4/5 – Simpatia ed Empatia
di Maurizio Mazzotta
Un amico chiedeva: che differenza c’è, considerando le emozioni, tra empatia e simpatia?
E ho risposto che per l’etimologiala differenza è minima. Simpatia: sin greco, in italiano con, pathos in italiano emozione. Condividere con una persona le sue emozioni. Empatia: en in italiano dentro. Provare la particolare condizione emotiva che sta provando l’altro. Sembra la stessa cosa. I greci erano di poche parole, e pochissime paroline. Ma tutte, parole e paroline, per loro avevano un peso: una enorme differenza tra con e dentro.
L’uso trasforma i concetti e per quanto riguarda la simpatia l’emozione c’entra molto poco: per esempio Immaginiamo una persona che abbiamo appena incontrato, ci piace, ha qualcosa che ci è familiare, anche qualcosa che noi vorremmo avere, per esempio parla in modo spigliato, e diverte chi lo ascolta.
Concludiamo che ci è simpatica.
Nei dizionari si legge: avere simpatia significa avere attrazione e inclinazione istintiva verso persone o cose, essere orientato affettivamente; la simpatia implica un sentire positivo verso una determinata persona in quanto si avvertono affinità che possono essere di qualsiasi tipo. Provare simpatia per qualcuno accade a tutti; ma è un rapportarsi con l’altro un po’ superficiale perché è la persona globalmente presa che ci attrae. La simpatia parte da noi verso una persona ben precisa; si può provare simpatia per una persona anche se non la conosciamo, come può essere per esempio un personaggio della politica, dell’arte, dello sport che vediamo alla TV, la quale persona nemmeno ci conosce o se ci conosce resta indifferente.
Per quanto riguarda lo studio sulla simpatia gli psicologi non sono interessati tanto alle emozioni quanto piuttosto alle distorsioni nella valutazione che la persona che ci è simpatica produce in noi. Infatti accade che l’attrazione è tale che se la persona simpatica si è comportata in un modo che in genere non accettiamo, siamo portati a giustificarla, insomma siamo più indulgenti. Lo sanno bene in particolare gli insegnanti, quelli abituati ad autosservarsi naturalmente. Si riconoscono più accettanti verso gli allievi per i quali nutrono una buona dose di attrazione per i loro modi di fare e agire, per gli occhi birichini, la zazzera… E così gli insegnanti commettono piccole ingiustizie, purtroppo spontaneamente spesso senza avvedersene. Peggio accade quando la persona è antipatica: si tende a rifiutare tutto ciò che fa.
L’empatia invece riguarda proprio le emozioni, in particolare la capacità di fare propria l’emozione dell’altro e in questo modo mettersi in comunicazione intensa con lui. In questo caso l’Altro non è soltanto una persona particolare, l’Altro in realtà può essere tra tutti coloro con cui veniamo in contatto e che sono in condizioni di emotività, dolorosa o gioiosa. Nell’individuo che ha questa tendenza a mettersi in contatto con l’Altro, si sviluppa con l’andar del tempo la capacità di “mettersi nei panni dell’Altro”, di “ascoltarlo”; e così chi si trova vicino a una persona empatica, scopre di non essere solo … aver compagno al duol, scema la pena, recita l’antico adagio. Dunque l’Altro avverte i sentimenti della persona empatica, ne ha bisogno, e si predispone anch’egli ad aprirsi, nasce dunque un contesto comunicativo funzionale ad ambedue.
La differenza tra simpatia e empatia si rivela abissale. La simpatia non ha bisogno dell’Altro, laddove invece la empatia nasce da una interazione e le due persone che vengono in contatto si emozionano entrambe.
Le emozioni sono l’oggetto di studio per eccellenza degli psicologi di tutti gli orientamenti teorici, ma mentre la simpatia interessa meno quanto alla possibiità di emozionarsi per una persona che ci è simpatica, l’empatia è stata ed è studiata proprio per le emozioni suscitate dall’interazione tra due persone.
Per questo dedicherò l’ultimo incontro su questi argomenti all’empatia perché trovo interessante approfondire questo aspetto della personalità