La società dei Mazzarò: analisi e filosofia del racconto “La roba“ di Giovanni Verga
di Fabrizio Manco
Introduzione
Per il quarto appuntamento con Il Cenacolo culturale dell’ Auser di Palermo, è stato scelto lo studio su Giovanni Verga (1840- 1922). Se nel primo appuntamento si è ricordata la memoria di Dante Alighieri (1265- 1321), che ha avuto la ricorrenza dei suoi settecento anni dalla morte, nel secondo l’ autore è stato Leonardo Sciascia (1921- 1989) , Il terzo appuntamento è stato lo studio di Ludovico Ariosto (1474- 1533) attraverso il suo capolavoro L’ Orlando Furioso (1516) , il quarto appuntamento quindi, riguarda l’opera e il pensiero di Giovanni Verga (1840-1922).
Il racconto “ La Roba”
Per questa quarta occasione, ho scelto di analizzare un suo piccolo, ma molto significativo racconto: La Roba. Pubblicato inizialmente nel giornale settimanale La rassegna settimanale ( 1878- 1882), venne raccolto successivamente nell’ antologia Novelle rusticane ( 1880).
La Roba racconta la storia triste e assurda di un accumulatore seriale: un certo Signor Mazzarò. La figura di Mazzarò ricorda molto quella di Mastro Don Gesualdo, il racconto successivo, il quale La Roba sembra essere la sua introduzione. Dopo una brutta infanzia passata in povertà e ad essere sfruttato, finalmente Mazzarò diventa ricco; diventa un grande proprietario terriero. È riuscito a riscattarsi da una dura infanzia fino a diventare una sorta di Imprenditore di sé stesso, come diremmo noi oggi, un Self- made man per dirlo in Inglese, e un Homo faber Fortunae suae , per usare una tipica e appropriata locuzione latina.
Mazzarò ha letteralmente il mondo in mano: o perlomeno, il suo mondo è nelle sue mani. E dipende dalle sue mani. Tutte le terre agricole del paesino di nome Francofonte, sono sue. Chiunque passava dalle sue terre, si domandava di chi fossero questi immensi possedimenti; a chi appartenesse tutta quella Roba?!: A Mazzarò, era la risposta. L’inizio del racconto sembra quasi la descrizione di una cartolina che raffigura un bellissimo paesaggio della Sicilia, con l’inserimento dei possedimenti immensi di Mazzarò :
“Il viandante che andava lungo il Biviere di Lentini, steso la’ come un pezzo di mare morto, e le stoppie riarse della Piana di Catania, e gli aranci sempre verdi di Francofonte… e i piccoli deserti di Passaneto e di Passanitiello, se domandava, per ingannare alla lunga la noia della lunga strada polverosa…. E il lettighiere cantava la canzone malinconica per non farsi vincere dal sonno , se domandava : “ qui di chi è? “, sentiva rispondersi: “ di Mazzarò ‘”.
E se qualcuno passando nei pressi di una fattoria grande come un paese, con i magazzini che sembrano chiese, e le galline accoccolate a stormi all’ombra del pozzo, e le donne che si mettevano la mano sugli occhi per vedere chi passava, domandava :” E qui?” , “ di Mazzarò ‘”, era la risposta. Pareva che Mazzarò fosse disteso su tutto il grande territorio, grande per quanto erà la terra, e che gli si camminasse sulla pancia . “ Ma a guardarlo sembrava un omiciattolo, come diceva il lettighiere, che non gli avreste dato un baiocco a guardarlo!, e di grasso aveva soltanto la sua pancia, e non si sapeva come egli facesse a riempirla, perché mangiava altro che due soldi di pane ; e si che era ricco come un maiale, e aveva la testa come un brillante quell’uomo “.
Quando la vita di un essere umano diventa soltanto una corsa per accumulare beni e possedimenti, allora la vita è una corsa verso il nulla. È ciò che fa Mazzarò: dopo un’ infanzia povera, grazie alla sua intelligenza, divenne ben presto ricco ; soltanto che nella sua mente scattò una voglia di rivalsa, di rivincita, e non appena ebbe i soldi necessari per acquistare beni, non si fermò più. Tutto ciò che poteva comprare lo comprava, tutto ciò che poteva avere lo aveva, tutto ciò che poteva pagare lo pagava per averlo. Ma soltanto per il gusto e la voglia di avere e possedere. Come i moderni capitalisti. Essi infatti possiedono comprano, acquistano, guadagnano, speculano su ogni cosa per acquistare altri beni , che a loro volta servono per speculare e per guadagnare e per acquistare altri beni…. In un circolo vizioso che non ha fine : la strategia degli accumulatori e dei capitalisti è un vicolo cieco , è un Cul de sac.
Quanti Imprenditori hanno questo comportamento, quante industrie di ogni settore sono dei moderni Mazzaro’. Pensiamo ai supermercati: ogni giorno le Industrie dei prodotti alimentari producono milioni di prodotti che vengono portati in ogni supermercato di ogni città, di ogni stato e di ogni regione: merce , tanta merce, tantissima merce, che arriva puntuale ogni giorno. Ma a chi appartiene veramente questa merce ? A quale Mazzarò appartiene ?
E quanta di questa merce viene effettivamente acquistata dai consumatori, l’unica caratteristica che sembra possedere l’umanità di oggi ? quanta merce alimentare ogni giorno viene scartata e buttata? si parla di milioni di tonnellate ogni giorno! Ogni giorno si butta il cibo, cibo scaduto, cibo ormai in decomposizione, cibo da buttare!
La merce per il capitalismo
Ai capitalisti , alle persone che hanno l’ossessione per l’accumulo e l’eccesso, non interessa il denaro in sè: semmai interessa Quello che possono comprare con il denaro. Già Karl Marx ( 1818- 1883), nella sua opera Il Capitale ( 1867), aveva intuito che per il Capitalismo e per i suoi adepti, non era di fondamentale importanza il denaro in quanto tale, ma tutto ciò che con il denaro è possibile acquistare: del resto, attraverso l’accumulo si forma il denaro, e non viceversa, ed è questo il pensiero base del Capitalismo. Più Merce si produce, più denaro si crea, e se si crea più denaro, si produce più Merce. È la ruota del criceto dalla quale è difficile scendere.
La Roba in psicologia
In psicologia, la tendenza di un individuo all’ accumulo di beni che non si utilizzano è chiamata Disposofobia; al quale termine sono legati altri termini come Disturbo ossessivo/compulsivo, Disturbo dell’accumulo patologico seriale, accaparramento compulsivo, Sillogamia. E secondo la voce della Treccani, il termine è descritto come “ tendenza patologica all’ accumulo di oggetti senza alcun ordine fino a rimanerne sommersi “ .
Le tendenze principali di questi soggetti sono un comportamento legato perennemente all’acquisto di beni di ogni sorta e genere, anche se non è ritenuto utile, un notevole aumento del corpo, tendenza alla malinconia e depressione, avidità smisurata. E ciò che caratterizza il personaggio di Mazzarò del racconto di Verga:
“Del resto a lui non gliene importava del denaro, diceva che non era roba; e appena metteva insieme una certa somma , subito comprava un pezzo di terra, perché voleva arrivare ad avere della terra quanta ne ha il re: ed essere meglio del re”.
Ma tutta questa voglia di accumulare ad ogni costo beni di ogni tipo, non è a fini costruttivi, per il benessere della società o per il benessere di sé stesso o per gli altri : è soltanto per soddisfare un approvvigionamento egoico ed avaro nei confronti degli altri e di se stesso. La roba è la sua vita, e la sua vita è la roba; infatti:
“ Tutta quella roba se l’ era fatta lui, con le sue mani e con la sua testa; col non dormire la notte e con l’affaticarsi dall’alba alla sera, pensando alla roba, che era tutto ciò che egli aveva; poiché non aveva figli, non aveva mogli, nipoti, parenti; non aveva altro che la sua roba. Quando uno è fatto così, vuol dire che fatto per la roba “.
Mazzarò è il tipico individuo che si è fatto da sè: è un umile diventato ricco all’improvviso. Solo che il senso della sua vita lo ha cercato nell’ accumulare beni terreni. Forse sta lì la radice di questo suo comportamento: l’avere acuto un’ infanzia povera, lo ha portato non appena si è presentata l’occasione, ad una relazione nei confronti del mondo, basata sulla roba e sull’ accumulare ad ogni costo.
La malattia della nostra epoca
La nostra società ci plasma fin dalla più tenera età ad avere il comportamento di Mazzarò della novella di Verga. Fin da piccoli, i bambini vengono spinti dalla pubblicità e molto spesso anche dalla famiglia, ad comprare beni per il gusto di comprare e di essere come gli altri . Passiamo metà della nostra vita a comprare oggetti al solo scopo di impressionare gli altri: ai quali non importa nulla di noi. Uomini e donne che sprecano il loro stipendio in vestiti, in scarpe e in borse che spesso non indosseranno mai. Per Freud, la tendenza alla accumulazione di denaro e di beni materiali, è da cercarsi nella fase anale dello sviluppo dell’individuo: nei primi anni di vita succede qualcosa a questi individui, che li porta ad ammalarsi di tale disturbo.
Soprattutto molte donne hanno questa tendenza: riempire gli armadi e gli scaffali del bagno di vestiti, di scarpe, di cosmetici, di creme acquistati al momento, spinte dalla moda e dalla pubblicità, e poi lasciati lì , dimenticati per lunghi periodi, fino a quando non si accorgono dopo tanto tempo e tanti acquisti, di avere un paio di scarpe nuove da qualche parte nell’armadio. E quante ragazze fanno carte false per avere la cosiddetta Roba firmata: chiedono un aumento dello stipendio, e quando le cose lussuose che desiderano costano troppo, c’è la via della prostituzione; quanti casi si ascoltano di ragazze senza valori che sprecano il loro corpo per comprare una cintura firmata della stilista del momento.
Oggi, l’essere umano è ciò che acquista e ciò che possiede. E più possiede, più egli è. È l’ automobile nuova e il telefono nuovo a creare il tuo status. Siamo nelle mani delle ditte della Telefonia mobile, ma non lo capiamo. Ogni mese, un cellulare viene soppiantato da un nuovo modello, perché le industrie non so devono fermare. Subito il modello di prima, è ormai considerato un modello vecchio, e quindi va cambiato. E così vale per le automobili, per i vestiti, le scarpe, per le moto, per gli elettrodomestici: per tutta La Roba in generale. Ma questa è una società che porta solo alla infelicità e al vuoto dell’anima.
Sulla strada giusta di Francesco Grandis
Lo ha capito un giovane autore, nato nel Veneto nel 1977, Francesco Grandis, un ingegnere stanco del suo lavoro che lo rendeva infelice, e che una volta licenziatosi cerca una nuova vita, una vita basata sulla libertà e felicità : quando si dimette Francesco grandis ha trentadue anni: è un programmatore informatico in una ditta di ingegneria, ma non è felice. Si dimette nel 2009, e da lì inizia un percorso che potremmo definire iniziatico che lo porterà in giro per il mondo, a contatto con la vera vita, fatta di persone autentiche, di paesaggi naturali e di emozioni vere. Da questa esperienza nasce prima un Blog, e successivamente un bellissimo libro: Sulla strada giusta ( Edizioni Rizzoli, 2015).
Ne riporto un piccolo passo: “ il benessere occidentale si basa esclusivamente sul profitto, o per essere più precisi sulla sua crescita…Per sopravvivere ogni azienda deve produrre sempre di più… ma quando tutto è rifilato, come può continuare a crescere? : creando nuovi bisogni. Deve inventare nuove necessità per ottenere soluzioni che prima erano superflue. Ci sono molti modi per farlo: le compagnie impiegano materiali di scarsa qualità sabotando l’efficacia dei prodotti, in questo modo ne riducono il ciclo di vita, allo stesso tempo si dissuade il consumatore dalle riparazioni, rendendole più difficili e costose, si chiama “ Obsolescenza programmata “, ed è un termine impiegato già dagli anni Trenta ….
Ci hanno insegnato che fare shopping è un’attività rilassante , e che sia normale che una ragazza abbia l’armadio pieno di vestiti, e dica senza vergogna che non ha cosa mettersi “.
Sulla strada giusta, Francesco Grandis (Edizioni Rizzoli). L’unico modo affinché una ditta vive in eterno, è il creare prodotti a breve scadenza, come le mozzarelle: utilizzo questa metafora latticina, per fare comprendere come lavora il mondo della pubblicità e del commercio. ogni oggetto messo nel mercato, all’inizio viene presentato come indistruttibile e sofisticato; ma dopo due anni al massimo, non serve più a nulla perché si autodistrugge, smette di funzionare. E il consumatore è costretto a comprare un nuovo oggetto, che farà la fine del precedente; e così via all’infinito. Siamo in una società che ci condanna all’ infelicità, che spinge ad essere invidiosi delle cose che hanno gli altri. È la società dei Mazzarò. Si riempiono gli scaffali della cucina di provviste per poi dite che non sappiamo cosa mangiare, e si riempiono gli armadi pieni di roba da mettersi, ma poi esistono persone che non hanno il coraggio di dire che non sanno cosa mettersi. Anche quest’anno arriverà il Natale: e anche quest’anno gli armadi delle belle ragazze saranno pieni di vestiti che non indosseranno mai!.
La Roba per la pubblicità
Un pubblicitario, francese, ma di origine tedesca, Frederic Beigbeder , nel 2000 pubblica un libro/ denuncia del mondo della pubblicità: 26. 900 lire, Edizioni Feltrinelli: il titolo originale francese è 99 Francs. Il testo si apre con le seguenti parole:
“ Sono un pubblicitario, ebbene si, inquino l’universo…. Sono io quello che fa sognare cose che non avrete mai…. Io vi drogo di novità, e c’è sempre una novità più nuova che fa invecchiare la precedente. Farvi sbavare è la mia missione. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perché la gente felice non consuma “( 26.900 lire, Frederic Beigbeder, Edizioni Feltrinelli).
È questo l’obiettivo di ogni ditta e azienda: creare roba, sempre più roba, per farla acquistare creando nuovi bisogni e infelicità; alle quali so aggiungono ansia , panico, tristezza e depressione.
Prototipi di Mazzarò
Il prototipo di Mazzarò, oltre che presente nella commedia L’ avaro ( 1668) di Moliere e in un personaggio del racconto di Puskin Le anime morte ( 1842), un certo Plyushkin, sono riuscito a trovarlo nella Mitologia norrena, precisamente nella drago del poema a gli del Settimo secolo Beowulf. Il drago di questo poema ha ispirato Il Drago Smaug di J. R.R. Tolkien ( 1892- 1973), descritto nel racconto Lo Hobbit (1937).
Guardiano di un immenso tesoro rubato ai Nani, ma del quale non se ne fa niente, è sempre all’ erta su qualcuno che può rubare qualcosa dalla sia immensa montagna di oggetti preziosi: se qualcuno osa avvicinarsi alla sua montagna do oggetti preziosi, è pronto a scatenare l’inferno. E quando uno schiavo ruba una piccolissima coppa d’oro dalla sua immensa montagna di oro, la sua ferocia non ha limiti, e con il suo alito di fuoco distrugge interi villaggi, solo per vendicarsi del furto subito.
“ Bene ladro, ti fiuto e ti riconosco dall’odore: sento il tuo respiro, vieni avanti! Serviti ancora, c’è ne in abbondanza!” (Lo Hobbit: capitolo 12, notizie dall’interno, Edizioni Bompiani ).
Ma anche una storiella ebraica che racconta la storiella di un avaro , ricorda molto Mazzarò:
C’era una volta un ricchissimo avaro; ogni giorno si metteva davanti allo specchio con un mucchio di monete d’oro e diceva:
“le monete che ho davanti li tengo per me; quelle che sono riflesse nello specchio le do ai poveri“.
Ovviamente è una satira amara sull’avidità umana, e la rappresentazione del denaro riflesso nello specchio è l’inesistenza della generosità in molti individui umani.
L’accumulo e le provviste nel mondo animale
Una veloce analisi nel mondo dell’accumulo nel mondo degli animali prima della conclusione. Nel mondo animale sono numerose le specie animali che immagazzinano le riserve di cibo in vista dell’inverno: uccelli come l’Averla ( Lanius, Linnaeus 1758), conosciuto anche con il nome di uccello macellaio, poiché infilza le sue prede nelle spine degli alberi, quando deve nutrire i pulli, conserva molte prede in fila nelle spine; oppure tra i mammiferi placentari si ricorda lo Scoiattolo ( Sciuris vulgaris, Linnaeus 1758) , che conserva noci , nocciole e bacche nei buchi della sua tana, e tra gli Insetti si ricordano le Formiche ( Formicidae, Latreille, 1809). Oppure tra i mammiferi e i rettili è diffuso il letargo : come gli orsi , i ghiri , i Tassi e le Vipere, che serve per il loro corpo e per immagazzinare più energia.
Queste strategie degli animali però non sono delle patologie , come avviene per la specie umana, perché sono utili al mantenimento della specie.
La roba e il senso della vita
Siamo tutti dei Mazzarò ossessionati dal guadagno con il fine ultimo di accumulare immense ricchezze, ci dimentichiamo che un giorno lasceremo tutto, ogni cosa per la quale abbiamo speso la nostra vita. Come si racconta nel Vangelo di Luca ( Lc, 12- 16- 21) , di un ricchissimo contadino le quali uniche preoccupazioni sono soltanto come ammassare grandi quantità di raccolto nei magazzini, non sapendo che la notte stessa sarebbe morto ( tra l’altro la parabola è presente anche nel Vangelo apocrifo di Tommaso).
Se tutti avessero la consapevolezza che un giorno lasceremo ogni cosa, nessuno farebbe più la lotta quotidiana per il possesso della roba. Ma purtroppo questa consapevolezza nessuno l’ha mai maturata, se si escludono ovviamente alcune figure come eremiti e cenobiti ritirati dalla civiltà.
Ma anche se un giorno a malincuore qualcuno lo capirà , proverà invidia per i futuri giovani , che anche se non hanno nulla, hanno però una lunga vita d’avanti: e a quel punto urlerà come Mazzarò:
“guardate chi ha i giorni lunghi, costui che non ha niente!”,
e come Mazzarò impazzirà per la rabbia di non poter portare nulla con se urlando a squarciagola:
“Roba mia , vienitene con me!”
Non si può vivere per lavorare: e non si può vivere per accumulare beni inutili che non utilizzeremo mai . Certo, il lavoro e il denaro sono due aspetti molto importanti nella vita di una persona ; ma nella vita non può esserci solo il guadagno e l’accumulo. Chi scrive, non è contro la ricchezza: anzi. Io penso che una ricchezza usata per il benessere della società, sia una benedizione. Ma quando la ricchezza è usata a fin di accumulo come Mazzarò e come il capitalismo, allora è un qualcosa di sbagliato. Se in Mastro Don Gesualdo, il protagonista, da vinto, diventa un riscattato sociale, quindi la sua vita per l’accumulo è servita ad emergere , che da semplice muratore lo porta a diventare una persona rispettata, con un matrimonio di tutto rispetto, non è così per Mazzarò: lui vive solo ed esclusivamente per i suoi beni.
La vita è un viaggio alla ricerca della nostra vera Essenza, quella vera essenza che ci deve guidare e dirigere verso la nostra meta. Verso la nostra casa.
BIBLIOGRAFIA:
Giovanni Verga: La Roba, Novelle Rusticane, Tutte le novelle, Edizioni Einaudi.
Giovanni Verga: Mastro don Gesualdo.
Beowulf: Edizioni Einaudi .
J. R. R. Tolkien: Lo Hobbit, Edizione Bompiani.
Frederic Beigbeder: 26.900 Lire, Edizione Feltrinelli.
Francesco Grandis: Sulla strada giusta, Edizioni Rizzoli.