“I re e il loro potere nel mondo omerico”
di Giovanni Teresi
Lo Stato nei tempi omerici era estremamente semplice: si può dire che si identificasse con il re. Infatti il re era riconosciuto come capo supremo, sia in pace sia in guerra: sul campo di battaglia egli era il generale, in tutte le riunioni di popolo o di nobili era il presidente dell’assemblea, ed era anche il sacerdote in occasione di pubblici sacrifici.
Il re derivava la sua autorità da Giove; talora egli si considerava addirittura un discendente di Giove, come Agamennone, Achille, Aiace. Simbolo del potere regio era lo scettro, assai più lungo di quello ancora oggi considerato fra gli attributi regali: dalle raffigurazioni rimaste possiamo vedere che esso raggiungeva l’altezza di un uomo normale.
Oltre ai numerosi privilegi d’ordine spirituale, toccavano al re molti vantaggi materiali: in più del suo patrimonio privato egli possedeva un ampio appezzamento, che costituiva quello che con termine moderno noi diremmo i “beni della corona”; inoltre, in caso di guerra, egli aveva il diritto di prendere dal bottino comune, prima ancora che si procedesse alla spartizione fra tutti i guerrieri, ciò che gli faceva particolarmente piacere.
È già presente nei tempi omerici la convinzione che la monarchia debba essere ereditaria: Enea, per quanto sia uno dei più forti guerrieri troiani, sa benissimo che non potrà mai diventare re di Troia.
Nell’esercizio delle sue funzioni, in tempo di pace, il re è assistito dal consiglio degli anziani, che è detto gerusia; in tempo di guerra, invece, dai capi dei vari contingenti. Nell’iliade assistiamo di frequente ad abboccamenti tra Agamennone e i vari re; in simili incontri Agamennone non è tanto un capo assoluto, quanto piuttosto un presidente di assemblea, e le deliberazioni che vengono prese risultano da un accordo fra tutti.
Accanto a queste riunioni di pochi assistiamo anche alle affollate assemblee dell’esercito; ma il loro valore è piuttosto relativo, poiché in esse erano semplicemente comunicate al popolo le decisioni già prese dai capi.
Iliade Libro II
I Troiani a consiglio con il vecchio re Priamo (vv. 1051- 1094)
…
Mentre il campo traversano veloci
Gli Achei, col piè che i venti adegua, ai Teucri
Iri discese di feral novella
Apportatrice, e la spedía di Giove
Un comando. Tenean questi consiglio1055
Giovani e vecchi, congregati tutti
Ne’ regali vestiboli. Mischiossi
Tra lor la Diva, di Políte assunta
L’apparenza e la voce. Era Políte
Di Priamo un figlio che, del piè fidando1060
Nella prestezza, stavasi de’ Teucri
Esploratore al monumento in cima
Dell’antico Esïeta, e vi spïava
Degli Achivi la mossa. In queste forme
Trasse innanzi la Diva, e al re conversa,1065
Padre, disse, che fai? Sempre a te piace
Il molto sermonar come ne’ giorni
Della pace; nè pensi alla ruina
Che ne sovrasta. Molte pugne io vidi,
Ma tali e tante non vid’io giammai1070
Ordinate falangi. Numerose
Al pari delle foglie e dell’arene
Procedono nel campo a dar battaglia
Sotto Troia. Tu dunque primamente,
Ettore, ascolta un mio consiglio, e il poni1075
Ad effetto. Nel sen di questa grande
Città diversi di diverse lingue
Abbiam guerrieri di soccorso. Ognuno
De’ lor duci si ponga alla lor testa,
E tutti in punto di pugnar li metta.1080
Conobbe Ettorre della Dea la voce,
E di subito sciolse il parlamento.
Corresi all’armi, si spalancan tutte
Le porte, e folti sboccano in tumulto
Fanti e cavalli. Alla città rimpetto1085
Solitario nel piano ergesi un colle
A cui s’ascende d’ogni parte. È detto
Da’ mortai Batïéa, dagl’immortali
Tomba dell’agilissima Mirinna;
Ivi i Teucri schierârsi e i collegati.1090
Capitan de’ Troiani è il grande Ettorre,
D’eccelso elmetto agitator. Lo segue
De’ più forti guerrier schiera infinita
Coll’aste in pugno di ferir bramose.
Oltre ai contingenti troiani veri e propri, vi sono diversi popoli alleati, provenienti i più dall’Asia Minore (Frigi, Cari, Lici, Meoni, ecc.) , altri da regioni europee (Ciconi, Traci, Peoni). L’esercito troiano è tuttavia meno numeroso di quello greco che constava complessivamente di circa 50.000 uomini.