamo di gentile, di vaghe, d’ingegnose e d’istruite a cooperare anch’esse a questo lavoro, il quale tende meglio a farci conoscere dai nostri confratelli italiani e di rivestire di maggior fulgore questa nostra terra, una volta prima oggi non ultima tra le civili, l’esorto ad uscir fuori dal buio degli antichi pregiudizi e accomunarsi col contadino che è pur vostro fratello e colle loro grazie e colle loro infallibili persuasive farsi dire quei cantici cui si va in cerca, copiarli tal quali li pronunziano coi loro contra sensi e colle loro dissonanze, e poi avere la gentilezza di spedirli colla posta all’Imbriani, o al Casetti o alla direzione del nostro periodico, o finalmente a me nel mio ritiro di Gabellino… ” 

Fu in questo modo che a S. Castromediano giunsero innumerevoli testi che provvide a selezionare e inviare ai due autori, Antonio Casetti e Vittorio Imbriani, che tra il 1871 e il 1872 pubblicano l’importante opera, in due volumi, “Canti popolari delle provincie meridionali” (Roma-Torino-Firenze, Ermanno Loescher). I due volumi sono inseriti all’interno della collana “Canti e racconti del popolo italiano pubblicati per cura di D. Comparetti ed A. D’Ancona”.

Oggi, l’imponente e importante opera è facilmente consultabile sul web, i due volumi sono  stati digitalizzati dalla biblioteca Google : books.google.it ( canti popolari delle province meridionali ).

All’interno della pubblicazione, i canti sono suddivisi per luoghi e numerati progressivamente, in ordine alfabetico, attraverso numeri romani (I, II, ecc.)

I due autori non dimenticano di menzionare e ringraziare i preziosi collaboratori. Tra questi  una delle  figure più autorevoli e complesse del Risorgimento meridionale : Sigismondo Castromediano.

Imbriani nelle avvertenze del volume I spiega : “ …I canti non sono stati raccolti tutti dal Casetti e da me …. quelli di Caballino e Lecce li dobbiamo in parte a Sigismondo Castromediano duca di Caballino, a Gaetano, Raffaele e Maria Casetti; quelli di Carpignano Salentino parte al dott. Chirone, parte al duca di Caballino, cui dobbiamo pure quelli di Calimera e Spongano e parte di quelli di Morciano; …

In particolare, tra il primo e secondo volume le pagine riferite alla meticolosa raccolta del patriota sono 261, di cui : Lecce e Caballino (Terra d’Otranto) = 187,  Carpignano Salentino = 27, Calimera  = 1, Spongano   =  3,  Morcìano  = 43,  – in ogni pagina vi sono contenuti da 1 a 3 canti –  ovviamente nei due volumi sono inseriti i canti di altre località del Salento.

E’ spontaneo dedurre che nelle varie manifestazioni e serate della musica di tradizione  popolare salentina, una tra tutte il festival della “ Notte della Taranta ”,  molteplici brani, mirabilmente eseguiti da artisti e orchestre di fama internazionale,  provengono dal meritorio impegno del duca di Cavallino e dalla pregiata opera pubblicata nel 1871 – 1872.  Non è accettabile constatare che tra le piazze itineranti della “ Notte della Taranta ” non vi sia Piazza Sigismondo Castromediano di Cavallino, paese natale dello studioso e ricercatore a cui tanto devono questo tipo di manifestazioni. Come non si può acconsentire che mai sia stata fatta menzione di tutto ciò nei vari eventi.

Spero che che queste mie riflessioni e considerazione, abbiano la dovuta attenzione delle varie istituzioni culturali e territoriali, fondazioni ed enti di promozione.  Per tale ragione auspico che questo mio modesto contributo possa scuotere l’onestà intellettuale di comprendere l’importanza di quanto descritto.

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