“La crema e il cioccolato” di Ferdinando Scavran a tò Kalòn tra ossessione patologica e amore consapevole
di Anna Stomeo
Venerdì 8 Novembre 2024, a Martano (Lecce) alle ore 18.00, in via Marconi 28, presso il Centro Culturale tò Kalòn dell’Associazione Itaca Min Fars Hus, condotto da Anna Stomeo e da Paolo Protopapa, sarà presentato, in prima assoluta, per scelta e volontà dello stesso Autore, a tò Kalòn, il nuovo romanzo dello scrittore salentino, con ascendenze venete, Ferdinando Scavran, La crema e il cioccolato, Edizioni Molòn Labé, 2024.
Un titolo semplice e accattivante che gioca sulla suggestione semantica e sul coinvolgimento olfattivo del lettore per evocare una realtà complessa e una storia dolorosa.
Quasi un ossimoro, intorno al quale possono dipanarsi mille narrazioni possibili e tutte da escludere, tranne quella che l’Autore ci ha raccontato nelle pagine del libro e che ci racconterà l’otto di novembre in una serata che si preannuncia carica di suggestioni e di risvolti inattesi, tanto da costringerci a riflettere e a tornarci su per tutto il weekend successivo….
C’è da scommetterci, perché in ogni romanzo di Scavran c’è un’idea che nasce nella pagina per ritornare nella vita come refrain, come riscontro continuo, come specchio dell’anima.
Romanziere di lungo corso, Scavran ha al suo attivo più di sedici romanzi, tutti particolarmente apprezzati da un pubblico attento e partecipe, fidelizzato in anni di pubblicazioni, letture, incontri e riscontri, occasioni performative e storie di complicità intellettuale.
Un piccolo universo di narrazioni e ricezioni, di scrittura e di lettura, che si infittisce, anno dopo anno, e che trova, in quest’ultimo avvincente romanzo, un punto di massima espansione emotiva, con una storia implacabile e violenta, che oltrepassa i limiti della narrazione per farsi, subito, non soltanto occasione di riflessione, ma idea dominante, congettura ossessiva, pensiero inspiegabile e persistente e, infine, vero e proprio rovello.
Sociologo, impegnato a comprendere le relazioni umane e le loro ‘eccedenze’ nella dimensione più propriamente psichica, Scavran ci racconta storie a distanza ravvicinata, facendoci entrare fisicamente in gioco e in contatto con i suoi personaggi e i loro amori, le loro contrapposizioni, i loro pensieri, il loro parlarsi osceno e diretto, che scavalca, volutamente, le convenzioni comunicative e lessicali per lasciarci intravvedere l’amarezza di una mancata complicità al momento giusto, quando sarebbe stata indispensabile.
Una ‘mancanza’ che si fa trasgressione e a cui i personaggi reagiscono con un linguaggio crudo e volutamente imbarazzante, ma sempre funzionale all’attimo della narrazione e alla presenza critica del narratore, insinuata nei risvolti delle vicende e delle azioni dei personaggi, mai inutilmente scettica, ma sempre comprensiva ed includente.
Raffinato osservatore e scrittore attento alle dinamiche della mente umana, oltre che a quelle del corpo, nel vivere quotidiano e sociale, Scavran ci consegna, con i suoi romanzi (tutti riannodati intorno ad un tema dominante, che coinvolge la psicologia umana e le sue patologie), occasioni di vita e di conoscenza di eventi inattesi, scandagliati ai margini dell’ignoto, intriganti e terrificanti, ma anche liberatori e catartici.
In tutti suoi romanzi Scavran si è, infatti, misurato, di volta in volta, con sapienza e studium, con una delle infinite sofferenze della mente umana, che incrociano le esistenze individuali e collettive: dalla schizofrenia al bipolarismo, dall’euforia alla depressione, attraverso tutte le numerose gradazioni e sfumature in cui prendono forma le patologie specifiche, che la scienza ha indagato e indaga e che la letteratura trasforma in intrecci di emozioni e di storie spezzate e riflesse.
Anche in quest’ultimo romanzo Ferdinando Scavran non si smentisce e, intorno ad una patologia grave e rara, come il “delirio di negazione”, altrimenti detto “sindrome di Cotard”, costruisce personaggi, azioni e reazioni, drammi individuali e drammi collettivi o, ‘semplicemente’, pensieri di vita e di morte, che inducono a riflessioni ‘filosofiche’ anche il lettore più distratto.
A cominciare dalla consapevolezza che siamo esposti, con i nostri progetti di vita, a qualcosa che ci costringe e ci determina, come può essere la malattia mentale e che finisce con il coincidere con ‘il caso’, con l’arbitrario, con l’imprevisto, con il perturbante. Qualcosa di inatteso e imprevedibile, di inafferrabile e di ingestibile, come il delirio nichilista di Cotard (il sentire la morte nel proprio corpo in vita), che induce a ‘scelte estreme’ chi ne soffre e che la scrittura di Scavran riesce, a tradurre, analizzare e trasmettere, facendolo ‘rivivere’, nei personaggi del suo romanzo appassionato, come amore forte e consapevole, che travolge il lettore in una inattesa e salvifica speranza.
Come sempre, infatti, anche in questo suo La crema e il cioccolato, Scavran dimostra una forte empatia con il lettore, facilitata dallo stile narrativo, fatto di dialoghi intensi e incalzanti tra i personaggi, in un continuo faccia a faccia che coinvolge totalmente chi legge e, leggendo, sente di essere entrato/a in una sfera di relazioni che gli/le appartengono sino in fondo. Uno strano effetto di ‘simulazione letteraria della realtà, in cui il lettore/lettrice si trova totalmente coinvolto/a e che, forse, per via della narrazione dialogata, ricorda molto la simulazione del cinema o il ritmo discorsivo di certa letteratura anglosassone.
La sottolineatura di genere (lettore/lettrice), che qui invochiamo, intende accentuare la sensibilità e l’attenzione che l’Autore dimostra, nella sua scrittura e nei suoi personaggi, per la complessità dei rapporti tra uomini e donne, per l’amore costruttivo e visionario della passione e per quello distruttivo e disincantato della separazione e della sofferenza. Entrambi destinati a corrispondersi e a superarsi. come due poli di una contrapposizione dialettica, o come due percorsi divergenti e simmetrici che inseguono lo stesso traguardo
Impressioni che ritornano, insieme alle idee e alle trame che, da oltre due decenni, caratterizzano la scrittura impegnata e creativa di Ferdinando Scavran, ormai accreditato nel novero di quegli scrittori salentini che, a fronte di una presenza discreta e costante e di uno stile sempre ricercato e contenuto, mai paludato né eccessivo e autoreferenziale, riescono ad instaurare un patto solido, sincero e autentico con il lettore.
L’incontro con Ferdinado Scavran, venerdì 8 Novembre, aprirà, nella serata di tò Kalòn, squarci di suggestione mai provati né discussi, occasioni per riflettere sulle paure che ci attraversano e sul nostro corpo, che le accoglie e le assorbe, per rifiutarle o per soccomberne.
Un momento di riflessione da costruire insieme e da rielaborare in solitaria lucidità nei giorni del weekend, a dimostrare l’efficacia dell’impegno collettivo per la bellezza della conoscenza.
Assolutamente un imperdibile incontro di autentica e solidale comunità.