5/5 – Alla base dell’Empatia
Di Maurizio Mazzotta
Interessante scoprire cosa c’è alla base dell’empatia, questo comportamento umano, per cui uno entra -si può dire- a casa dell’altro, ossia nella sua testa.
Per primo c’è il contatto, come quando bussi o suoni al campanello, e il primo contatto è oculare.
L’altro giorno cercando un tale per lavoro capito in un cortile del centro; mentre cercavo di orientarmi scorgo una bambina che piange a singhiozzi disperati. Appena le sono vicino mi guarda, io la guardo e le sorrido. Che ti è successo? La bambina mi mostra la sua bambola con la testa penzoloni. Oh! Mi dispiace, anche a me l’altro giorno mi si è rotta l’automobile. Fammi vedere, ne cerchiamo un’altra, ma non è la stessa cosa. Questa era la tua bambola.
Realizzato il contatto, nella mia testa si avvia una particolare operazione, quella di “separare” l’oggetto da ciò che avviene dentro il soggetto. In questo modo non si comparano gli oggetti ma le emozioni. Insomma ho scartato il confronto tra la mia automobile e la sua bambola, e ho comparato quanto mi sono disperato io (quando il meccanico ha annunziato la gravità del danno) con la disperazione della bambina. Convinciti lettore: stessa “quantità” di disperazione. Dico “convinciti” perché è difficile accettare che le due disperazioni siano uguali, dato che gli oggetti sono differenti.
Processo mentale straordinario che permette di richiamare la nostra esperienza di bambini per concludere che non dobbiamo appuntare l’attenzione sul giocattolo ma sulla disperazione. Quindi io mi sono immedesimato in lei. E per mostrarle la mia sofferenza ho dato in seguito importanza anche al giocattolo.
Un bel po’ di capacità dunque alla base dell’empatia.
Contatto: che significa apertura verso l’altro; sotto sotto nella testa può esserci un autentico bisogno pure inconsapevole di uguaglianza.
Capacità di separare l’oggetto dalla reazione emotiva (la bambola e la disperazione; il bisogno di nutrirsi e la disperazione; la perdita di qualcosa o qualcuno e la disperazione) e dunque capacità di confrontarsi non con gli oggetti ma con le emozioni.
Le indagini degli psicologi negli ultimi decenni hanno sottolineato che il soggetto empatico è soprattutto un individuo affettivo ed emotivo, uno che sperimenta le emozioni e quindi le conosce e le comprende. E per questo gli è facile avvertirle negli altri.
Quindi dobbiamo considerare che l’ambiente ha sviluppato nel individuo empatico un’altra capacità: comprendere le emozioni, che si aggiunge a quelle appena sopra elencate. Per questo gli è facile separare l’emozione dall’oggetto che la scatena.
Importante! Dobbiamo aggiungere che forse ci sono differenti livelli di comportamenti empatici. Esempio: c’è chi ha tanto pane e offre una pagnotta a chi la chiede (elemosina), e c’è chi ha un solo cappotto e se lo toglie per darlo a chi ha freddo più di lui (privazione).
Una persona riceve determinati input dal suo ambiente e arrivacon la maturità di pensieroa operare una scelta di valori, si crea cioè una propria visione del mondo e degli uomini: può sorgere una consapevole disponibilità verso tutti gli esseri viventi, anche se fanno acqua da tutte le parti, come accade agli esseri umani. Ma questo stupendo processo che permette a molti di accostarsi l’un l’altro non finisce qui. Da questo atteggiamento di apertura può precisarsi col tempo il valore dell’uguaglianza, al di là di ogni differenza di età, di colore, di genere, di orientamento sessuale, e l’individuo si apre e accoglie il mondo.
Ancora, l’empatia si può educare, difficile, ma si può e comunque è un altro argomento.